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Posso avere anche io il sorriso a cuore aperto di Theodore?

THEODORE NELSON, SMILE

Good Morning America | Youtube

Annalisa Teggi - pubblicato il 18/02/21

Ha vissuto appena 223 giorni e sempre in ospedale. Dopo il secondo intervento a cuore aperto Theodore Nelson ha sorriso alla sua famiglia: ha risposto al bene che sentiva accanto a sé nel momento di massima vulnerabilità.

“Ogni volta che m’accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell’anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso”, fu questo il colpo di fulmine con Moby Dick tanti anni fa. Trovai sul volto di Ismaele la stessa smorfia amara che c’era sulla mia faccia, non un dolore ma una nausea.

E anche se c’è, piantata nel cuore, la certezza di un bene amico – irriducibile compagno di vita – quella smorfia torna. Mi sono accorta di averla di nuovo addosso quando ho incrociato il sorriso di un bambino: un breve video sul web in cui un bimbo di pochi mesi rideva, pur essendo in ospedale e pieno di tubi. Chi sei, perché sorridi? – mi sono chiesta.


Annamaria e Francesco Civenni,

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Un cuore a metà

Theodore Nelson è vissuto appena 223 giorni, tutti trascorsi in un ospedale. Non è una metafora dire che è nato con un cuore a metà:

Teddy è nato con un difetto cardiaco congenito, chiamato sindrome del cuore sinistro ipoplastico. Ha fatto la prima operazione chirurgica 15 minuti dopo essere nato, il 30 Agosto 2019. (da Good Morning America)

La sua famiglia lo ha accompagnato, un passo alla volta, a vivere i suoi giorni sapendo di essere amato incondizionatamente. La mamma Alexandria, il papà Michael e la sorellina maggiore MacKenna sono originari di Buffalo (nello Stato di New York), ma l’ospedale in cui Teddy poteva essere curato e assistito era a Pittsburgh, a più di 3 ore d’auto di distanza da casa.

Dal sabato al mercoledì Alexandria e suo marito Michael guidano per 235 miglia per stare con il figlio, ricoverato nella terapia intensiva cardiaca. Li accompagna spesso la sorella di 4 anni, MacKenna. Quando suo figlio ha sorriso per la prima volta autonomamente, Alexandria ha detto che ogni secondo di questo “viaggio sulle montagne russe” vale. Ha detto anche che la fede li accompagna di giorno in giorno. “Quando attraversi qualcosa di così forte, devi scavare più a fondo”. (da WKBW Buffalo)

Il sorriso a cui si riferisce il giornalista è quello che mi ha catturata mentre spulciavo sul web.

Ridere, davvero

A febbraio del 2020 Theodore ha dovuto subire un secondo intervento a cuore aperto, durante il quale ha avuto un infarto. Le cose sembravano essersi messe molto male, ma il bimbo si è ripreso. Il 6 febbraio il cellullare della famiglia Nelson ha ripreso Teddy che sorride per la prima volta, spontaneamente.

“Sua sorella era nella stanza, lui amava sentire la sua voce, e poi c’era mio marito che ha un tocco speciale” – racconta la signora Nelson (da Good Morning America)

Due mesi dopo, il 9 aprile, Theodore è morto. Quel momento condiviso dalla famiglia, unita nella gioia in una stanza d’ospedale, è diventato un segno pieno di significato. Rispetto a qualsiasi specie di misura, vivere appena 7 mesi con una patologia gravissima è un’ingiustizia da far rabbrividire. Si può osare ribaltare tutto, proprio a partire dal sorriso che nessun narratore avrebbe messo in una storia del genere, ma che un bambino è stato capace di fare spontaneamente, cioè liberamente. D’altra parte, quando senti di avere tutto sei felice. Aveva tutto attorno a sé, Teddy, e quindi ha riso.

Di fronte a quel sorriso mi sono interrogata, come di fronte a uno specchio senza aloni e illuminato bene. La madre Alexandria ha tenuto un diaro sul web di quello che ha definito “un viaggio sulle montagne russe”. E non è solo il racconto della malattia inguaribile del figlio; sarebbe giusto definirlo un racconto di conversione … ma se il termine ha un richiamo troppo astrattamente religioso, pensiamo a un’auto che fa un’inversione a U. La presenza di Teddy ha fatto ricapitolare il passato e il presente ai coniugi Nelson, a partire dalla scelta di sposarsi:

L’anno scorso, Theodore, il nostro dolce bambino, è riuscito a rafforzare il nostro matrimonio in modi inimmaginabili. Teddy avrà avuto mezzo cuore, ma è stato sicuramente benedetto dagli occhi di papà. E anche oggi, ancora oggi, riesco a studiare quegli occhi; nei tuoi occhi vedo la stessa ′′ forza e coraggio ′′ di Theodore per quello che deve ancora venire, ma soprattutto, sento il tuo amore. Quando abbiamo chiuso gli occhi per la prima volta, sono così grata di aver buttato via la chiave. (dalla pagina Facebook Falling Right Side Up)

Come a dire: anni fa abbiamo deciso che il nostro sì fosse per sempre – buttare la chiave, una decisione irrevocabile -, alla luce della presenza di questo figlio la verità e chiarezza di quella scelta si è manifestata più pienamente.

Al primo chiarore del mattino

Raccontare queste storie di dolore suona sempre non del tutto autentico, lo penso sinceramente mentre lo scrivo. Forse è colpa della presunzione di volere spiegare la sofferenza e spiegare anche che c’è una strada che attraversa il dolore senza approdare alla disperazione.
È passato quasi un anno dalla morte di Teddy, ma ho incrociato il suo sorriso in questi giorni solo perché nel web i contenuti vengono rilanciati in modo ripetitivo e un po’ anarchico. Non direi però che il sorriso di Teddy è vecchio di un anno, e il fatto che lui nel frattempo sia morto non lo cancella (se pianti un fiore in giardino, sboccia anche se tu traslochi). Ho ripercorso la sua storia seguendo i racconti di sua madre nel diario tenuto su Facebook e ho notato che alla fine di ogni suo post c’è un sintetico richiamo al versetto di un salmo, sempre lo stesso. Sono andata a ripescarlo:
Dio la soccorrerà al primo chiarore del mattino. (Salmo 46,5)
Immagino che la citazione ricorrente sia un modo sussurrato per dire ai lettori “mi appoggio a questo”.
Un Dio che soccorre di primo mattino, solerte e fedele. La puntualità della compagnia di Dio non sempre corrisponde alle nostre attese. Anzi, è sempre altro rispetto ai nostri tempi. Quel versetto forse vuol dire che la Sua mano premurosa c’è e non che verrà, se lo preghiamo bene. Dal primo chiarore del mondo il soccorso di Dio c’è.
E se il sorriso di Teddy fosse un risposta? Se fosse come quando qualcuno ci sorride e noi, di rimando, sorridiamo? Penso che Teddy abbia risposto a un sorriso che era già lì. Un sorriso non nasce in solitudine, come invece è tipico delle smorfie amare. Accanto a lui in quella stanza d’ospedale c’era una famiglia che gli ha fatto sentire non soltanto un enorme amore umano, ma anche quella carezza che viene dal sentirsi in compagnia del soccorso di Dio quando si fa buio. Come una pura e semplice cartina al tornasole lui ha riverberato la luce della roccia a cui si aggrappavano i suoi cari.

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