Da Silvio Pellico al cane Grigio: le volte in cui don Giovanni Bosco è stato salvato dal suo spirito celeste. Ecco i suoi racconti
Don Giovanni Bosco, il fondatore della congregazione dei Salesiani, era molto devoto agli angeli, tanto da aver voluto celebrare la sua prima Messa, il 6 giugno 1841, proprio all’altare dedicato all’angelo custode nella chiesa di San Francesco d’Assisi a Torino.
“Se vi trovate in qualche pericolo di anima o di corpo, invocate il vostro angelo custode, e state certi che ne avrete aiuto”, raccomandava sempre ai ragazzi dell’oratorio. Uno di loro, che faceva il muratore, stava lavorando all’altezza di un quarto piano quando improvvisamente sentì cedere l’impalcatura sulla quale si trovava con due compagni. Mentre precipitava si ricordò delle parole di don Bosco e chiamò con fede l’angelo custode. L’invocazione fu efficace: gli altri due morirono all’istante, mentre lui si rialzò dalle macerie perfettamente illeso.
Don Bosco e Silvio Pellico
Questo straordinario episodio diede lo spunto a don Bosco per comporre un libretto intitolato Il devoto dell’angelo custode, stampato nel 1845. In quel tempo, udendo un gruppo di operai che cantavano i loro stornelli ben ritmati, li imparò subito e ne trascrisse le note.
Quindi chiese a Silvio Pellico, il patriota divenuto famoso per il libro “Le mie prigioni”, di comporre alcuni versi per una piacevole canzoncina all’angelo custode. Pellico accettò e ne venne fuori una popolarissima canzone che piaceva tanto ai giovani del oratorio torinese.