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Vescovo Barron: perché abbiamo bisogno di una distribuzione del potere

JUSTICE

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mons. Robert Barron - pubblicato il 08/01/21

In economia, in politica e perfino nella cultura, la dottrina sociale cattolica non invoca un eccesso né del controllo statale né della libertà individuale

Un aspetto dell’insegnamento sociale cattolico decisivo ma spesso sottovalutato o frainteso è una chiara animosità nei confronti della concentrazione del potere all’interno di una società. Questa concentrazione può verificarsi a livello economico, politico o culturale. Attraverso un istinto di base e sano, l’insegnamento sociale cattolico vuole che il potere sia, per quanto possibile, distribuito ampiamente nella comunità, di modo che un piccolo segmento non tiranneggi la maggioranza o impedisca a un ampio numero di persone di godere i benefici che gli appartengono di diritto.

Possiamo constatare questo fenomeno in modo forse più chiaro nell’ordine economico. Se un’organizzazione riesce a monopolizzare il suo segmento economico, può stabilire i prezzi in modo arbitrario, assumere e licenziare a proprio capriccio, precludere qualsiasi competizione possa offrire prodotti migliori e/o stipendi più alti per i dipendenti, ecc.. Si pensa in questo senso all’opera di “trust-busting” di Theodore Roosevelt all’inizio del XX secolo e alla preoccupazione simile odierna per il boom di Google, Facebook, Amazon e altre concentrazioni high-tech che esercitano un dominio quasi indiscusso nel proprio settore.




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Una pietra miliare dell’insegnamento sociale cattolico è quella che viene tradizionalmente definita “giustizia distributiva” – ovvero l’equa allocazione dei beni all’interno di una società. Questa può aver luogo attraverso un intervento governativo diretto, ad esempio con una legislazione anti-trust, minimo salariale, programmi per assistere i poveri, tassazione, ecc., ma può anche verificarsi, più indirettamente, mediante i ritmi naturali del mercato. Nella Centesimus Annus, Papa Giovanni Paolo II osserva che il profit-making può e dovrebbe indicare ai potenziali imprenditori che c’è possibilità di guadagno in quel segmento dell’economia, e che quindi dovrebbero coinvolgersi in esso. L’idea di fondo è questa: diffondere la nostra ricchezza all’interno di una società tende a rendere un’economia sia più giusta che più efficiente.

La concentrazione di ricchezza e potere è un pericolo

Possiamo constatare questa dinamica anche nel campo politico. Se un partito arriva a dominare una Nazione, uno Stato, una città o una comunità, la conseguenza è quasi inevitabilmente la corruzione. Priva di sfide, la concentrazione che governa può imporre la propria volontà, costringere ad accettare la sua visione ed eliminare potenziali oppositori e critici. È piuttosto ovvio che questo tipo di situazione porti a “repubbliche delle banane”, dittature comuniste e teocrazie oppressive, ma è anche evidente, seppur a un grado inferiore, nei Governi locali e statali nel nostro Paese. Se avete dei dubbi, chiedetevi perché i candidati pro-life nell’Illinois, nel Massachusetts o in California non potrebbero mai sperare di essere eletti. Quando un monopolio politico si unisce al potere economico, la corruzione non fa che aumentare e rafforzarsi. Ancora una volta, secondo l’insegnamento sociale cattolico, l’obiettivo è la diffusione del potere nella società, cosa che potrebbe accadere in varie circostanze: predisporre una serie di partiti, offrire un maggiore turnover nelle legislature, elevare varie espressioni di Governo locale, permettere istituzioni di mediazione, rafforzare il sistema di pesi e contrappesi…

Anche se forse meno ovvio dei primi due, un terzo esempio di questa pericolosa iperconcentrazione del potere si rinviene in campo culturale. Sotto sia la dittatura nazista che quella sovietica del secolo scorso, erano accettabili solo tipi di arte, musica e letteratura molto definiti, e qualsiasi deviazione dalla norma era rapidamente soffocata dallo Stato. Oggi, la rigida censura delle arti regna indisturbata in molti Stati islamisti, come anche nella Cina comunista. Per non credere che noi in Occidente siamo esenti da questo tipo di monopolio culturale, date un’occhiata al tipo di ideologia di sinistra che esiste praticamente in ogni film o programma televisivo prodotto a Hollywood. Non si tratta sicuramente di una brutale censura statale, ma è una sorta di monopolizzazione del potere culturale che di fatto esclude le espressioni antagoniste del bello, del buono e del vero. Ancora una volta, risulta molto utile notare i modi in cui questa dittatura culturale si allea con il potere sia politico che economico per diffondersi il più possibile, permettendo un’ampia gamma di espressioni artistiche a vari livelli nella società. Quanto è noioso quando viene accettato un unico stile artistico o un’unica forma di pensiero!


CHESTERTON

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La soluzione del distributismo

Una persona particolarmente sensibile al pericolo dell’iperconcentrazione del potere nella società è stato il grande scrittore cattolico G.K. Chesterton. Insieme a Hilaire Belloc e ad altri, ha sviluppato un programma economico e politico diventato noto come “distributismo”, che traeva il nome dalla preoccupazione cattolica per la giusta distribuzione della ricchezza. Come ha sottolineato di recente il grande commentatore di Chesterton Dale Ahlquist, un nome alternativo per il distributismo potrebbe essere “localismo”, visto che la dottrina chestertoniana sottolinea l’importanza delle tante espressioni di potere politico ed economico in qualsiasi grande progetto di centralizzazione. Se volete vedere una presentazione vividamente narrativa del distributismo, leggete Il Signore degli Anelli di Tolkien, facendo particolare attenzione allo stile di vita Contea degli Hobbit in contrasto con la situazione politica ed economica di Mordor.

Quello che spero sia almeno relativamente chiaro è il fatto che questo approccio unico cattolico si distanzia sia dall’estrema sinistra che dall’estrema destra. La dottrina sociale cattolica non invoca un eccesso né del controllo statista né della libertà individuale. Sostiene un’ampia e giusta distribuzione del potere economico e politico come ideale approcciato almeno in modo asintotico.

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