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Nella tensione tra maschi e femmine è scritto un indizio divino

VISO DONNA

LOGAN WEAVER|Unsplash|CC

Emanuele Fant - pubblicato il 03/06/21

Lettera di un professore ad una studentessa che, presentando nella tesina d'esame le teorie di genere, non sa di dare voce ad un grido scritto nei nostri cuori meno che nei nostri corpi di sangue, fianchi morbidi e polpacci muscolosi. L'unità a cui tendiamo passa dalla nostra traversata nel reale pieno di spaccature, pericoli, incomprensioni e meravigliose differenze.

Cara Anna, 

come mi diverto a litigare con te.

Ma oggi, durante la simulazione dell’orale di maturità, ho avvertito una perfetta aderenza, tra il mio e il tuo pensiero. E mi sono preoccupato. 

La cosa incredibile, è che parlavi delle teorie di genere.

Beh, cara Anna, verso la slide numero 7, ho avuto la decisa impressione che quelle ipotesi che tu davi per vere, contengano una radice profondamente umana (quindi trascendente): Dio non ha sesso, e noi guardiamo a Lui come esempio di perfezione

Cara Anna, è evidente che questa tremenda spaccatura che oppone l’umanità da cima a fondo (maschi di qua, femmine di là), ci fa soffrire.

Pensa quanti messaggini fraintesi, quanti Kleenex sprecati, quante porte sbattute, quanti suicidi addirittura, quante delusioni, quante disperate corse dietro ai treni, si potrebbe risparmiare un mondo privo di questa feroce opposizione.

È ovvio che il fatto che siamo ripartiti, non ci fa stare quieti, produce cose anche discutibili come Love Island. È ovvio che un mondo perfetto è un posto senza distinzioni, in cui tutti siamo uno, e non servono le canzoni di Sanremo per dirci quanto stiamo male non potendoci inglobare l’un con l’altro.  

Detto ciò, noi in questa spianata rotta di crepacci, ci siamo. Non è onesto fingere di galleggiare già nell’unità che freme aspettandoci. Possiamo aspirare a raggiungerla, scervellarci per intuirne la via (o lasciarci, semplicemente, trasportare) e per farlo c’è un modo che mi hanno insegnato i poeti (e i profeti): guardarci onestamente intorno, mappare questo inesauribile diorama pieno di spie di un discorso eterno. E tracciare qualche segno sul quaderno. 

Il nostro corpo, a mio parere, è la più banale indicazione: ci segue ovunque. Una femmina ha i fianchi larghi, e me viene da pensare all’accoglienza. Un maschio ha i polpacci marcati, e io mi sono trovato spesso a rincorrere. Sono cose brutte e vincolanti? Esclusive? In sé sono oppressive? No, se non le pervertiamo facendone feticci o monolitici imperativi morali.   

Facciamo come in classe, con i versi di Dante o di Montale. Facciamo che siamo poesie: cerchiamo in noi analogie da cui partire. Se riuscissimo a guardarci al netto delle ferite personali e della storia, saremmo discorsi che si illuminano a vicenda, da parafrasare senza tutto questo timore perbenista. 

Quando saremo tutti quanti Uno solo, non credo sceglieremo tra gonne o pantaloni. La toilette del paradiso avrà un ingresso solamente, e tu ci entrerai trionfalmente, rinfacciandomi che, dopotutto, avevi ragione. 

Dopo tutto. Ma non ora. Niente è ancora superato e la richiesta è di indagare la distinzione. 

Il premio è che saremo Amore.

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ideologia gendermaschi e femmine
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