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Lezioni sulla gioia da un santo disabile

HERMANN,REICHENAU

Th. Fink Veringen | CC BY-SA 4.0

Philip Kosloski - pubblicato il 25/09/20

Il beato Ermanno era affetto da palatoschisi, paralisi cerebrale e spina bifida, ma era il monaco più allegro del monastero

Nella società moderna, la salute fisica è un obiettivo così valorizzato che quando ci ammaliamo o diventiamo gravemente disabili possiamo avere la tentazione di rinunciare alla vita. Possiamo essere tentati di cadere nella disperazione e lamentare la perdita delle nostre capacità fisiche.

Per un motivo simile, molti bambini a cui vengono diagnosticate delle disabilità vengono purtroppo scartati, e considerati da tanti come degli errori.

Un santo, però, ci mostra come la nostra salute fisica non dovrebbe dettare lo stato della salute spirituale, e che si può essere gioiosi anche nella sofferenza.

Il beato Ermanno “il contratto” visse nell’XI secolo ed era destinato al fallimento. In una pubblicazione dell’inizio del XX secolo intitolata The Month, viene raccontata la sua vita:

“Il loro figlio Ermanno era orribilmente storpio e veramente deformato ‘nell’uomo esterno’, dice il suo amico e biografo, Bertoldo… Gli arti del bambino erano così contorti che non riusciva a spostarsi da solo da un posto all’altro; riusciva a malapena a sedersi, anche sulla sedia che avevano predisposto per lui; perfino le sue dita erano troppo deboli e contratte per scrivere; la bocca sembra che fosse deformata, e le labbra e la lingua articolavano parole difficili da comprendere. Nel mondo pagano, il bambino sarebbe stato lasciato sulle montagne e sarebbe morto”.

I suoi genitori, però, non si diedero per vinti, e affidarono Ermanno a un monastero vicino. È degno di nota il fatto che i monaci lo abbiano accettato e siano stati estremamente pazienti con lui, istruendolo nella religione, nella scienza e nella matematica.

Contro qualsiasi pronostico, Ermanno divenne uno studioso, ed era anche il monaco più felice del monastero!

“Quest’uomo, non in grado di camminare, di sedersi, di stendersi per bene, che mai una volta nella vita è stato comodo, ansioso di scrivere ma con le dita che lo servivano a malapena, pieno di idee che doveva esprimere con ‘suoni a malapena intelligibili’, riuscì a radunare su di sé tutti gli aggettivi a cui si possa pensare. È difficile essere certi di buona parte del latino del suo biografo, ma su una cosa non c’è possibilità di errore. Era lucundus; gradevole, socievole. Amabilis, benevolus: gentile, si poteva parlare facilmente con lui; hilarissimus, rideva sempre… Tota alacritate festivus: faceva di tutto per essere allegro (…) Si mostrava premuroso e si adattava a ciascuno, al punto che ‘rendendosi tutto per tutti’ chiunque gli voleva bene”.

L’esempio di Ermanno ci mostra chiaramente che la gioia non si dovrebbe mai basare sul benessere fisico. Potremmo (e dovremmo) essere allegri sia nei momenti felici che in quelli tristi, nella salute nella malattia.

La gioia di Ermanno si basava solo su Gesù Cristo, ed era entusiasta di essere vivo. Per lui la vita era un dono, e ha trascorso i suoi anni sulla Terra esprimendo quella gioia, evidente anche in alcuni degli inni più popolari della Chiesa cattolica. Si dice che il beato Ermanno abbia composto il Salve Regina, il Veni Sancte Spiritus e l’Alma Redemptoris Mater.

La vita del beato Ermanno è davvero notevole, e la sua storia merita di essere ascoltata nel mondo moderno, in cui abbiamo tanto bisogno della gioia vera e duratura.

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