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I pericoli dell’attivismo nella vita interiore

TRUDNA SYTUACJA

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Jean-Michel Castaing - pubblicato il 12/05/21

È cosa lodevole lavorare per Dio, ma attenzione a non ricadere nell’attivismo – come se volessimo “dimostrare di meritarci” la salvezza. Cerchiamo piuttosto di consolidare il nostro essere interiore prima di lanciarci nelle opere esteriori.

Tra tutti i lacci del diavolo che cercano di farci dimenticare Dio, l’attivismo è uno dei più insidiosi. Si tratta di un complesso spirituale che si radica nel legittimo proposito di lavorare alle opere di Dio. Il demonio, che è tutto fuorché sciocco, non attaccherà mai frontalmente un credente convinto per indurlo ad abbandonare la vigna del Signore. Al contrario, utilizzerà perfidamente il suo zelo per allontanarlo insidiosamente da Dio. Come? Persuadendolo ad agire senza posa, a disperdersi in tutte le direzioni. In questo modo, il Maligno cerca di persuadere il credente convinto che più si dimenerà a destra e a manca e più contribuirà alla gloria di Dio. 

Il diavolo, lusingatore della nostra inferiorità 

Che cos’è che induce il diavolo a questa tattica? Per comprendere le ragioni dello stratagemma diabolico è necessario risalire più a monte, alle fonti delle motivazioni che lo spirito malvagio ha nei nostri riguardi. Da una parte il demonio, nella sua superbì, è persuaso che la nostra promozione battesimale sia immeritata e che egli solo sia degno di onori divini; d’altra parte, per lusingarci e fraudolentemente trascinarci nella sua caduta, intende lavorare per trasformare i figli adottivi del Padre – quali noi siamo – in… lavoratori infaticabili! 

Agendo in tal modo, lo spirito malvagio desidera farci dimenticare che da noi Dio si aspetta anzitutto che intratteniamo con Lui una relazione filiale. Ora, questa relazione col Creatore implica due cose: anzitutto riconoscerLo come Padre, quindi acconsentire al nostro status di figli di Dio. E allora, prima di lanciarci di gran carriera nella missione, Dio ci chiede di confortare la nostra interiorità spirituale. Prima di agire, si tratta di essere. 

L’attivismo genera stanchezza, dubbio e disperazione 

È per contrastare il primato dell’interiorità sull’attivismo che il demonio ci spinge ad agitarci in ogni senso. A tal fine egli tenta di persuaderci che la nostra filiazione divina, derivata dall’adozione filiale in Gesù Cristo – cosa della quale è sommamente geloso –, sia data sugli sforzi che metteremo in campo per meritarla. Ed ecco l’errore di principio dell’attivismo, perché la nostra dignità battesimale è pura grazia da parte di Dio. Non sono i nostri sforzi che ci hanno ottenuto lo statuto di figli di Dio, ma la grazia di Cristo e la nostra fede in lui. Non si tratta di comportarci come dei servi tutti presi dalle molte faccende domestiche, ma come dei figli che per fede certa sanno che il Regno è in mezzo a loro, è la loro casa, insomma come dei figli che nella casa del Padre si sentono a casa loro. 

Risalendo a monte di questa salvezza per grazia, cioè gratuita, il diavolo desidera che ci guadagniamo il paradiso con la forza delle nostre braccia, sapendo peraltro benissimo che da noi stessi non ci arriveremo mai. Ciò fatto, il Maligno prende due piccioni con una fava: da una parte lusinga il nostro orgoglio insinuandovi l’idea che il Regno sia alla portata della nostra eccellenza; dall’altra parte, sapendo che tale impresa è fatalmente votata allo scacco, egli prepara la via alla disperazione e all’abbandono. 

Nel Regno non c’è permesso di soggiorno temporaneo 

Ecco perché l’attivismo è pericoloso: genera turbamenti e angoscia (saremo all’altezza del nostro statuto di figli di Dio?). Se non comprendiamo che la grazia di Dio ci precede resteremo sempre nel dubbio, in merito al nostro rapporto con Dio, e non cesseremo di chiederci “siamo a casa nostra, in casa del Padre, oppure siamo degli estranei tollerati e accolti per via dei servigi che rendiamo?”. Gesù ha perfettamente riassunto la differenza tra il figlio e chi non è se non un lavoratore esterno: «Il servo non è sempre nella casa [del Padre], il figlio ci resta per sempre» (Gv 8,35). Darsi all’attivismo è un segno che restiamo convinti di dover dimostrare qualcosa, come se non fossimo sicuri della nostra appartenenza alla casa paterna. Invece è Dio che ha fatto di noi i Suoi figli, non siamo noi che a forza di lavori ci siamo guadagnati un permesso di soggiorno in casa Sua! 

Lasciare che Dio agisca in noi (senza passività da parte nostra) 

Dio resta il primo operaio della rigenerazione del nostro essere interiore. Anche il cristiano deve lasciarLo agire prima di intraprendere grandi opere da parte sua. A questo punto però non si illuda che questa cosa sia facile! Per quanto possa sembrare paradossale, lasciare che Dio agisca in noi richiede da parte nostra degli sforzi. Quante resistenze infatti ci tocca vincere per accogliere il dono di Dio! Non basta credere in Dio: dobbiamo anche essere persuasi che abbiamo bisogno di Lui! 

Ciò presuppone che portiamo su noi stessi uno sguardo lucido e verace, e una tale chiaroveggenza non è sempre facile, visto quanto siamo abituati a consegnare agli altri (ma pure a noi stessi) un’immagine di noi stessi lusinghiera e gratificante, ma… falsa! Per accogliere la grazia divina nelle condizioni migliori, è necessario prima di tutto vincere la nostra ripugnanza a considerare le grazie ricevute come altrettanti doni gratuiti, mentre la nostra mentalità da clienti (che-hanno-sempre-ragione) ci spinge a concepirli come una cosa dovuta, un diritto inalienabile. La salvezza di Dio ha un bell’essere gratuita: accoglierla richiede da parte nostra uno sforzo su sé stessi a causa della nostra presunzione, come se Dio fosse nostro debitore. Ecco che cosa dovrebbe colmare il nostro desiderio di fare qualcosa, a qualunque costo! 

Agire come fratelli 

Certamente Dio ci chiede di lavorare nella Sua vigna. Egli però desidera che lo facciamo in quanto figli, non come servi che attendono un salario. Il principale difetto dell’attivismo risiede in questo oblio della nostra dignità filiale. Il figlio lavora per gli interessi paterni, senza pensare a sé: e quali sono gli interessi del nostro Padre celeste? Che tutti gli uomini siano salvati. E così i nostri lavori saranno pienamente coronati da successo, quando avremo interiorizzato la fraternità essenziale che ci lega agli altri abitanti della casa paterna, e quando cominceremo ad agire in funzione di essa. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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