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La fede è più grande della religione e della religiosità

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Bricolage | Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 09/02/21

Cioè essa non serve a gestire, come fa l’approccio puramente religioso, i conflitti psicologici che ci portiamo dentro, ma serve a un incontro decisivo con un Dio che è persona e non semplicemente morale o dottrina

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, stoviglie, di oggetti di rame e di letti -, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:
“Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».

E diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: “Onora tuo padre e tua madre”, e: “Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte”. Voi invece dite: “Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio”, non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte». (Mc 7,1-13)

La fede è più grande della religione e della religiosità

Se per un istante riuscissimo a non leggere il vangelo in maniera moralistica forse riusciremmo a intuire una lezione immensa nascosta proprio nel racconto di oggi:

Allora si riunirono attorno a lui i farisei e alcuni degli scribi venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde, cioè non lavate (…) quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani immonde?».

È inevitabile schierarsi subito dalla parte di Gesù leggendo di questo modo di fare, ma prima di far partire una nociva antipatia nei confronti degli scribi e dei farisei, dovremmo renderci conto che ciò che Gesù rimprovera loro non è l’essere scribi e farisei,ma la tentazione di avere un approccio alla fede solo di natura religiosa.

Quando parlo di “approccio puramente religioso” mi riferisco a una sorta di caratteristica comune a tutti gli uomini, in cui gli elementi piscologici vengono simbolizzati ed espressi attraverso dei linguaggi rituali e sacri, appunto religiosi.

E’ più facile lavarsi le mani che convertirsi

Ma la fede non è esattamente coincidente con la religione.

La fede è più grande della religione e della religiosità. Cioè essa non serve a gestire, come fa l’approccio puramente religioso, i conflitti psicologici che ci portiamo dentro, ma serve a un incontro decisivo con un Dio che è persona e non semplicemente morale o dottrina.

Il chiaro disagio che questi scribi e farisei vivono, emerge dal rapporto che essi hanno con la sporcizia, con l’impurità.

Per essi diventa sacra una purificazione che ha a che fare con le mani sporche, ma pensano di poter esorcizzare attraverso questo tipo di pratiche tutta la sprocizia che una persona accumula nel proprio cuore.

Infatti è più facile lavarsi le mani che convertirsi. Gesù vuole dire loro esattamente questo: non serve la religiosità se essa è un modo per non fare mai esperienza della fede, cioè di ciò che conta. È solo una forma di ipocrisia travestita da sacro.
Marco 7,1-13
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