Premiato come il miglior insegnante al mondo: in India Ranjitsinh Disale è andato a prendere uno per uno i suoi studenti dai campi e sta cambiando la cultura ricostruendo una scuola usata come stalla
Il suo nome significa «vittorioso sul campo di battaglia», perfetta sintesi della sua storia. Il 32enne indiano Ranjitsinh Disale è stato premiato pochi giorni fa come miglior insegnante al mondo. Il Global Teacher Prize è un’iniziativa organizzata dalla Varkey Foundation di Londra con l’Unesco. Gli spetta un premio da 1 milione di dollari, metà di questa somma ha voluto condividerla con gli altri candidati alla vittoria:
Come riporta The Hindu report, Disale ha dichiarato: «Gli insegnanti sono i veri promotori del cambiamento dei loro studenti con un po’ di gesso e sfide quotidiane. Noi siamo quelli che credono davvero nel dare e condividere. E quindi sono felice di annunciare che donerò il 50% del premio con gli altri 10 finalisti, per supportare il loro incredibile lavoro. Penso che solo insieme possiamo cambiare il mondo perché condividere è crescere.»(da TimesNow)
Sul campo di battaglia s’impara a guardarsi attorno, a cercare alleati. E il campo dove il giovane Ranjitsinh lavora richiede un impegno muscolare ed emotivo inesausto.
Un ripiego o una grande occasione?
Diventare maestro non era nei piani di Ranjitsinh, che avrebbe voluto fare l’ingegnere.
«Lasciai perché mi prendevano in giro. Mi bullizzavano perché ero nero. La maggior parte degli indiani sono scuri come me, ma in quel college gli studenti più chiari mi presero di mira». Se ne andò via, vittima di “colorism”, un atteggiamento discriminatorio ancora diffuso nel Subcontinente, rinforzato dai colonizzatori britannici che favorivano gli indiani dalla pelle chiara. (da Corriere della Sera)
L’ipotesi dell’insegnamento è stata per lui una di quelle svolte che, portandolo altrove dai suoi sogni, forse lo ha portato nel posto giusto. Anche se all’inizio è sembrata una punizione, o una beffa del destino. Nel 2009 venne affidato a Disale il suo primo incarico scolastico e quello che si trovò di fronte era una baracca semi-distrutta. Quella era la sua scuola, ed era deserta.
Quando nel 2009 gli fu assegnata come primo incarico l’elementare di Paritewadi, duemila anime sperse tra campi e pascoli del Maharashtra – lo stato di Mumbai – si ritrovò solo in un edificio diroccato. «Era una stanza tra una stalla e un deposito. Nel fare i lavori mi sono anche fatto male» ricorda. (da Ibid)
Ricostruire i muri, nutrire i cuori
La zona del Mahrasthra in cui Ranjitsinh ha intrapreseo il suo mestiere educativo è prevalentemente rurale e afflitta dal problema della siccità. Le famiglie, dunque, erano completamente disinteressate all’apprendimento dei figli, in gran parte impiegati nel lavoro. Fin dalla più tenera età i maschi portavano le bestie al pascolo e le femmine si occupavano delle mansioni domestiche. Quest’ultime attendevano inerti il loro destino di spose bambine, costrette a unirsi giovanissime a uomini più grandi e sconosciuti.
Che le aule scolastiche fossero usate come stalle non era un problema per i genitori.
La siccità non riguardava solo di campi da irrigare, ma anche – metaforicamente – la vita di persone non abituate a considerare l’educazione come un valore. Nel suo canale Youtube, Ranjitsinh racconta:
Sono arrivato alla conclusione che dovevo partire dal cancellare. Per iniziare il cambiamento in questi bambini, dovevo trasformare l’atteggiamento di indifferenza dei genitori nei confronti della scuola.
E dunque il primo grande passo educativo è stato compiuto fuori dall’edificio scolastico. Il maestro ha voluto conoscere le famiglie, capire la vita e le abitudini di ciascuno. Col tempo è arrivato a suggerire loro delle tecniche di coltura per i campi che garantissero loro un buon rendimento, senza l’impiego dei bambini. Solo il 2% dei bambini andava a scuola, metà del primo anno scolastico è stato impiegato da Ranjitsinh a prendere uno per uno i suoi studenti dai campi e portarli in classe.