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Ilaria Della Bidia: una voce portentosa, una fede che conquista

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© Ewa Kabza | Photo Courtesy of Ilaria Della Bidia

Paola Belletti - pubblicato il 27/05/21

Un'artista completa, Ilaria, e una donna dall'energia vitale travolgente; ma anche un'anima che ha sofferto e che dal dolore ha imparato ad aprirsi a Dio e agli altri. Guest Artist per Andrea Bocelli dal 2011, è grata di questa partnership non solo dal punto di vista artistico ma anche umano e spirituale.

Buongiorno cara Ilaria, grazie della disponibilità a parlarci di te. Puoi raccontare per i nostri lettori di Aleteia For Her chi sei e di cosa ti occupi?

Sono Ilaria Della Bidia, sono nata a Lucca e mi sono diplomata in pianoforte al Conservatorio “L. Boccherini” sotto la direzione di Maria Gloria Belli; nel 2002 mi sono trasferita a Roma per le prime collaborazioni in tv. Mi dovetti diplomare a cavallo delle due città, un’impresa non facile. Fondamentale fu l’aiuto della mia insegnante di conservatorio. 

Sono una musicista: canto, suono e compongo. Nel mondo della musica pop si sente spesso dire che serva poco studiare in accademie o conservatori, come se avesse un valore esclusivo imparare “sul campo” ma non è così. Credo invece nella grande importanza dello studio e della professionalità. Il giorno del mio diploma lo ricordo come uno dei più belli della mia vita umana e artistica. 

Ho studiato canto a Roma con Antonella De Grossi; la composizione invece l’ho sviluppata da sola grazie però agli studi accademici ed è la parte più affascinante del nostro lavoro. Ho trascorso molti anni della mia vita sul palcoscenico: amo la musica dal vivo e il contatto con il pubblico.

Devo dire che dopo tutto questo silenzio (la mancanza di esibizioni in pubblico, Ndr) imposto dal Covid non so quasi più parlare. (sorride). Manca la relazione che del nostro mondo è il pane.

Ora scrivo a favore di pubblico: Ilaria, invece, anche solo sentendola al telefono, mostra una forza espressiva che coinvolge nel profondo: comunica e lo fa quasi consegnando se stessa, con intensità.

Che cosa bolle in pentola in questo momento nella tua vita artistica?

Sono in uscita due miei album, uno di cover, The Music of My Heart (with love) -uscito a metà aprile, e uno di inediti. Il primo album di evergreen raccoglie alcune delle canzoni più belle di tutti i tempi; occupano nel mio cuore un posto speciale, colonne sonore di viaggi, incontri e ricordi preziosi.

Il fil rouge che lega i pezzi?

Sono canzoni d’amore. Amo cantare l’amore in ogni forma, meditarlo, raccontarlo… e nell’attesa dell’uscita del mio album di inediti questo è l’occasione di presentarmi al pubblico. Di fatto prima di ora su Internet non c’ero, è il mio primo album pubblicato in digitale.

Non eri su internet perché eri parecchio nel mondo reale, vero?

Forse sì! Viaggiando molto ho incontrato diverse culture e tradizioni e ho potuto confrontarmi con i suoni di diverse lingue. Ho cantato in ebraico, russo, arabo, swahili; vedo il mondo come un diamante e amo osservarlo e nelle sue molteplici sfaccettature, attraverso le relazioni, i riti, la spiritualità.

Una volta ho partecipato ad una Messa in Libano: era tutta in arabo ma le sequenze erano riconoscibili ed è stato meraviglioso seguire quei suoni così diversi e vicini.

Un’altra volta invece mi trovavo a Seul, in Corea del Sud. Era domenica e nel cercare una chiesa mi sono imbattuta in una comunità cristiana, credo presbiteriana, che si riuniva in un piccolissimo spazio.

Scoprii che erano molto felici di accogliere un cattolico; del coreano sapevo una sola parola, imparata per il concerto della sera. E sai cosa continuava a ripetere il pastore durante tutto il sermone? Proprio quella:Gamsahamnida, che significa grazie, era un’omelia sulla gratitudine.

Leggo nella tua bio sul sito che conti numerose collaborazioni – che prima accennavi- per la tv tra Rai e Mediaset, per il cinema, la radio, il teatro: Buona domenica, Domenica In, Casa Raiuno, La Corrida. E poi la collaborazione con Giorgio Panariello per lo spettacolo “Ogni maledetta domenica” e con la mitica squadra del Ruggito del Coniglio di Radio2…fino ad una svolta.

Sì, le collaborazioni sono molte e diverse, tutte molto stimolanti, ma credo tu ti riferisca alla grande svolta dell’incontro con il maestro Andrea Bocelli. 

Mi ascoltò cantare assieme alla mia band in un locale della Versilia e al termine della serata, con sua moglie Veronica Berti, mi propose di esibirmi con lui come Guest Artist, invitandomi nei suoi concerti e tour nel mondo a cantare in duetto e come solista pop.

E’ vero che quando ti contattarono telefonicamente per il primo concerto pensavi fosse uno scherzo della tua band?

Sì sì, è vero. Non ci ho creduto e per i primi 5 minuti di conversazione ero certa si trattasse di un loro scherzo. Dicevo tra me “Via ragazzi, basta!” (poi quando la conversazione è scesa nei dettagli  di voli aerei, orari e date ho realizzato che non era uno scherzo ma una nuova meravigliosa porta che si stava aprendo) .

Cosa ha significato per te iniziare questa partnership artistica?

L’incontro con Andrea Bocelli, nel 2011, è stato ed è tuttora un dono prezioso per la mia vita, non solo per il valore artistico che comporta esibirsi al fianco del tenore più amato al mondo ma direi soprattutto per il tesoro umano, spirituale e artistico che ha condiviso con me in questi anni.

Un primo inaspettato regalo: mi ha fatto conoscere Chiara Amirante e la realtà di Nuovi Orizzonti. Aveva da poco scritto la prefazione al libro di Chiara “Solo l’amore resta”, me ne parlava con grande entusiasmo e mi invitò a leggerlo. Accolsi l’invito per educazione, lo lessi e …si è rivelato una cascata di grazia, mi ha illuminato la vita.

Ero in passeggiata nel mio paese, entrai nella chiesetta che è sempre aperta, e mi trovai davanti al crocefisso di legno, visto decine di volte. In quel momento per me era come nuovo, lo sentivo vivo. Mi rivolsi a Lui: “ma parliamo davvero di te?” e lo sentii amico. Leggendo la storia di altri, soprattutto la testimonianza di Chiara … tutto era improvvisamente così reale. “Ma davvero sei così vivo? Davvero ti puoi manifestare così nella vita? Sì…”, dicevo.

Non dovrebbe stupirci ma ciò che salva e avvince tutti, persone famose e non, è solo Cristo.

Ad Andrea lo dico sempre: mi sei maestro in arte e spirito. Lui, che a queste parole minimizza con imbarazzo (è la bellezza dell’umiltà che lo contraddistingue), ne è contento, perché è un cristiano rinnovato; personalmente sa cosa vuol dire perdersi nelle strade del mondo e quanto sia prezioso ritrovare la fede.

Non si tira mai indietro e mostra con la sua vita quanto è vera la fede cristiana. Come Cavaliere della luce si impegna a testimoniare la gioia della resurrezione sperimentata nella propria vita.

“Maestro in arte e spirito”, hai detto. E sono livelli distinti, questi due, o si richiamano l’uno con l’altro?

Lo stile con cui Andrea canta non è solo professionale, è un vero e proprio modo di vivere.

Ho imparato che il modo in cui canti è il modo in cui vivi e ami. E’ il viaggio più bello che puoi fare dentro di te con i doni che il buon Dio ti ha fatto.

Ora so per certo che essere un artista non è tanto una scelta ma è la risposta a una chiamataÈ un percorso vocazionale: significa magari non avere bene chiaro dove sei ma essere certi di trovarsi proprio dove Dio vuole che tu sia.

Un vero cristiano non può avere solo amici cristiani, ci dobbiamo liberare da certe etichette.

E a proposito di etichette. Di quelle che ti collocano entro un certo genere musicale cosa pensi?

Io non ho una collocazione specifica – artisticamente parlando; compongo pop, colonne sonore per film, documentari, canto musica leggera, suono musica classica, ma compongo anche testi e musica cristiana, pur non essendo legata in modo esclusivo alla Christian music

Sono convinta che non dobbiamo chiuderci dentro a etichette ma dobbiamo restare aperti per incontrare TUTTI. C’è un mio brano, ancora inedito che uscirà nel nuovo album, che si chiama Gold.

Lo definisco un dipinto in musica, poiché mostra senza spiegare: porta un messaggio profondo, ma, come in una parabola, lo fa quasi segretamente. Mi sono ispirata al significato dei colori nelle icone sacre: l’oro, nella scrittura delle icone, è simbolo della luce e della presenza di Dio.

In questo brano si racconta quanto la vita sia preziosa in tutte le sue esperienze rappresentate dai diversi colori, dice: “Vai e dipingi la tua vita con tutti i colori che hai” (dalle parole di Giovanni Paolo II “Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro”); e rivela poi “un segreto” capace di fare di questo dipinto una vera opera d’arte. E’ “la pennellata d’oro”: il battito del proprio cuore, il vero colore della tua essenza, un sorriso, uno sguardo che ama… Capisci che l’oro è la sinfonia dell’amore, è Dio.

Penso quanto sia bello parlare le lingue del mondo; parlare a tutti, arrivare a tutti. Siamo cristiani, non siamo una religione:  siamo amanti di una Persona.

Si tratta di un incontro con una Persona viva e presente ora

Quanto è bello, se ci pensi! Abbiamo appena celebrato la Pentecoste, veniamo dal lungo tempo di Pasqua: Cristo si è spogliato di tutto, anche del suo nome, in qualche modo. Chi siamo noi per esercitare una prepotenza sugli altri perché incontrino Dio come vogliamo noi? A noi spetta testimoniarlo con la nostra gioia. Offrire amore e accoglienza e lasciare aperte le vie che Dio vuole percorrere. 

Anche per questo motivo il tuo repertorio e la tua espressività sono vari, multicolore?

Mi trovo a cantare una preghiera come  

ma anche 
o
. E’ sempre una gioia portare pace in un cuore o anche solo un po’ di leggerezza. Un sacerdote a Medjugorje mi disse “non smettere di cantare anche cose non di Chiesa, è un’arte di Dio portare gioia“. Mi ha detto “vai libera, c’è la Sua presenza in ciò che fa stare bene i fratelli”.

Trovo sia meraviglioso poter risvegliare negli altri, attraverso la musica popolare, il desiderio di bellezza e quella fiducia che è anticamera della fede.

Tuttavia ho scoperto negli ultimi anni una vocazione nella vocazione. Accolgo con entusiasmo molte proposte di musica cristiana. Nella mia vita ho da sempre desiderato acquisire tutti gli strumenti professionali per portare questa competenza nella musica cristiana in Italia, proprio come ci insegnano dall’estero. Quando da piccola ascoltai

rimasi incantata. Perché qua non cantiamo così pregando, mi dissi?

E così appena mi si presentò l’occasione, nel 2013, ne realizzai un testo in italiano e la incisi (col supporto e l’arrangiamento del maestro Attilio Di Giovanni). E’ stato l’inizio di una nuova era. Donato a Nuovi Orizzonti Music per l’album “Only Love Can” è disponibile anche in digitale su Spotify, Deezer, ecc.

La Christian Music italiana sta evolvendo verso il pop coinvolgendo sempre più artisti professionisti, case di produzione e giovani talenti e ne sono molto felice. 

Quando ripensi alla bambina cresciuta nella periferia di Lucca e guardi alla donna che sei oggi, alla carriera, ai talenti, cosa vedi?

Una profonda gratitudine mi riempie il cuore. Ho ricevuto molte più grazie di quelle che pensavo di meritare e molte di queste non avevano l’aspetto della luce quando si sono presentate. Ci sono state prove difficili ma la mano di Dio mi ha raccolta proprio là dove mi sono arresa.

Puoi raccontarci qualche snodo significativo di questo cammino?

Leggendo la mia vita vedo un “calendario fitto di appuntamenti” preparati da lassù. E’ commovente vedere come la Sua mano, allora invisibile, mi abbia guidato anche nei momenti più bui: da piccola ho conosciuto la sofferenza. Nonostante le premure da parte dei miei genitori, ho sofferto il trauma da abbandono quando si sono separati e avevo solo 4,5 anni. A 13 mi sono chiusa in una galleria buia di paure, depressione e ansia. I miei genitori hanno fatto tanto, i dottori dicevano che non volevo crescere, io sentivo solo vuoto e profondo disagio, avevo pensieri ossessivo-compulsivi.

Ricordo che un giorno in una chiesetta a Chamonix, in villeggiatura con i miei a soli 13 anni, mi trovai in ginocchio a parlare con Dio, gli dissi con piena franchezza

  “io questa vita non so a che mi serve, non ci vedo alcuna luce, ma se tu credi che abbia un qualche valore allora prendila Tu”.

E ti ha risposto?

Sì, e da lì sono scaturiti tanti doni: primo tra tutti la fede, il desiderio di stare con Lui, di cercarlo e ascoltare la sua Parola.

E’ incredibile ma non ho molti ricordi prima di quel momento, mentre dopo ho iniziato a fare tesoro di ogni parola. Potrei chiamarlo il dono dell’ascolto, insieme al dono della fiducia. Ricominciai a parlare ed esprimere quello che sentivo, fondamentale per la guarigione. E poi si accese il desiderio di dare gioia agli altri e di far sapere a tutti che nessuna galleria è troppo buia.

I pensieri ossessivi-compulsivi, la depressione e l’ansia, li hai superati del tutto? 

Sì, completamente! Non è stata una guarigione istantanea ma graduale, il Signore mi ha veramente raccolta. E tutt’oggi mi stupisco ripensando a com’ero: una che aveva paura di incrociare uno sguardo o di uscire a portare l’immondizia a pochi metri da casa. Ora so che cosa Lui aveva in mente per me: i viaggi nel mondo, gli incontri, ma soprattutto questa serenità e il desiderio dell’incontro con l’altro. Se pensi che ho guidato pure la macchina a Beirut, da sola, senza navigatore nel traffico di quella città e che ho guadato il fiume ad Haiti a piedi nudi di notte nella jungla per raggiungere la scuola di Saint Augustine e visitare le missioni di ABF (Andrea Bocelli Foundation)

Perché attribuisci al Signore questa guarigione?

Perché è umanamente impossibile una tale trasformazione. Non potevo conoscere la strada né avere quella forza solo in me stessa.

E soprattutto perché non ha cancellato la mia debolezza: l’ha amata e l’ha usata per il bene. Ha usato quella fragilità per costruire una fortezza di desiderio di vivere, di trasmettere gioia. Ha edificato quella sofferenza riempiendola di senso.

Come alimentavi la tua fede vivendo nel mondo della musica?

Non è stato semplice; nel mondo dello spettacolo in generale c’è molto scetticismo. Ho incontrato tante persone non credenti, deluse dalla vita e dalla Chiesa. Mi sono sentita dire di tutto e la mia fede ha vacillato: ma anche questo è stato un dono, Lui non mi ha mai abbandonata.

Come si è reso vicino?

Ha usato una tecnica precisa, buffa ai miei occhi. Ha giocato a nascondino con la mia curiosità; io la chiamo “Parola su appuntamento”

Ovunque mi trovassi, se entravo in una chiesa, c’era sempre la risposta alla domanda che sentivo proprio in quel momento o che era balenata nei miei pensieri in quei giorni.

Mi fai un esempio?

Una volta mi dissi: chissà come mai nel Padre nostro si dice “non ci indurre in tentazione”? Mica ci induce in tentazione, è nostro Padre!

Essendo spesso in giro per lavoro, cercavo una messa a seconda di dove mi trovassi. E a poche ore da quel pensiero, in quella messa il sacerdote nell’omelia rifletteva esattamente su questo: il Signore non ci spinge mai in tentazione. Oh…quello fu proprio un appuntamento!

Oggi non mi vergogno di dire a tutti, credenti e non, che la Parola del giorno è più “puntuale” di un oroscopo, più personale e sincera, perché si sposa davvero con la tua giornata, con la tua vita.

Mia madre mi ha messa al mondo pregando il rosario durante le doglie e mi ha fatta nascere di nuovo tante volte grazie al suo ascolto profondo. Racconta che pregava così “Signore, dammi tu le parole!” e io credo che la ispirasse. Mi diceva: “Ilaria, un domani, quando vedrai qualcuno soffrire, tu potrai riconoscerlo, consolarlo e dire ‘guarda che ce la fai’; se il Signore permette tutto questo deve essere per il tuo bene”

In effetti mi ritrovo il dono di una particolare empatia: sento le altre persone, percepisco cosa vivono, che cosa le fa soffrire. A volte diventava difficile perché avrei voluto aiutarle subito, trovare la soluzione. Ma poi ho capito che spesso bisogna solo accoglierle, aspettando al loro fianco che il Signore le attragga per guarirle nel suo amore.

Questo è il girl power che ci piace. E’ proprio tipico di una personalità femminile piena la capacità – paradossale- di fare spazio all’altro. Mi hai fatto pensare al pensiero di Edith Stein, che dice proprio quanto la donna sia orientata alla persona, a farla nascere e crescere, non solo in senso biologico.

Come nutrivi la tua fede in quegli anni un po’ duri di solitudine?

Beh il secondo step prezioso è stato intorno ai 30 anni, un vero e proprio rinnovato incontro: ero un po’ stanca.

Da piccola chiedevo di portare luce dove c’era buio ma il Signore doveva aver preso troppo sul serio quella preghiera e ad un certo punto mi sono trovata molto stanca; ero circondata da gente senza fede, avevo finito la luce e avevo fame di condivisione. Ovviamente mi è venuto in aiuto.

Don Luigi Trapelli, parroco a San Benedetto di Lugana, a Peschiera del Garda (VR)….

(irrompo con grida di entusiasmo: questa parrocchia è a circa 3 km da casa mia!)

…ebbe questa bella idea da “Chiesa in uscita”. Ogni mese veniva a Roma a incontrare gli artisti. Si trattava di serate artistico-spirituali in cui ogni artista dava il suo contributo al tema proposto. Eravamo circa 50: credenti o meno alla fine don Luigi “raccoglieva” tutto intorno a Cristo con la Santa Messa. Anche grazie a questo ho scoperto che essere artisti è una vocazione.

Insieme a me in questo gruppo mia sorella Vania Della Bidia, che è un’attrice. Con lei (a proposito di Girlpower!) abbiamo messo in scena il concerto-meditazione

un cammino per vivere dentro di noi la maternità di Maria.

Posso dire che una volta acquisita la tecnica è stata la preghiera ad insegnarmi “davvero” a cantare perché ha connesso il talento con la volontà di Dio.

Ci sono altri appuntamenti fissati dal Cielo in questo tuo viaggio?

Davvero molte circostanze mi hanno condotta qui: in concomitanza a questo cammino del gruppo artistico-spirituale, fondamentale è stato l’incontro con il Vangelo della Gioia, nel carisma di Chiara Amirante, di cui Andrea Bocelli è stato felice complice.

Quando ho scoperto Nuovi Orizzonti non credevo ai miei occhi: c’erano dei matti come me che avevano il coraggio di annunciare che nelle tenebre si può spalancare la luce più grande, pazzi di gioia e di gratitudine. Una famiglia il cui motto è “E gioia sia e che sia piena!” è proprio la mia!

Per quanto la mia vocazione artistica si stia muovendo anche verso la musica cristiana, vorrei sempre mantenere la “duplice parola”, che parli a chi è vicino e a chi è ancora lontano. Tutti sono attratti dalla bellezza e dai frutti della presenza di Dio, anche se ancora non lo riconoscono.

Siamo appena passati dalla Pentecoste: per me questo è il senso del parlare tutte le lingue, nel desiderio di arrivare a più persone possibile e alimentare sempre il dialogo anche quando, come mi è capitato, questo comporta – dolorosamente – chiamare il Signore in un altro modo.

In che senso, parli di “camuffarlo”? ti è capitato di sentire di travisarlo o di tradirlo?

Sì esatto….Ti racconto un episodio: mi trovavo a Taipei, Taiwan; erano con me l’interprete e il suo ragazzo. In metropolitana il ragazzo comincia a confidarsi, mi dice della sua crisi spirituale; a un certo punto dichiara “allora una religione vale l’altra!”.

Mi addoloro per lui allora comincio a raccontargli di Gesù. “Vai a leggere qualcosa di Lui”, gli dicevo.  “Non devi per forza credere che sia Figlio di Dio ma vedrai che dice cose interessanti”. Ma dentro di me dicevo: “che terribile testimonianza, Signore che ti sto offrendo! ti sto riducendo a un filosofo qualsiasi!”

Però più di ogni cosa non volevo perdere questo fratello e forse, pensavo, in quel momento lui poteva “reggere” solo quelle parole che però riducevano il Signore. Nello scendere dalla metro la ragazza, che aveva sentito la conversazione, mi rivolge un sorriso strano e mi indica una scritta a caratteri cubitali su un edificio:

“Ilaria, lo sai cosa dicono quei quattro ideogrammi? “Je su ai ti” e cioè  “Gesù ti ama”.

Era una scritta enorme, smisurata, in un paese in prevalenza buddista. In quel momento è stata una carezza. Si è spogliato di tutto, non importa come lo portiamo, Lui arriverà, perché ci ama oltre ogni nostra incapacità.

In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati. (Atti 4, 12)

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