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Emozioni e “trucchetti da santi” (3/5): superare la paura con Ignazio di Loyola

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Mary Long I Shutterstock

Mathilde De Robien - pubblicato il 08/05/21

Come i santi più grandi hanno gestito le loro emozioni? Sulla scia di Edwige Billot (autrice in Francia di “Et si les saints nous coachaient sur nos émotions ?” [Téqui]), Aleteia vi propone di scoprire ogni giorno per cinque giorni un “trucchetto da santo” per orientare un’emozione secondo il cuore di Dio.

«Ho compreso che non potevamo andare a messa lasciando sul sagrato la nostra collera o la nostra tristezza. No. Il Signore ci chiede di andare verso di Lui con tutto il nostro essere», riflette Edwige Billot, sposata e madre di tre figli, impegnata da un decennio nel campo delle Risorse Umane e autrice di “Et si les saints nous coachaient sur nos émotions ?”, comparso in gennaio per le edizioni Téqui. 

Appassionata dalla dimensione psicologica dell’uomo e dalle testimonianze agiografiche, si è convinta che proprio i santi hanno colto meglio fino a che punto Dio desideri raggiungerci nel fondo delle nostre emozioni. Emozioni e relazione con Dio: due facce della medaglia della vita che possono essere unificate. Non si tratta di ignorare le emozioni (reazioni fisiologiche del nostro corpo a un evento), ma di accoglierle, di comprenderle per rivolgerle verso una buona direzione. Se le emozioni possono farci traballare, esse possono anche – se guardiamo alle vite dei santi – permettere di crescere, di progredire e di prendere buone decisioni. 

Fare quanto sta in noi e lasciare il resto alla Provvidenza 

Vivere nel presente, fare quel che si può e avere fiducia in Dio sono tre leve potenti per vincere ogni sorta di paura. 

In primo luogo, è cosa buona sforzarsi di vivere nel presente. Secondo Sant’Ignazio, «l’ansietà e l’inquietudine di spirito non piacciono affatto a Dio». Prospettarsi scenari catastrofici, essere in apprensione per il domani, angosciarsi davanti all’ignoto sono cose che facciamo a partire da dati non completamente reali e che possono solo amplificare la paura. Inoltre, l’angoscia del futuro può paralizzarci e impedirci di vivere. Il rimedio? Scegliere la fiducia e rimettersi alla divina Provvidenza, non ciecamente ma dopo aver fatto tutto ciò che sta a noi. In una lettera risalente al 1555, cioè a un anno dalla sua morte, Sant’Ignazio ha trovato le parole per calmare ogni paura: 

Mi sembra che dobbiate risolvervi a fare con calma quel che potete. Non siate affatto inquieto, ma ma abbandonate alla divina Provvidenza ciò che non potete compiere da voi stesso. 

Sono gradite a Dio la nostra cura e la nostra sollecitudine, ragionevoli e opportune per condurre a buon fine gli affari di cui abbiamo il dovere di occuparci. L’ansietà e l’inquietudine di spirito, però, non piacciono affatto a Dio: il Signore vuole che i nostri limiti e le nostre debolezze poggino sulla sua forza, sulla sua onnipotenza; Egli vuole vederci credere che la sua bontà può supplire all’imperfezione dei nostri mezzi. 

Quanti si caricano di numerosi affari, anche con retta intenzione, devono risolversi a fare semplicemente quanto è in loro potere, senza affliggersi se non riescono a realizzare tutto come vorrebbero. A condizione, beninteso, che abbiano compiuto tutto quanto la natura umana può e deve fare secondo le indicazioni della coscienza. 

Se occorre lasciare da parte alcune cose, bisogna armarsi di pazienza e non pensare che Dio esiga da noi quel che non possiamo fare: Egli non vuole neppure che l’uomo si affligga per i suoi limiti. Posto che si dia soddisfazione a Dio – cosa più importante del dare soddisfazione agli uomini –, non è necessario affannarsi oltremodo. Soprattutto quando ci si è sforzati di fare del proprio meglio, si può abbandonare tutto il resto a Colui che ha il potere di compiere tutto ciò che vuole. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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