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Il cardinale Ravasi: uscire dai propri confini, l’altro ci fa guardare verso Dio

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© Katarzyna ARTYMIAK/CPP/CIRIC

El cardenal Gianfranco Ravasi

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 21/09/20

Una riflessione interessante del presidente del Pontificio Consiglio della Cultura al "Cortile di Francesco 2020"

L’altro a cui tendere la mano. L’altro con cui dialogare e abbattere i muri che ci separano da lui. Nella nostra natura esiste questa tendenza, che si bilancia, però, con quella di rinchiudersi entro il proprio recinto. Chi la spunta tra le due?

Lo ha spiegato al Cortile di Francesco 2020 ad Assisi, con un interessante video messaggio, il Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Il tema è “Oltre i confini“.

I due significati

«In latino confine è finis in latino, ha due significati – ha evidenziato il cardinale – da un lato è confine, limite, frontiera, infatti viene sempre dal latino figere, cioè conficcare un paletto nel terreno o una pietra che delinea il territorio, ma significa anche finis, il fine da raggiungere. (…) Queste due dimensioni sono all’interno della parola confine, un limite e un oltre».

“Limen” chiude, “limes” apre

Ma ci sono anche due parole, sempre latine, nota Ravasi, che richiamano il concetto di confine e «sono sorelle fra di loro, limen e limes. Limen è alla base della parola limite, è una linea tracciata, il confine cui facevamo riferimento: noi ne abbiamo tanti, ne costruiamo tanti di limen che ci rinchiudono, ma c’è la parola limes che in qualche modo dà origine al nostro liminare, essere aperti verso, star su, in cima a quella frontiera e guardare oltre, guardare verso l’infinito, verso un grande spazio, verso le altre persone che sono aldilà di questo confine, di questo limen, di questo limes, confine e soglia».

Come se fossimo su una spiaggia

«Io direi – ha concluso Ravasi – che noi siamo così su una spiaggia, su un litorale e noi siamo tentati di guardare soltanto da una parte, quindi vediamo solo il limite, quello che c’è all’interno della nostra sola esperienza e dei nostri sensi, della nostra ragione».

In realtà, conclude il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, «su questa pelle, su questa isola che siamo noi battono le frontiere di qualcosa d’altro, siamo invitati verso qualcosa d’altro. L’altro è il diverso da noi, la persona che sta fuori di noi, fuori la nostra isola ma ci può essere un Altro scritto anche con la maiuscola. E anche un Oltre scritto con la maiuscola, e noi sappiamo bene che questo Oltre per i credenti è Dio, l’infinito, l’eterno; per i non credenti è il mistero che ci circonda come creature umane, sono quella domande che non hanno risposta, sono quelle attese quei sogni che sono infiniti e che dicono che noi non siamo soltanto un’isola, non siamo soltanto un confine» (sanfrancescopatronoditalia.it, 20 settembre).




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