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Il calice appartenuto al prete della Resistenza francese trucidato dai nazisti

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Alain Pignel

Timothée Dhellemmes - pubblicato il 05/05/21

L'eroismo del padre Jacques Leclerc, assassinato dai nazisti nel 1944 per aver nascosto dei paracadutisti nel suo campanile, ci è riproposta dall'inattesa scoperta del suo calice. Nel souk di Marrakech!

«È una storia alla Indiana Jones», promette al telefono Alain Pignel. Già produttore nel mondo dello spettacolo e appassionato di Marocco, ha appena risolto un vero enigma.

Nel luglio 2019, durante le sue vacanze a Marrakech, ispezionava in lungo e in largo le affollatissime vie del souk. A sorpresa, un mercante gli mostrò un calice in argento, stile medievale, con un’impugnatura in avorio in forma di corona di spine circondata di fiori di giglio, con delle piccole spine stilizzate in ametista ed ebano, a prolungamento della corona. Sotto il piede del calice una iscrizione: «Jacques Leclerc, 12 ottobre 1941 – Ob SB -».

Subito compresi – è il racconto di Pignel ad Aleteia – che la dicitura “Ob-SB” stava per “Oblato di san Benedetto”.

Turbato dalla scoperta, divenne acquirente del vaso sacro per conto del suo amico Jean-Pascal Duloisy, prete della diocesi di Parigi.

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L’iscrizione sotto il piede del calice: «Ut sint unum. Jacques Leclerc Ob-S.B. – 12 ottobre 1941»

Decine di monasteri contattati

A Parigi il padre Duloisy affidò subito l’oggetto a un orefice per restaurarlo: sarebbe stato quello il calice che mons. Aupetit, arcivescovo di Parigi, avrebbe utilizzato qualche giorno più tardi, per la messa di Natale eccezionalmente celebrata sotto il tendone del circo Alexis Grüss. La storia di questo oggetto di devozione, rimpatriato e restaurato in Francia, è ancora tutta da raccontare, e vi sorprenderà.

A chi è appartenuto il calice? È stato rubato? Ceduto dagli eredi? Perso durante un trasloco? È appartenuto a un monaco? A un missionario?

Davanti all’insistenza del padre Duloisy, che lo pressava perché egli investigasse sulla sua misteriosa scoperta, Alain Pignel mosse cielo e terra per trovare qualche traccia. Il nome “Jacques Leclerc” era ignoto all’arcivescovo di Rabat. Lo stesso si dica per i monasteri magrebini interpellati. Alain Pignel si ricorda:

Allora abbiamo contattato delle abbazie benedettine francesi, come Solesmes, ma non abbiamo trovato niente. Eravamo un po’ scoraggiati.

Una sera, però, nel corso di una conversazione con la vicina di casa, il “giovane pensionato” riciclato in Sherlock Holmes scovò un primo indizio:

Si mise a smanettare con lo smartphone e poi mi disse di avere qualcosa su un certo “padre Jacques Leclerc”, nato nel 1913 e vicario parrocchiale a Dives-sur-Mer (Calvados). Arrestato e torturato dalla Gestapo a Pont-l’Évêque il 4 luglio 1944. Assassinato e sotterrato sommariamente in una fossa comune a Saint-Pierre-du-Jonquet.

Con un rapido calcolo mentale, Alain Pignel escluse l’ipotesi:

1913-1941… vorrebbe dire che sarebbe stato ordinato prete a 28 anni, e per l’epoca sarebbe molto tardi.

Senza farsi illusioni, ma per dovere di trasparenza, l’indomani mattina telefonò agli archivi della diocesi di Bayeux-Lisieux:

L’archivista ritrovò la scheda del prete assassinato. Sì, un prete di nome Jacques Leclerc è nato nel 1913 e morto nel 1944. – Sa quando è stato ordinato? Sì, il 12 ottobre 1941. E lì m’è preso un colpo!

Pignel comprese allora che il calice ritrovato nel souk di Marrakech era appartenuto a Jacques Leclerc, un prete normanno ucciso dai nazisti tre anni dopo la sua ordinazione per aver partecipato alla Resistenza!

Ostile all’occupazione e vicino alla Resistenza

Ma che ruolo avrebbe giocato, esattamente, padre Leclerc nella resistenza? E come ha fatto il suo calice a finire in Marocco? Grazie all’archivista della diocesi di Bayeux, nonché all’associazione Un fleuve pour la liberté, la Dives, che lavoro proprio alla memoria dei resistenti di Dives-sur-Mer, Alain Pignel è riuscito a ricostruire la vita di padre Leclerc. Figlio unico, perse il padre nel 1936 e la madre alla fine del settembre 1941, pochi giorni prima della sua ordinazione. Ritenuto assai vicino ai parrocchiani, divenne cappellano del centro Jeunesse. Quando ancora era vivo, Marcel Vauvarin – che era stato suo chierichetto – raccontava che padre Leclerc aveva recuperato un cinturone di un soldato tedesco e aveva sostituito la croce uncinata con una croce scout, lasciando però il motto “Gott mit uns” (Dio è con noi). Il prete aveva pure accettato di battezzare un ebreo per evitargli la deportazione.

Il calice trafugato dall’amante del capo della Gestapo

Il 3 luglio 1944 – prosegue il racconto di Alain Pignel – la Gestapo arrestò un gruppo di resistenti a Dives-sur-Mer, tra cui padre Jacques Leclerc, che probabilmente era stato denunciato: era accusato di aver nascosto dei paracadutisti nel campanile della sua chiesa.

Fu poi straziato di nerbate a Pont-l’Évêque prima di essere assassinato e gettato in una fossa comune con altri 27 resistenti. Il suo breviario, ritrovato nelle sue mani aperto alla pagina del 9 luglio, permise di identificare – due anni più tardi – il corpo del prete. Ancora oggi una targa sul muro del Secours catholique di Caen ricorda che gli edifici attuali sono stati costruiti grazie a un lascito testamentario del reverendo.

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Sul muro del Secours Catholique di Caen, una targa ricorda che gli edifici attuali sono stati costruiti con un lascito testamentario di padre Leclerc

Continuando le sue ricerche, Alain Pignel ha poi trovato il numero dell’ex parroco di Dives-sur-Mer:

È stato però formale: non ha mai sentito parlare di un calice che sarebbe stato rubato anni fa nella sua chiesa.

È stato Toni Mazzotti, un appassionato della storia di Pont-l’Évêque, a metterlo sulla pista di una certa Madeleine, amante di Heinrich Meier, capo della Gestapo di Rouen.

Nel 1944 quella donna è fuggita in Germania con l’amante e col vice di quest’ultimo, che aveva fatto strage a Pont-l’Évêque. Anche lui aveva un’amante francese, la tristemente celebre Marie-Clotilde de Combiens, famosa per aver contribuito a razzie, arresti e interrogatori.

Negli archivi del dipartimento di Calvados, Alain Pignel avrebbe ritrovato una nota dei servizi d’informazione francesi in Marocco (che nel 1944 era sotto protettorato):

Ho scoperto che quando il vento ha cominciato a cambiare le due donne sono fuggite in Algeria, poi in Marocco, dove nel giugno 1945 sono state arrestate.

Al momento dell’arresto stavano recandosi a Marrakech.

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Jacques Leclerc all’età di 12 anni

La fine della storia resta da scrivere. La tomba di padre Jacques Leclerc, che versava in uno stato pietoso nel cimitero di Dives-sur-Mer, sarà nelle prossime settimane oggetto di un restauro grazie alla sottoscrizione lanciata dalla già ricordata associazione Dives. Una targa in marmo sarà posata sulla sua tomba il 12 ottobre 2021, precisamente ottant’anni dopo la sua ordinazione sacerdotale.

In famiglia – ha dichiarato ad Aleteia Jean Leclerc, trisnipote di padre Leclerc – non sapevamo niente della storia del calice, ma chiaramente mi ha commosso venirne a conoscenza. Conoscevo il nome e il volto del mio antenato grazie a un ritratto che si trovava nella mia casa di famiglia quando avevo 15 anni. Era in clergyman, e sapevamo che era stato fucilato dai Tedeschi. Oggi però – lamenta infine – quel quadro è scomparso.

La sola foto di padre Leclerc oggi superstite risale al 1925: era in grembiule da scolaro e sognava di diventare militare. Sarebbe diventato martire della resistenza 19 anni più tardi. Nel 1948, padre Leclerc ricevette i gradi di sotto-luogotenente in memoriam.

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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