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Kate Middleton lancia Hold Still: volti di un popolo dentro l’emergenza

KATE MIDDLETON

Bart Lenoir | Shutterstock

Annalisa Teggi - pubblicato il 17/09/20

Un progetto di cui Kate Middleton è stata entusiasta promotrice: più di 30mila persone hanno aderito mandando un'immagine della propria quotidianità in tempo di pandemia. Per fare memoria di sguardi, sacrifici, gentilezza, piccoli momenti preziosi.

Lo scorso maggio, in pieno lockdown, la Duchessa Kate Middleton ha lanciato un progetto chiamato «Hold still» (letteralmente ‘fermo lì!’) in collaborazione con la National Portrait Gallery di Londra. L’idea era quella di raccogliere una foto collettiva del paese, per fare memoria di questo tempo vissuto nell’emergenza della pandemia.

Un momento vissuto intensamente

Più concretamente: l’invito aperto a tutti è stato quello di mandare un’istantanea della propria vita quotidiana, che raccontasse un momento vissuto intensamente. Kate è appassionata di fotografia, ma le competenze tecniche nell’arte del ritratto non erano tra i requisiti chiesti a chi liberamente ha partecipato. Il vero cuore di questo progetto è quello – come si suol dire – di catturare il momento, cioè di fare memoria: fissare con la fotografia un briciolo di realtà da custodire perché raccoglie un’esperienza di gioia o dolore preziosa.

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L’immagine ha una potenza sintetica, lo sappiamo. Gli inglesi hanno aderito con entusiasmo e sono arrivate 31.598 foto, per la precisione.

Qualche giorno fa, Kate Middleton ha reso note le 100 fotografie che faranno ufficialmente parte della mostra allestita alla National Portrait Gallery. Della commissione che ha valutato gli scatti fanno parte il direttore della Galleria, un poeta e scrittore (Lemn Sissay), una capoinfermiera (Ruth May) e una fotografa (Maryam Wahid). I tre temi proposti come orizzonte complessivo sono: aiutanti ed eroi – la nuova normalità – gesti di gentilezza.


ELENA MARIA CANAVESE

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La storia siamo noi

Cosa si vede in questi scatti? La vita esplode nelle sue sfumature uniche. Le ho sfogliate e sentivo, in sottofondo, l’eco di un’intuizione di Chesterton che riguardava gli stranieri, ed è di un’attualità disarmante: quando incontriamo gli uomini per strada, ci sembrano lontani mille miglia e li sentiamo estranei; ma quando da lontano – ad esempio leggendo il giornale – incrociamo le loro storie ci diventano fratelli. Stare in mezzo alla gente è difficile, straniero può diventare pure il nostro vicino di pianerottolo.

Se grazie a un qualsiasi mezzo, riusciamo a bucare lo scudo di scontrosità e individualismo che ci portiamo addosso, ecco che l’umanità mostra la sua voce fraterna. In molte di queste foto ho ritrovato la mia vita e guardarla attraverso la storia di qualcun altro aiuta più che giudicare i nostri fatti in solitudine.

Istantanee familiari che ci ricordano quanto ogni giorno sia una bella impresa da portare avanti alla meno peggio. Scorci di meraviglia nati in un appartamento di due stanze appena. Volti che incarnano parole che spesso usiamo solo per fare discorsi apprezzati e applauditi, il sacrificio ad esempio.

Il sacrosanto quotidiano

Siamo assediati di notizie e opinioni che riguardano questa pandemia, siamo ancora dentro una fitta coltre di incertezze eppure si alzano i cori superbi di chi ha già capito tutto e vuole gridarlo su ogni piattaforma, usando ogni altoparlante mediatico.

Di sicuro possiamo dire che tantissimi uomini e donne sono all’opera come possono dentro l’emergenza. La maggior parte di noi è indaffarata con le sacrosante necessità quotidiane e questa fatica è parte della nostra speranza. Non è detto che l’orizzonte complessivo degli eventi ci sia chiaro, ma ci è chiaro che ai figli vanno tagliati i capelli e che per addormentarsi hanno bisogno di una favola. Il bello delle immagini è che possono essere guardate in silenzio, e possono innescare quel momento fecondo che è la riflessione (e la preghiera). Ogni piccola storia ha qualcosa che ci assomiglia, e ci aiuta a mettere a fuoco i dettagli essenziali ma sfuggenti – «ciò che inferno non è» direbbe Calvino.

Ecco, ne raccontiamo alcune.

La pausa pranzo di Gimba

Questa foto è stata scattata da un addetto alle pulizie nel reparto Covid dell’ospedale di Whipps Cross. Gimba è una delle infermiere del reparto. Qui è immortalata durante la sua pausa pranzo – adora il riso! – dopo aver servito i pazienti del reparto. Dal sorriso non si direbbe, ma la situazione di Gimba è drammatica. Sua madre in Nigeria è stata ricoverata per Covid e lei non ha potuto raggiungerla a causa del lockdown.

L’ospedale le ha offerto qualche giorno di ferie, ma lei ha risposto: “Devo curare i miei pazienti”.

Il sorriso non si nasconde

Beth e Sade sono infermiere in una casa di cura per chi soffre di demenza. Il viso nascosto sotto la mascherina rischiava di complicare la comunicazione con questi pazienti che hanno un estremo bisogno di contatto e interazione.

L’idea è stata quella di portare addosso una propria foto, per mostrare che il loro sorriso non verrà mai a mancare anche in questo tempo difficile.

Felicità sul balcone

La felicità non ha bisogno di spazi sconfinati. Questa è la foto di una mamma single con 3 figli in un piccolo appartamento al secondo piano durante il lockdown. La convivenza non è facile, ma ci si può ritagliare piccoli momenti di vera gioia anche in un balcone stretto con i panni stesi.

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