Le ultime parole di Gesù Cristo sulla croce commentate da un direttore d’orchestra e un filosofo discutono, a partire dalle opere dell’artista Masaccio e del compositore Franz Joseph Haydn. Nasce così il libro “Le sette parole di Cristo” (il Mulino) , uscito lo scorso 3 ottobre.
La Crocifissione di Masaccio, l 1426 (Museo nazionale di Capodimonte, Napoli). Le sonate di Hayden Agli autori tornano in mente Le sette ultime parole del nostro Redentore in croce , le sette sonate composte da Haydn probabilmente nel 1786 per la cerimonia del Venerdì Santo celebrata nella cattedrale di Cadice in Spagna, che Muti diresse — e Cacciari ascoltò — al Festival di Ravenna.
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Sono quindi Masaccio e Haydn a ispirare il dialogo, che finisce per dare suono, voce, musica al dipinto e per dare forma, prospettiva e colore alla partitura.
Il filosofo, scrive Aldo Cazzullo sul Corriere, ancora ricorda le parole con cui il direttore d’orchestra invitò il pubblico ravennate all’ascolto: «Vi ritroverete ciascuno con la propria vita, i propri dolori, le proprie paure, le proprie speranze, tutti uniti in Cristo; l’umanità di Cristo è l’umanità di voi che ascoltate ».
Leggi anche: La crocifissione: in quale modo Gesù è stato appeso alla croce? Il commento alle ultime parole di Gesù «Pater, dimitte illis quia nesciunt quid faciunt ». Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno .
La parola-chiave, fa notare Muti, è la prima, «pater», evocata dai violini, con un tono contemplativo e malinconico in cui Cacciari coglie, oltre alla richiesta di perdono, il disincanto sulla natura di «quelli», di noi esseri umani.
«Hodie mecum eris in paradiso ». In verità ti dico: oggi sarai con me in paradiso .
L’oggi, fa notare Cacciari, è l’oggi perfetto: un «Hodie» eterno, che indica quello che sta per accadere nel giro di poche ore e nello stesso tempo dà la misura dell’eternità. «E infatti — risponde Muti — le note sono: “do-mi-re-si-do”, Haydn parte dal do e torna al do, e poi “sol-do-si-la-sol”, si parte dal sol e torna al sol — quindi si formano come due cerchi», appunto il simbolo dell’infinito: «Idea consapevole oppure mistero del genio?».
«Mulier, ecce filius tuus»; Donna, ecco tuo figlio.
Qui la parola-chiave è «ecce». La sonata ha inizio con due corni. Una scelta ardita, che gli autori leggono alla luce del grido muto del Cristo di Masaccio e del pianto non solo della Madonna e di San Giovanni ma anche e soprattutto della Maddalena.
Particolarmente toccante, fa notare il Corriere , è «Deus meus, Deus meus, ut quid derelequisti me?»; Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Per restituire la frase più drammatica, la musica deve esprimere un senso di trascinamento; il suono a un tratto si ferma, «come fossero singhiozzi», chiosa il maestro.
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