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“Gino Bartali non ha salvato gli ebrei”. Bufera sulla tesi di Pivato

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LEEMAGE VIA AFP

Gino Bartali a Florence en 1998

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 12/01/21

Un autorevole storico getta ombre sul campione di ciclismo, di cui è in corso la causa di beatificazione proprio per il suo eroismo durante la Seconda Guerra Mondiale. Ma le testimonianze lo smentiscono

Gino Bartali non è l’eroe che si dipinge e non ha salvato numerosi ebrei dall’Olocausto. O almeno non ci sono prove che lo dimostrano.

Nel libro, edito da Castelvecchi, in uscita il 21 gennaio e recensito in anteprima sul Corriere della Sera da Gian Antonio Stella, l’autore Stefano Pivato, ordinario di Storia contemporanea all’Università di Urbino, sostiene che non c’è nessuna prova che il grande ciclista Bartali aiutò gli ebrei perseguitati durante la Shoah, negli anni tra il 1943 e il 1944.

Nel memoriale dello Yad Vashem

Un’azione che è valso al grande campione il riconoscimento, nel settembre 2013, di “Giusto tra le Nazioni” da parte dello Yad Vashem di Gerusalemme, il memoriale israeliano delle vittime dell’Olocausto fondato nel 1953 e che riconosce i non ebrei che hanno rischiato la vita per salvare anche la solo la vita di un ebreo durante le persecuzioni naziste (Famiglia Cristiana, 11 gennaio).

Yad Vashem
© Berthold Werner
Lo Yad Vashem a Gerusalemme.

“Hanno mentito tutti?”

«Prima di riconoscere una persona “Giusto tra le Nazioni” lo Yad Vashem istruisce un dossier rigorosissimo», dice la nipote Gioia in replica a quanto sostenuto daPivato, «ci sono tantissime testimonianze e documenti. Hanno mentito tutti? E per quale motivo? Mio nonno parlò pochissimo di quello che aveva fatto per gli ebrei anche in famiglia perché aveva l’ossessione della discrezione».




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Le rivelazioni di Bartali sugli ebrei

Gioia svela che Bartali confidò dei suoi aiuti agli ebrei «a a mio padre ma con la richiesta precisa di mantenerne il segreto. Papà gli chiese il motivo e lui rispose: “Quando sarà il momento giusto, te ne accorgerai”».

Lo disse «anche ad altri amici che dopo la sua morte (il 5 maggio 2000, ndr) me lo riferirono. A tutti aveva chiesto di mantenere il segreto».

Bartali
© DR

La testimonianza di Brunozzi

Un’altra testimonianza di Amedeo Brunozzi di Assisi dice che nel maggio 1982, in occasione di un Giro d’Italia, «si avvicinò a mio nonno e gli chiese se era vero quello che lui aveva fatto per gli ebrei e che era stato descritto nel libro Assisi clandestina del professore Alexander Ramati».

Bartali rispose che era vero, «che nascondeva nelle canne della bicicletta i messaggi dell’arcivescovo di Firenze per mons. Nicolini, vescovo di Assisi, e li lasciava dalle Suore di San Giuseppe. Poi Brunozzi aggiunge: “Bartali mi ha anche fatto capire che non ama farsi pubblicità per questo”».




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Della Pergola: 30 casi di salvataggi accertati

«Mettere in dubbio che Gino Bartali abbia rischiato la vita per salvare degli ebrei è come negare che la terra sia rotonda», afferma Sergio Della Pergola, che ha fatto parte della commissione dello Yad Vashem. Secondo Della Pergola studioso dell’antisemitismo, il campione soccorse una trentina di persone.

A partire, com’è noto, da Shlomo «Giorgio» Goldenberg, nascosto coi genitori (aveva nove anni) in uno scantinato di proprietà di Bartali in via del Bandino, a Firenze». Sicuri che fosse di Bartali? «Sì. Tutto controllato al catasto. Siamo persone meticolose. Pignole. Anni dopo lo stesso Goldenberg tornò Firenze e volle rivedere quello scantinato insieme con Andrea Bartali, il figlio».

«Ora, che Bartali possa aver salvato ottocento ebrei potrebbe anche essere una forzatura – precisa Della Pergola – noi il numero non lo possiamo provare. Abbiamo documentato però almeno una trentina di salvati» (Corriere della Sera, 11 gennaio).

Gino Bartali, vainqueur du Tour de France et du Tour d’Italie, et sauveur de 800 juifs
Public Domain

La causa di beatificazione

Intanto va avanti la causa di beatificazione di Bartali. «Va avanti anche se la pandemia ha rallentato tutto – conclude la nipote Gioia – Il postulatore è il carmelitano padre Romano Bellagamba. Siccome un iter del genere ha bisogno di essere sostenuto, anche economicamente, noi come famiglia faremo un’associazione per dare una mano all’Ordine Carmelitano che sta portando avanti il processo».


BARTALI

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