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Donne salvate dai Centri di Aiuto alla Vita che oggi fanno le volontarie

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Ralf Geithe | Shutterstock

Silvia Lucchetti - pubblicato il 26/11/20

Molte delle donne che sono state aiutate a diventare madri grazie al servizio dei Cav sentono il bisogno di donare a quelle che vivono le stesse difficoltà quella amorevole vicinanza che non le fa sentire sole e abbandonate

Nell’edizione del 14 novembre del quotidiano Avvenire troviamo un illuminante articolo sui Cav (Centro di Aiuto alla Vita), che ci fa conoscere il percorso che molte delle volontarie che vi prestano la loro opera hanno fatto prima di iniziare il loro impegno per aiutare altre donne in difficoltà.

Cav di Grosseto: l’esperienza di Lina

Lina Pettinari, cofondatrice nel 2005 del Cav di Grosseto, ha incontrato tantissime donne in attesa smarrite di fronte alla vita che iniziavano a portare in grembo con la soddisfazione di vedere nati circa 500 bambini.

Questo è il racconto della sua esperienza:

Si rivolgono qui donne che sono in una situazione di disagio o hanno problemi legati alla salute del bambino. Molte, poi, hanno bisogno di sostegno psicologico, sono confuse, piangono. Noi le aiutiamo in maniera individualizzata, le prendiamo in carico. Stiamo loro vicine fino al parto, e anche dopo. (Ibidem)

Francesca: volontaria per gratitudine

Chi si è avvalsa di questo punto di riferimento prezioso che l’ha aiutata a diventare madre, sente il bisogno di supportare altre donne in difficoltà e alla ricerca di quell’accoglienza gratuita e rispettosa di cui hanno estrema necessità.

Come Francesca Zanellato, che oggi si prodiga per quante si rivolgono al Cav di Campodarsego (PD), che confida la sua storia personale:

Sono stata una mamma aiutata, avevo 19 anni, c’era la paura della giovane età, di non riuscire a realizzare i miei sogni. Sono arrivata al Cav, e poi sono rimasta. Lì c’era qualcuno che mi capiva. In quel periodo studiavo, anche il mio ragazzo. Mi sentivo sempre più sola. Sono stata seguita da una volontaria, la sua presenza mi ha fatto vedere le cose da un punto di vista diverso. Grazie a lei sono cresciuta e maturata. E poi vedevo che lei e l’altra volontaria che mi seguiva avevano avuto un bambino da giovani e si erano realizzate, per me erano da esempio. Pensavo di potercela fare anch’io. Così, dopo il parto, ho deciso di aiutare altre mamme. E anch’io sono diventata volontaria del Cav. Per noi mamme e bambini non sono un numero. Siamo sempre vicine, anche dopo il parto, e le aiutiamo in tutto. (Avvenire)


DONNE, SOSTEGNO, INSIEME

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Non c’è solo il fattore economico, la vera ferita è la solitudine

Francesca descrive così quante bussano alla porta del Cav:

Vogliono essere ascoltate e non sentirsi più sole. In tante non si sentono capite, vedono tutto nero, non riescono a gioire della gravidanza. Ma con noi la situazione cambia. (Ibidem)

E sfata un mito ampiamente diffuso che riduce tutto il problema di queste donne al fattore economico:

Quello è più facilmente risolvibile, il fatto è che tante sono abbandonate, non hanno la famiglia che le supporta. La solitudine è la ferita più grande. (Avvenire)

Francesca è l’esempio di quanto sia prezioso e potente l’avere accanto chi ha vissuto grandi difficoltà simili alle proprie, e come questa generosità nel prodigarsi per la tutela della vita dei nascituri e del benessere chi li porta in grembo discenda naturalmente dal desiderio di restituire il bene che si è ricevuto: l’amore quindi si conferma più contagioso del Covid.




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