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Scintille – Benedette le nostre anime difettose

SMILE, SCINTILLE, COVER

Nina Buday | Shutterstock

Annalisa Teggi - pubblicato il 12/10/20

Lì dove zoppichiamo Dio ha posto le fondamenta del nostro viaggio verso di Lui.

È giusto cambiare un aspirapolvere difettoso, c’è da stare a bocca aperta di fronte alla purezza di un diamante senza imperfezioni. L’uomo non è un aspirapolvere né un diamante; non puoi restituire al Creatore il tuo caratteraccio e anche gli occhi del più perduto innamorato vedono qualche imperfezione nell’amata che hanno di fronte.

Parlare del valore buono dei difetti umani non significa dire: «Sono fatto così, mi devi accettare». Ringrazio di cuore un’amica che ha portato alla mia attenzione questa intuizione della scrittrice Clarice Lispector:

Perfino tagliare i propri difetti può essere pericoloso, non si arriva mai a capire quale sia il difetto che sorregge il nostro intero edificio.

È troppo azzardato dire che noi stiamo in piedi perché siamo difettosi? No, perché difettare significa che manca qualcosa ed essere manchevoli di qualcosa significa sentirne una grande  nostalgia. Questa è la nostra miglior pietra angolare.

Il difetto va guardato come se fosse la trama di un tappeto a rovescio: se lo capovolgo si vede il disegno vero. Ad esempio: io sono orgogliosa ed è proprio questa lontananza dall’umiltà a farmi sentire quale enorme virtù sia. Ho degli amici che sono logorroici e li amo perché sento in quel fiume di parole una grande nostalgia di quel silenzio che mette a tacere ogni nervoso. Non si tratta allora di esibire ed idolatrare i difetti, ma di custodirli con le lacrime agli occhi. Non siamo oggetti da portare in discarica come un aspirapolvere difettoso, né dobbiamo esibire le nostre pecche e imperfezioni come se fossero diamanti.

C’è una via benedetta che è alternativa sia al rifiuto sia all’esaltazione di quei difetti che abbiamo addosso, e possiamo dirla così: lì dove zoppichiamo Dio ha posto le fondamenta del nostro viaggio verso di Lui.

L’edificio della nostra anima ha i suoi puntelli proprio lì dove è manifesta la nostra mancanza, perché da quelle fessure scabrose passa la nostra voce più sincera, ed è una voce che chiede. Quando sono nervosa, di cosa sento la mancanza? Quando sono permalosa, di cosa sento la mancanza? Lì dove io difetto il contatto con la mano di Dio è senza veli. E il nostro io non è mai così eretto verso il Cielo come quando si accorge che è tanto manchevole.

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