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“Voglio esprimere i doni che ho!”. Allora guardati attorno, non sognare

WOMAN, VIRTUAL, REALITY

franz12 | Shutterstock

Fraternità San Carlo Borromeo - pubblicato il 31/12/20

Qualcosa di nuovo ed esaltante nasce proprio quando smettiamo di fare progetti solitari nella nostra testa e ci catapultiamo nella realtà, segno vivo del Mistero di Dio

di Antonio Anastasio

Spesso, nei colloqui con i giovani che incontro, emerge il tema del “lavoro della vita”, come direbbero loro, “quello che mi esprime davvero”, che “esprime cioè i doni che ho”. Poi, tra le righe, magari non esplicitata, entra in gioco una parola che condensa tutta questa immagine di realizzazione di sé: “creatività”.


JOVANOTTI, LORENZO, CHERUBINI

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Realtà vs sogno

Un giovane architetto, ad esempio, mi raccontava di come si senta frustrato nel lavoro perché costretto da regole, da schemi che lo studio in cui lavora gli impone. E di come l’unico momento in cui il lavoro lo ha veramente soddisfatto sia stato quando dei parenti gli hanno chiesto, come lavoro a parte, di disegnare la loro nuova casa. Non si tratta dell’unico esempio. Il tema ritorna in numerose altre professioni, tra i giovani lavoratori e anche tra gli universitari che seguo e che, essendo quasi alla laurea, cercano il primo lavoro, spesso filtrando le proposte proprio con questo criterio: il lavoro più adatto a me, quello che mi lascia uno spazio mio, uno spazio creativo.

Io ripeto loro che la prima utilità sta nel portare a casa lo stipendio, altrimenti come ti mantieni? Inoltre, se vuoi cambiare, meglio non lasciare un lavoro se già non ne hai trovato un altro; e poi, ne hai parlato con la tua fidanzata? Che ne è del vostro progetto comune? Eppure, questo pungolo della creatività non si sopisce.

WRITING
Shutterstock | fizkes

Ma come può accordarsi con l’obbedienza alle contingenze? Come può non essere solo un sogno che, alla fine, non mi fa vivere né godere del presente, in nome di un futuro migliore? Perché non imparare dalla situazione in cui ci si trova, anche se non è quella immaginata per la realizzazione di sé?

Occasioni impreviste

La situazione è sempre diversa: i colleghi, il capo, il lavoro stesso sono diversi da quanto immaginato. Ma anche noi siamo diversi da come vorremmo essere. Tutta la realtà, in fondo, è diversa, anzi, è segnata da una diversità che è quella voluta da Chi ci ha dato e ci dà l’essere ed ha pensato a un piano, a un cammino per farci felici.

Mano a mano che si svela, questo piano non può che distruggere le immagini che in precedenza noi avevamo di esso. D’altra parte, non ci sarebbe davvero nulla di nuovo, se tutto si realizzasse così come lo abbiamo programmato. E spesso, noi stessi non siamo certi delle nostre programmazioni. Un ragazzo che scrive canzoni ed è molto bravo a girare videoclip, nel frattempo ha cominciato per necessità ad insegnare e ha scoperto di essere molto capace ed apprezzato dai suoi alunni, proprio in quella strana materia: videomaker.

NINIWA TEAM
fot. niniwa.org

Forse non sarà il suo lavoro definitivo; ma questo primo, inaspettato risultato è un segno di come le cose procedono in una vera creatività. Non si può creare veramente senza incontrare la diversità. La creatività non è un atto onanistico per lanciare il proprio essere fuori di sé. Perché non c’è in realtà nulla di nuovo nell’affermazione di un io narcisisticamente lanciato, c’è solo la contemplazione del riflesso di qualcosa che pensiamo già di conoscere. Quando invece la creatività attraversa un’obbedienza alla realtà e al Mistero, diventa realmente produttiva, nasce davvero qualcosa di nuovo.


Alessandro D'Avenia

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Coreografie, non pensieri solitari

Quando si lavora ad un’opera da costruire insieme, ad esempio, è più facile stupirsi per ciò che ne nasce. Pensiamo alla coreografia di un ballo, a un mosaico realizzato da diversi artisti. Ciò che si crea insieme e riesce bene, sorprende molto più di ciò che si crea da soli. La ricchezza delle idee altrui, le soluzioni che nascono dagli ostacoli che si presentano, l’affetto che nasce collaborando insieme a qualcosa di più grande, sono tutti elementi che rendono l’atto creativo più compiuto e soddisfacente.

Allora non sarà forse che la parola “creatività”, per essere compresa bene, deve essere sempre affiancata alla parola “comunione”?

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DA FRATERNITÀ SAN CARLO

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