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Comunicare con i defunti, perché la Chiesa condanna lo spiritismo

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Bjoern Wylezich/Shutterstock

Toscana Oggi - pubblicato il 04/09/20

Si può comunicare con i defunti? Cosa pensa la Chiesa di presenze spiritiche e "fantasmi"?

Vorrei sapere cosa pensa la Chiesa dei fantasmi. In fondo la comunicazione con il mondo dei defunti, attraverso la preghiera, fa parte della tradizione cristiana: possiamo pensare quindi che (senza cadere nelle varie forme di superstizione o magia) i morti abbiano la possibilità di interagire con noi dandoci messaggi o facendoci sentire in qualche modo la loro presenza?
Lettera firmata

Risponde don Marco Pratesi, direttore della Scuola di teologia della diocesi di Prato
Distinguiamo tre livelli. Il primo: la fede della Chiesa afferma la comunione dei santi. «L’unione di coloro che sono in cammino [in vita] coi fratelli morti nella pace di Cristo non è minimamente spezzata, anzi, secondo la perenne fede della Chiesa, è consolidata dalla comunicazione dei beni spirituali» (Lumen Gentium 49). Vi è una «comunicazione» di beni spirituali: possiamo comunicare, «mandare» del bene al defunto, come il defunto a noi. Dal punto di vista nostro le strade per acquistare tale bene sono preghiera, carità e sacrificio. Dal punto di vista del defunto, dipende dalla sua condizione. Si tratta comunque di una comunicazione spirituale, ossia non sensibile; creduta, non sentita; oggetto di fede, non di percezione. In questo non c’è alcun pericolo, il fedele è anzi incoraggiato a coltivare questo tipo di rapporto, espressione della carità che tutti unisce nel corpo mistico di Cristo.

Secondo livello: per «comunicazione» si può intendere qualcosa che sta sul piano sensibile. Il nostro lettore si pone su questo piano quando chiede se i morti possano darci messaggi e farci sentire (appunto) la loro presenza. Qui occorre richiamare due princìpi: 1) i mondi dei vivi e dei morti sono distinti 2) i vivi non esercitano dominio sul mondo dei morti. La vita terrena ha una sua struttura e sue leggi che devono permanere intatte. L’uomo vi esercita legittimamente e doverosamente un «dominio» (sapiente) che è volere di Dio (cf. Gen 1,26; Sap 9,2); dominio che invece non può e non deve esercitarsi sull’aldilà. Da questo deriva che non si cerca né si mette in atto alcunché per stabilire qualche tipo di comunicazione sensibile, come invece avviene nelle varie forme di necromanzia, spiritismo e analoghi, nitidamente condannate dalla Chiesa.

La comunicazione sensibile deve essere frutto di una totale libertà sul versante ultramondano. Tradizionale e ammissibile è il ruolo del sogno, così come attesta la stessa S. Scrittura per messaggi divini (cf. Gen 20,3-6; 28,12; 31,11; Mt 1,20; 2,12 etc.). Da un lato infatti esso è del tutto sottratto a volontà, pianificazione e manipolazione umana; dall’altro il sonno rende la persona diversamente recettiva. In base ai princìpi suddetti sarebbe infine sospetta una continua interferenza dei defunti nell’ambito terreno, una sorta di convivenza, simbiosi col defunto. Fenomeni prolungati o addirittura abituali sono da valutare con grande attenzione e necessitano di un discernimento operato sotto la guida di persone spiritualmente affidabili. Il pericolo è lo snaturamento della struttura stessa dell’esistenza terrena, con risultati disastrosi per la salute spirituale e psicologica.

Il terzo livello è richiamato dal lettore quando parla di «fantasmi». La parola indica genericamente fenomeni di apparizioni e manifestazioni (donde il nome) spontanee di figure più o meno evanescenti che hanno a che fare con il mondo occulto. Qui si entra in un campo assai variopinto, ove saranno da impiegare i criteri di fede unitamente a un sano esercizio della ragione, sempre nella realistica accettazione dei limiti dell’umana conoscenza.

Qui l’articolo originale pubblicato su Toscana Oggi

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spiritismo
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