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Miguel Dao, un poliziotto che procede mano nella mano con Dio

MIGUEL DAO

@mdaodao

Macky Arenas - pubblicato il 23/04/21

Il racconto di un investigatore criminale con un volto molto umano e una grande fede

Essere poliziotti, dedicarsi al compito di investigatore criminale e raggiungere i massimi livelli in un paese turbolento come il Venezuela non è una cosa facile. Significa vivere sfidando continuamente il pericolo.

Così è stata – e in qualche modo continua ad essere – la vita di Miguel Dao, un personaggio quasi da romanzo quando si richiama il suo percorso, pieno di episodi in cui sono stati messi alla prova il suo coraggio, la sua perizia e soprattutto la sua profonda fede cattolica.

Nel suo profilo Twitter si legge: “Famiglia, educazione e princìpi sono senz’altro la chiave per convivere in un mondo migliore”.

Miguel ha accettato gentilmente di parlare con Aleteia insieme alla moglie.

Una famiglia che conta vari santi

Miguel è prozio di Carlo Acutis, il giovane beato oggi patrono di Internet per la sua intensa opera di evangelizzazione attraverso le reti sociali. È sposato con una sorella della nonna di Carlo che si chiama Rosa. Rappresentano il ramo venezuelano della famiglia.

Miguel ha conosciuto la moglie praticando paracadutismo. Lei era la sua istruttrice, una sportiva molto attiva che oggi ha un record di più di 2.000 lanci e ha vinto vari campionati internazionali.

“La nostra famiglia ha anche altri santi”, ci ha detto la signora. “Molti non lo sanno, ma Santa Caterina era cugina di mio padre, Bennino Volpicelli”. Si riferisce a Santa Caterina Volpicelli, religiosa cattolica fondatrice della Congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore.

“La mia figlia maggiore si chiama Caterina per questo. Papà, però, mi ha raccontato che nella nostra famiglia c’erano vari santi, non solo Santa Caterina. Visto che abbiamo sempre vissuto tanto distanti a livello geografico non abbiamo mai conosciuto la storia completa. Ora con Carlo Acutis, mio pronipote, abbiamo iniziato a renderci conto che c’erano altri santi. Anche il papà di Carlo aveva una zia santa”.

Abbiamo chiesto a Miguel della sua famiglia, e ridendo ha detto: “Immaginatevi, la mia famiglia è araba al cento per cento! (i suoi cognomi sono Dao Dao). Sono santificato con la famiglia di mia moglie. Qualcosa deve arrivarmi!”

E ha aggiunto, stavolta serio: “Carlo ha dei santi in famiglia sia da parte di padre che da parte di madre”. Carlo continua a intercedere per ottenere miracoli, ma non sono debitamente documentati. “Si sa di due in Brasile che si stanno studiando, ma la pandemia ha complicato le cose”, ha affermato Rosa. “Un caso riguarda un bambino che ha avuto un incidente e ha riportato danni al cervello. I medici hanno diagnosticato la morte cerebrale. Suo padre ha iniziato a pregare Carlo Acutis, il ragazzo ha ripreso le sue funzioni e oggi è normale. È uno dei suoi nuovi miracoli, perché sembra che ce ne siano stati altri”.

Gli sequestrano lo zio e diventa poliziotto

La vocazione di Miguel era fare l’avvocato, ma poi è diventato poliziotto per via del sequestro dello zio, avvenuto nel febbraio 1971. Stava andando alla banca in cui lavorava quando è stato intercettato e portato via.

Il responsabile era noto come Grupo Bandera Roja, allora di recente formazione, un gruppo di sinistra che aveva come comandante il famoso guerrigliero Carlos Betancourt, alias «Jerónimo», dissidente delle Forze Armate di Liberazione Nazionale.

Questi non aderiva alla politica di pacificazione del Governo di Rafael Caldera, politica iniziata e incamminata dal suo predecessore, il Presidente Raúl Leoni. I Presidenti democratici cercavano di far sì che i sovversivi deponessero le armi e prendessero la via costituzionale e democratica.

Lo zio venne sequestrato per ottenere un riscatto, per denaro. I Dao sono una famiglia numerosa, lavoratrice e benestante che proviene dal Libano, cattolici maroniti, Venezuelani ormai da generazioni.

Miguel ha studiato per un periodo in Libano ed è poi tornato in Venezuela, dove ha studiato presso i Lasalliani in provincia e poi dai Gesuiti a Caracas. La sua famiglia si dedica ad affari che vanno dal commercio al settore bancario.

Enrique, lo zio sequestrato, non era tra i più facoltosi, “era solo un direttore di banca, anche se era medico ed esercitava come tale. Lo confusero perché nella lista degli azionisti figurava un E. Dao, una persona molto importante all’epoca. Era Eduardo Dao, ma sequestrarono Enrique, azionista minoritario. Si erano sbagliati, ma questo significò per il gruppo terroristico il finanziamento delle sue operazioni con fini politici sensazionalistici”.

“Scelsero papà perché fungesse da mediatore, e quindi ho vissuto molto da vicino anche se ero ancora giovane – avevo appena iniziato a studiare Giurisprudenza – il processo di negoziazione. Alla fine mi è piaciuto l’indagine poliziesca e mi sono indirizzato in quella direzione. Volevo diventare poliziotto, ma per la mia età mi hanno permesso solo un tirocinio. Ho terminato presto il mio corso da investigatore e ho iniziato a partecipare alle operazioni di polizia”. Da allora ha posto tutto il suo impegno e la sua dedizione in quei compiti.

DAO
Miguel, Rosa e Aníbal, il figlio modello e paracadutista venuto a mancare.

Non hanno potuto arrestarlo

Poco tempo dopo è diventato vice-ispettore e si è laureato in Legge. Il suo obiettivo era diventare commissario, cosa che ha raggiunto dopo aver vinto alcuni costumi – piuttosto vizi – militaristi dei quadri di Polizia, che hanno finito per portarlo a rinunciare alla Polizia e a lasciare in sospeso la sua vocazione investigativa.

Per lui è stata un grande sorpresa il fatto di essere chiamato dal primo Ministro degli Interni del Governo di Hugo Chávez, Luis Miquilena, che gli ha proposto di tornare e ricoprire la massima responsabilità nella struttura della Polizia venezuelana.

Altre volte, in precedenza, gli erano stati offerti incarichi simili, ma le condizioni erano talmente tante che non aveva potuto accettare. Stavolta, ha accettato perché l’incarico era “risistemare” la Polizia.

“La disponibilità del Ministro perché io assumessi l’incarico è stata molto ampia. Mi ha assicurato che le mie disposizioni sarebbero state rispettate e approvate. Sono stati 14 mesi di intenso lavoro, durante i quali ho avuto piena libertà, e mi sento del tutto responsabile della mia gestione”.

Sotto un regime come quello che all’epoca iniziava a governare il Venezuela, però, non si sa mai come vanno a finire le cose.

Si sono verificati i fatti dell’11 aprile 2002, quando un’immensa manifestazione che ha fatto scendere in strada quasi un milione di persone ha portato a un vuoto di potere perché Chávez ha abbandonato il governo per alcune ore.

“Ho lasciato l’incarico per quei fatti, perché non ero una pedina del Governo”, ha spiegato Miguel. “Ero un funzionario al servizio del Venezuela, non di un progetto determinato. La mia posizione era chiara, e se si ripetessero quei fatti nel modo in cui si sono verificati agirò allo stesso modo, come ho dichiarato al Procuratore Generale che indagava sul caso”.

Miguel è stato sospeso dall’incarico e in meno di un mese era fuori. Non era stata riscontrata alcuna irregolarità, ma ha rinunciato ugualmente. Non hanno potuto arrestarlo, anche se era l’obiettivo.

Da allora si è dedicato alle sue attività private, all’esercizio della sua professione di avvocato, e offre consulenze di sicurezza sia a famiglie che a imprese. E si tratta di servizi ben necessari in Venezuela!

La mia fede non è prodotto di situazioni crude e dure”

È senz’altro interessante che una persona che si muove in ambienti tanto difficili proietti una forza spirituale così solida. Interpellato al riguardo, ha risposto “Non lo so”, ma ha subito aggiunto: “Viene da me, dalla mia natura. È qualcosa che non ho programmato. Manifesto ed esterno la mia spiritualità in modo spontaneo. E la sento non solo oggi, ma è stato così in tutta la mia vita, da quando ho l’uso della ragione. Viene dall’esempio dei miei genitori, di tutta la mia famiglia, soprattutto di alcuni zii ormai defunti che rispetto e ricordo con grande affetto. È gente che ha lavorato sodo, che ha avuto successo in tutte le iniziative in cui ha posto i suoi sforzi”.

“Viene dai Lasalliani e dai Gesuiti. Ho vissuto un’esperienza simile in Libano, dove ho studiato per poco più di un anno – perché papà era stato nominato ambasciatore del Venezuela lì –, portando avanti la mia formazione con i fratelli de la Salle a Beirut. Sono tornato in Venezuela e dai Gesuiti. La mia fede non prodotto di situazioni crude e dure come quelle che ho vissuto, era lì già prima e continua ad essere con me”.

Miguel insiste sul fatto che la sua formazione cattolica ha una base che risale ai primi anni della sua vita e all’adolescenza, periodo in cui tutte le persone che lo circondavano gliel’hanno trasmessa, sensibilizzando e segnando il suo modo di procedere e di agire.

Miguel scrive Tweet come questi: “Cercare vendetta è perdere tempo. Non esiste la morte giusta quando risponde a impulsi nati da un senso di vendetta”.

“Fa’ brillare su di noi la luce del tuo volto, Signore”. Salmo 4. Falla brillare, Signore…

“L’ambiente di anarchia e impunità nell’agire irregolare di molti è tale che giustifica perfino quello di altrettanti. Dio Nostro Signore ci prenda confessati e non permetta che arriviamo alla barbarie”.

“Finché vivi lotta con vigore, e rendi sempre grazie a Dio Nostro Signore per le cose positive e per quelle negative in ogni momento, per tutto”.

“Tempi di solitudine e tristezza… Un saluto pieno di sentimento e solidarietà a tutti i fratelli venezuelani che per varie circostanze sono stati costretti a emigrare anche se non siamo un popolo migrante per natura”.

“Famiglia, la genesi di ogni società… È da lì che iniziano l’educazione, la moralizzazione, i princìpi!”

“Sono maronita e il mio santo è Charbel…!”

“Gesù Nostro Signore non smetterà mai di ascoltare le nostre suppliche e di rispondere alle nostra necessità. Con il suo amore saprà esaudire le nostre richieste. Il suo momento è quello ideale, e sa cosa è bene per noi. Dio Nostro Signore benedica tutti noi”.

Nemico della rivoluzione

Miguel ha avuto incarichi pericolosi ed esigenti, ma aveva la forza spirituale della fede e forse questo lo ha portato ad agiore sempre in modo ponderato e con un grande senso di giustizia. “Quando mi è stato richiesto di fare politica dal mio incarico l’ho lasciato e non mi sono allontanato dall’aspetto giuridico, costituzionale. Tutto quello per il quale mi avevano formato”.

Non è affatto facile. Vediamo quanti poliziotti vengono corrotti con una facilità estrema, mentre il percorso di Miguel è impeccabile, cosa di cui è felice.

“Sapevo che alla fine avrebbe significato problemi e ostacoli nella mia vita professionale, come in effetti è accaduto. Parlando alla radio e alla televisione, il Presidente Hugo Chávez ha dichiarato eroi nazionali i ‘pistoleri’ di Puente Llaguno, responsabili di violenza e morte l’11 aprile, e ha proclamato Miguel Dao nemico della rivoluzione, cosa di cui mi sento orgoglioso”.

Ho sempre sentito di avere vicino Nostro Signore”

Tutti coloro che hanno a che fare con la delinquenza vivono momenti difficili, in cui si ricordano di Dio e Gli chiedono aiuto.

Miguel commenta con naturalezza: “Non ho mai chiesto aiuto a Dio Padre perché L’ho sempre sentito vicino. Non l’ho mai chiamato come se fosse lontano, perché sapevo che era con me. Non mi è mai mancato il sostegno di Nostro Signore, per questo non l’ho chiesto per un caso particolare, assumendo ciascuno di essi come il più importante”.

“Nella mia famiglia sì che ho fatto ricorso in modo particolare alla mano di Dio per chiedergli assistenza e di farmi procedere sulla retta via, ma nella Polizia mi sono sempre sentito protetto e che camminavo mano nella mano con Dio. Per questo non ho deviato e ho agito invariabilmente entro i confini della giustizia e del diritto. Se lo avessi fatto, avrei chiesto a Dio clemenza”.

“Neanche l’11 aprile, il momento più importante della mia vita in polizia e che ha determinato un’interruzione della mia carriera, mi sono allontanato dal cammino che avevo tracciato per agire correttamente e del tutto conformemente alla legge”.

È vero, la sua carriera amministrativa ufficiale è stata stroncata, ma non la sua vita come avvocato di prestigio e bravo poliziotto.

La chiave: equilibrio e pace

Si è trattato di una parentesi, come tante nella vita. Quello che non ha mai abbandonato è il suo servizio al Paese e a tanta gente che lo cerca come professionista della sicurezza in un Venezuela che ha raggiunto picchi impensati di violenza, sequestri, aggressioni e omicidi.

Miguel lamenta che molti vedano il lavoro del poliziotto come disprezzabile o come una risorsa per chi non ha molto da offrire. Quante volte abbiamo sentito dire “Mio figlio non ama studiare, non è un bravo sportivo, non so cosa fa nel tempo libero… va bene come poliziotto!”

Si tratta ovviamente di considerazioni dispregiative. “Ritengo che per fare il poliziotto si debba essere preparati molto bene, capaci, e soprattutto bisogna avere una mente e un equilibrio emotivo enorme per poter esercitare questo compito e occuparsi in modo adeguato degli incarichi importanti in cui una tua decisione può avere ripercussioni molto gravi. Bisogna avere grande pace e apprezzamento per l’essere umano, per poter agire sempre con giustizia”, afferma Miguel.

La sua tranquillità è evidente, come anche il rispetto per la vita in un ambiente in cui la morte si affaccia da tutte le parti. E quella serenità la dà solo la fede.

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