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Un’educazione troppo rigida riduce lo sviluppo cerebrale dei figli

PARENTS YELLS AT THE SON,

threerocksimages | Shutterstock

Silvia Lucchetti - pubblicato il 26/03/21

Una ricerca delle Università di Montreal e di Stanford ha dimostrato che non solo gli abusi, ma anche un'educazione eccessivamente severa può causare una riduzione dello sviluppo di importanti aree cerebrali con ricadute negative sul piano cognitivo ed emotivo

In un articolo apparso sulla rivista Development and Psychology, i ricercatori dell’Université de Montréal, delò Centre Hospitalier Universitaire Sainte-Justine Research Center e della Stanford University, hanno studiato l’impatto di uno stile genitoriale caratterizzato da un’educazione rigida sulla psiche e sulle strutture cerebrali di bambini e adolescenti. (Agi.it)

Una severità esagerata da parte dei genitori che si può manifestare sia a livello verbale che fisico è in grado di determinare una riduzione dello sviluppo di alcune importanti aree cerebrali dei loro figli.

Un’educazione eccessivamente severa danneggia lo sviluppo cerebrale del bambino

Le implicazioni che abbiamo valutato – afferma una dei ricercatori che ha condotto lo studio – vanno oltre i cambiamenti nel cervello, credo che sia importante che tutti i genitori e la società comprendano che l’uso frequente di pratiche eccessivamente severe può danneggiare lo sviluppo di un bambino.

(Ibidem)

Questa studiosa sottolinea come in tante aree del mondo i comportamenti genitoriali troppo severi siano molto diffusi e addirittura considerati socialmente accettabili.

KRZYCZYMY NA DZIECI

La riduzione di volume della corteccia prefrontale e dell’amigdala

Lo sviluppo sociale ed emotivo, così come gli aspetti legati allo sviluppo cerebrale dipendono dall’educazione che i bimbi ricevono – spiega la scienziata – studi precedenti hanno già dimostrato che i bambini che hanno subito gravi abusi mostrano cortecce prefrontali e amigdala più piccole.

(Agi.it)

Lo studio

Il gruppi di ricerca ha esaminato un campione di bambini, seguendoli dalla nascita fino all’adolescenza, valutando annualmente le modalità educative e i livelli di ansia, attenzionando quelli che dai due ai nove anni hanno ricevuto un’educazione genitoriale più rigida.

Un’educazione troppo severa riduce lo sviluppo cerebrale

Questi risultati sono particolarmente significativi – commenta la dottoressa Suffren – è la prima volta che le pratiche di educazione eccessivamente severe, pur non potendo essere paragonate agli abusi e alle violenze in senso stretto, vengono associate a ripercussioni a livello di struttura cerebrale.

(Ibidem)

E poi:

Questi bambini sono stati esposti a determinati atteggiamenti da parte dei genitori fortemente severi durante tutta l’infanzia – conclude Suffren – per cui le differenze nel loro cervello sono collegate all’esposizione ripetitiva a pratiche genitoriali dure e rigide. Il nostro lavoro rappresenta il primo tentativo di identificare il legame tra il comportamento dei genitori, i livelli di ansia dei bambini e l’anatomia del loro cervello.

(Agi.it)

Per approfondire alcuni aspetti di questa ricerca e le ricadute pratiche che dalla stessa possono derivare abbiamo intervistato lo psicologo infantile, Ezio Aceti.

La riduzione di volume della corteccia prefrontale e dell’amigdala quali effetti può comportare sullo sviluppo cognitivo ed affettivo di questi bambini?

Ci sono delle correlazioni fra questa carenza e lo sviluppo affettivo e cognitivo. Da un punto di vista cognitivo sicuramente c’è meno autocontrollo perché la corteccia cerebrale è quella deputata all’autocontrollo. Questo studio non ha però scoperto nulla di veramente nuovo, in quanto noi pedagogisti e psicologi infantili sappiamo che un’educazione rigida blocca tutta la creatività e la fantasia del bambino. Possiamo dire che questa ricerca diciamo dimostra da un punto di vista strutturale quello che affermiamo e sottoliniamo da tanto tempo.

L’uso frequente di pratiche educative eccessivamente dure e severe può essere considerato una forma di abuso emotivo?

L’educazione rigida è un po’ figlia di una visione pedagogica del passato, quando pensavamo che ogni figlio bisognava “correggerlo” direzionandolo nel senso giusto: perfino nella Bibbia c’è scritto che bisogna raddrizzare il virgulto. Ma queste sono categorie ormai vecchie, sorpassate, il bambino non è un piccolo adulto da raddrizzare. Il bambino ha una sua creatività, una sua dignità. L’autorevolezza la si conquista non perché si è severi, ma perché si ammonisce in modo corretto salvaguardando la dignità del piccolo. L’educazione rigida va completamente superata, perché condiziona nel bambino la paura dell’altro: ve lo immaginate un bambino che ha paura di suo padre, di sua madre! Un figlio deve sentire un timore “giusto”, quello di sbagliare e così far del male agli altri. Non la paura, c’è una profonda differenza.

Quali altri contributi vanno nella stessa direzione di questo studio?

Il più significativo è quello della Montessori, una donna straordinaria che ha sempre affermato che bisogna accompagnare il bambino, aiutarlo a scoprire la bellezza che c’è già in lui più che imporgli qualunque cosa. Anche il cristianesimo dice questo. Quando si sottolinea che la legge è dentro di noi, costituendo il fondamento della Nuova Alleanza di Dio con noi, vuol dire che il Signore ha già depositato in ciascuno tutta la verità. L’educazione cosa deve fare? aiutare il bambino a tirarla fuori. E più si incoraggiano le sue doti che ne rappresentano la vera bellezza, più egli scopre questa realtà dentro di sé.

Secondo lei gli effetti anatomici registrati nel cervello dei bambini seguiti in questa ricerca possono essere nel tempo compensati?

Stiamo molto attenti a dire che certi effetti sono irreversibili. Il bambino è come la pianta, più io lo curo bene quando è piccolo, meglio sarà. Se faccio anche involontariamente danni all’inizio, sicuramente crescerà con più fatica. Possiamo dire che Dio ci ha creato con una specie di antivirus: se il computer si impalla, è sempre possibile trovare l’antivirus che ne può ripristinare il buon funzionamento. Se i genitori hanno sbagliato nell’educazione, quando se ne accorgono ed iniziano ad agire in modo corretto, possono recuperare tanto. Certo sarebbe meglio non sbagliare, evitare tanti errori, però se questi sono stati fatti non bisogna mai scoraggiarsi ma credere che il processo educativo può sempre migliorare. Una volta in psicologia c’era una visione deterministica che di fatto affermava che se uno era stato educato male sarebbe rimasto segnato a vita. Non è così, se un bambino è stato esposto ad un’educazione incongrua c’è sempre la possibilità di recuperare.

FATHER AND SON,

Ha riscontrato nella sua esperienza clinica con bambini e adolescenti quanto evidenziato dallo studio?

Certo. Questa ricerca dice in sostanza che un’educazione rigida blocca lo sviluppo delle connessioni cerebrali. È vero! Le è mai capitato di avere a che fare con qualcuno che le mette paura? Lei è bloccata, non sa cosa fare. Si determina un blocco dello sviluppo dei collegamenti neurali. Perché, parlando da psicologo, l’educazione rigida lede il sé, cioè lede la propria immagine, tarpa la volontà di crescere, tarpa l’autostima. Ecco perché è pericolosa. Non affermo certo che il bambino può fare ciò che vuole, no! Il padre deve porre dei limiti al bambino. Noi dobbiamo dire ai figli quello che è sbagliato, dobbiamo anche ammonirli senza mai ledere il sé. Si lede il sé quando si picchia, quando si dicono delle parolacce, quando si è troppo rigidi. Non si deve dire “sciocco, stupido, cattivo, hai sbagliato, non capisci niente”, ma: “guarda, probabilmente non ti sei accorto, hai sbagliato ma siamo certi che la prossima volta farai meglio”. Questa è la vera educazione.

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cervelloeducazionegenitori e figli
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