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Barbie supertruccate e sexy, Sonia le riporta alla bellezza naturale

SONIA SINGH, DOLLS

Tree Change Dolls | Facebook

Annalisa Teggi - pubblicato il 01/06/21

Sì, siamo qui a struccare le bambole. Come Sonia Singh che cancella un modello ipersessualizzato proposto alle bambine: strucca le Barbie e le riporta alla bellezza acqua e sapone.

Specchio delle mie brame…

Less is more vale dappertutto ma non dove conta davvero. Nel grande palcoscenico social vale la regola del più ostenti, più sei: è il tripudio dei filtri che smussano e ingrandiscono, glitterano e ringiovaniscono. Non a caso il loro simbolo è la bacchetta magica. E non sempre è facile riconoscere una strega da una fata.

Se sulla porta dell’Inferno campeggiava la scritta Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate, io proporrei che per gli under 18 compaia la scritta Specchio, specchio delle mie brame… ogni volta che accedono a Instagram e TikTok. Giusto per ricordare loro che nei regni incantati ci sono tante belle cose, ma c’è anche il castello della strega.

WOMAN, MAKE UP, MIRROR

E si sa, la magia è fatta di trucchi. Sono illusioni, possono essere trappole.

La storia di Sonia Singh è quella di una bravissima struccatrice. Ha scoperto di essere brava a trasformare certe bambole in giochi ancora più belli per le nostre bambine, togliendo loro i caratteri fortemente sessualizzati. In un tempo in cui i tutorial di makeup spuntano come funghi, lei riscrive la favola del volto acqua e sapone.

Il talento di saper struccare

No, non stiamo parlando della nemica giurata di Clio MakeUp. Non è neanche l’inizio di un discorso per bandire mascara e ombretti. E’ invece una storia di bellezza cercata e ritrovata. In un certo senso ‘essere struccate’ è sinonimo di una trascuratezza che non va per forza esaltata. Invece, nella storia di Sonia il gesto di levare il trucco è sinonimo di scoprire, valorizzare una bellezza naturale che l’eccesso di artifici nasconde e stravolge.

Sonia Singh è una donna australiana che nel 2014 ha iniziato un progetto particolare dopo aver perso il lavoro di ricercatrice scientifica al CSIRO.
Sonia ha girato i negozi dell’usato della Tasmania per recuperare bambole vecchie o rotte targate Bratz e Barbie per trasformarle in giocattoli nuovi, più simili a ciò che avrebbe voluto vedere lei stessa sul mercato.

da Password

Qualcuno storcerà il naso nel leggere di una donna che passa dalla ricerca scientifica al fai da te. Ma non ci stanno insegnando, proprio grazie alle Barbie, che noi donne possiamo essere tutto quello che vogliamo? La libertà presuppone una vera varietà nella direzione di movimento. Non è detto un ruolo di riconosciuto prestigio sia per forza ciò che vogliamo essere. C’è chi, come Sonia, dopo un licenziamento ha scoperto un talento che non è codificato come mestiere, ma è diventato un progetto di ampio respiro, di ispirazione per tanti.

Partiamo dal risultato, eccolo:

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Sembra un classico collage del ‘prima e dopo’, ma a rovescio rispetto a tante immagini che si trovano sul web. Di solito il volto acqua e sapone è il punto di partenza e una faccia gonfiata dalla chirurgia estetica è il punto di arrivo. Per non parlare di sopracciglia tatuate e ciglia finte. Di tanti volti reali si può dire che sono bambole. (… e sono tristemente noti i casi di Ken e Barbie umani, gente che investe cifre colossali per assomigliare sempre di più al modello platisticato).

Siamo sicuri che affiancare le foto di una VIP prima e dopo l’intervento al seno e alle labbra sia solo una questione di gossip? Immagino che le più giovani possano patire questo stillicidio costante di bellezza rifatta che trasuda da ogni schermo.

Dunque un circolo virtuoso può cominciare rovesciando gli ultimi tristi traguardi umani. Trasformiamo la Barbie in qualcosa che assomigli di più a una vera ragazza.

Sonia strucca il modello di bambola ipersessualizzata. E non perché sia particolarmente puritana, ma probabilmente perché sa bene cosa significhi giocare con le bambole. In molti, e non è la scoperta dell’America, hanno notato già da tempo che le Barbie e Bratz (loro cugine) sembrano uscite dai paginoni di Playboy. Il gioco è una parte rilevante nella crescita dei bambini, non è un passatempo e coinvolge corpo e anima. Ricordo bene quanto feci penare mia madre perché mi trovasse un costume da mare uguale a Barbie Tropical. Ero sicura che sarei stata felice se mi fossi vestita come lei. Il passaggio dal vestire una bambola al vestire se stessa, dal guardare un’immagine e guardarsi allo specchio è cruciale.

Anche il New York Times ospitò un pezzo sul tema, riferendo le parole di una bimba che disse di non aver mai giocato con le Barbie fino alla scoperta che esistevano quelle struccate e ricreate da appassionate come Sonia.

Struccata non è asessuata

Il progetto della Singh si chiama Tree Change Dolls, e il nome deriva dall’espressione inglese riferita a chi passa dallo stile di vita cittadino a quello campagnolo. Ogni bambola che passa per le mani a Sonia viene lavata e struccata e per ognuna viene pensato un nuovo aspetto, più naturale. I tratti somatici sono ridipinti senza trucco, si pensa a un’acconciatura semplice e anche i vestiti vengono tagliati e cuciti a mano dalla mamma di Sonia. Il risultato è qualcosa a cui è davvero piacevole assomigliare.

Non credo che siamo sono di fronte all’ennesimo esempio di riciclo creativo. Se c’è qualcosa di ecologico in ciò che Sonia fa è proprio nel fatto che struccando una Barbie ipersessualizzata non ne esce qualcosa di asessuato. (… e ci sono quelli che vorrebbero combattere l’eccesso di sessualizzazione infantile a suon di guardaroba neutro, senza più distinzione tra maschio e femmina).

Torno al less is more. Togliere l’eccesso di trucco non è eliminare le evidenze primarie. Struccare è un verbo bellissimo, quando ci riporta al dato di realtà. Meno è di più: la realtà è la più grande conquista che s’intravede all’orizzonte, avanti tutta. C’è da togliere tonnellate di correttori e filtri per scoprire quanto ‘di più’ c’è nella nostra presenza nuda, autentica, imperfetta.

Siamo proprio qui a struccare e pettinare le bambole

E non è una battaglia estetica, men che meno intellettuale. Confesso di aver deciso di scrivere qualcosa prendendo spunto dalla storia di Sonia Singh perché di recente ho saputo di due ragazze, figlie di amici, finite nel bruttissimo tunnel dell’anoressia. Dalla mia nutrizionista avevo avuto conferma, settimane fa, che sono aumentati i casi di ragazzi con gravi disturbi alimentari in seguito alla pandemia: lo stare davanti agli schermi per un tempo così prolungato (causa lockdown) li ha messi a confronto ancora più serrato coi modelli inarrivabili (e falsi) degli influencer.

E il legame simbolico con le bambole struccate mi è balzato agli occhi. Mi unisco al dramma di queste famiglie che stanno accompagnando le loro figlie in un percorso di rinascita difficilissimo. Siamo uniti in questa impresa di struccare. La testa dei giovani è stata riempita così tanto di idoli, da far venire loro il vomito – simbolicamente e non. Rifiutando se stessi, stanno rifiutando l’idea che il mondo non abbia dato loro un ideale credibile per poter dire: “Io valgo”. Altro che L’Oreal, però. Non si tratta di capelli più luminosi e districati.

E’ significativo che Sonia cominci a ri-creare le sue bambole facendo loro il bagno. Le lava, toglie loro di dosso la pesantezza di un makeup che è maschera, illusione, beffa addirittura. Non a caso si dice fare un bagno di realtà. Ecco, facciamolo questo bagno. E l’obiettivo non è uscirne con una nuova filosofia incoraggiante sull’accettare il proprio corpo. Il punto non è “sei bella anche con le occhiaie e qualche chilo di troppo”. Bisogna struccare ancora di più e arrivare al nocciolo: è un dono che tu ci sia.

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