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Gesù è risorto! Ora è tempo di “passare” a vita nuova

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mons. Antonio Staglianò - pubblicato il 12/04/21

Gesù è risorto, alleluia, alleluia! Risposta: “E’ veramente risorto, alleluia, alleluia”. È questo il dialogo tra credenti che sperano in futuro “trasfigurato” dalla Risurrezione di Gesù.

Il Risorto è Gesù e Gesù risorto è il nostro destino eterno. Gli uomini e le donne continuano a morire. Ora, tuttavia, tutto è cambiato: anche la morte degli umani. Nella Pasqua del Signore si manifesta la verità e il senso della vita di ogni uomo: sei destinato a risorgere! Così, non si muore più per morire e basta; si muore sempre in Gesù risorto. Un detto di Sant’Agostino ha consolato il mio cuore dopo la morte di mio fratello Pino – l’8 ottobre del 2009, appena qualche mese dalla mia entrata nella Diocesi di Noto-, perché ne ho percepito la verità: “noi non perdiamo mai quelli che amiamo, perché li possiamo amarre in Colui che non si perde mai”. Ecco perché abbiamo speranza nella vita oltre la morte: perché Gesù è risorto.

Questa consolazione – penso a quanti hanno sofferto la morte dei propri cari in questa pandemia- non è aleatoria, astratta o, peggio, alienante. Ha carne e corpo, perché la speranza cristiana è che “noi risorgeremo nella carne” e quindi rivedremo e riabbracceremo i nostri figli, i nostri genitori, i nostri amici. Gesù infatti non è risorto “per sé”, ma per noi. Dunque, il potere del risorto cambia le cose della mia esistenza quotidiana. Poiché Gesù è risorto, io posso convertirmi, riesco a diventare un uomo nuovo, capace di amare unilateralmente e senza condizioni nel perdono: rinnovare gli affetti, l’amicizia, la fraternità, la solidarietà, la cura per altri. Soprattutto, il potere del Risorto mi dona la forza di fare quanto non sarei mai riuscito a fare, la cosa più difficile: perdonare i fratelli, fino all’estremo, perdonare i nemici. Il fatto concreto che lo faccio è il segno che davvero il Signore è risorto, perché se non fosse risorto non ci sarei riuscito.

È nella sua grazia, infatti, che io apro gli occhi sulla fragilità e la sofferenza dei Fratelli tutti (Papa Francesco) e mi scopro con un cuore di carne (prima c’era il cuore di pietra, freddo, indifferente, insensibile) ricco di empatia, capace di immedesimazione, desideroso di “sentire insieme agli altri i sentimenti di tutti, a partire dai sentimenti di Cristo”. Mi immedesimo, e immagino me o i miei fratelli più cari sui barconi dei migranti in cerca di rifugio, di un porto sicuro. Mi immedesimo e immagino mio padre che ha perso il lavoro ed è disperato, perché non sa come sfamare i propri figli. Mi immedesimo e immagino che sia la mia quella famiglia che si sta rompendo, per l’egoismo di tutti i membri che pensano solo a sé stessi (desiderano godersi la vita anche in faccia al dolore degli altri) e non si aprano al dialogo e al perdono. Mi immedesimo, immagino e… agisco per portare la pace nelle famiglie, per solidarizzare con chi non ce la fa, per accogliere i migranti ed essere ospitale. Gesù è risorto e, allora, io comincio da me. Non aspetto che altri lo facciano prima: lungo le strade degli uomini, con occhi semplici, vado a cercare Dio dove mi indica Gesù, perché là dove lo devo cercare, Dio non si trova e io lo devo portare come riconciliazione, come pace, come gioia, come perdono e come vicinanza corposa, attraverso le opere di misericordia corporale.

La luce del Risorto mostra un vasto campo aperto nel quale il cristiano deve andare a lavorare instancabilmente: è l’umanità ferita che soffre, schiantata nel doloro di tutti i nuovi crocifissi della storia. Papa Francesco le chiama “periferie esistenziali”. Possiamo nominarle come vogliamo, sappiamo però che si tratta sempre e comunque dell’umanità di Cristo, flagellata e crocifissa, in ogni povero della terra, negli scartati, nei tanti derelitti umani, ammassati nei terribili “gulag” delle società dell’ipermercato e resi del tutto invisibili agli occhi borghesi dei religiosi, i quali assomigliano a levita e al sacerdote della parabola del buon Samaritano: vanno a pregare al tempo, vanno ai riti del culto divino e non hanno tempo per soccorrere l’umo incappato dai briganti.

Pasqua è passaggio dalla morte alla vita: sia per noi – comunità cristiana- passaggio vero da un cattolicesimo convenzionale a un cristianesimo vivo, autentico, risorto, perché ricco di una vita traboccante. Questa vita del cristiano “trasborda” anche nella morte, perché vince la morte, in Cristo Gesù risorto. Amen Alleluia.

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