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In coma per due anni, Cristina abbraccia per la prima volta sua figlia

CRISTINA ROSI

Gabriele Succi | Facebook

Annalisa Teggi - pubblicato il 09/06/21

A 22 mesi dall'arresto cardiaco che la mandò in coma, Cristina Rosi ha abbracciato per la prima volta sua figlia Caterina, fatta nascere prematuramente proprio nei momenti in cui la mamma era tra la vita e la morte.

Bentornata Cristina!

Era il 23 luglio del 2020 quando Cristina Rosi fu colpita da un prolungato arresto cardiaco. Sono passati quasi due anni da quell’estate in cui ci parve di riprendere fiato dall’incombere della pandemia. Cristina invece cominciò il suo calvario.

Era al settimo mese di gravidanza e i medici decisero di far nascere la bambina, anche se molto prematura. Da allora Gabriele Succi, marito di Cristina e papà della piccola Caterina, le ha accompagnate come un vero angelo custode nel percorso di cura e riabilitazione. Molti i momenti difficili, di paura e sconforto.

Dopo undici mesi di coma, Cristina pronunciò – in stato di minima coscienza – una parola emblematica: mamma, e lo disse di fronte a sua madre. Ed è la parola che segna nel profondo questa storia. Pochi giorni fa, il 15 maggio Cristina è riuscita a tenere in braccio Caterina, quella figlia nata proprio nel momento più critico della sua vita e mai ‘conosciuta’.

Questa mattina la donna è uscita dall’istituto di riabilitazione Agazzi di Arezzo dove si trova ed è potuta tornare a casa, per alcune ore, ad Alberoro, frazione del comune di Monte San Savino, e abbracciare per la prima volta la figlia, che oggi ha quasi due anni e che necessita di cure costanti. Palloncini colorati al cancello della villetta a schiera sulla collina e cartelli con  scritto “Bentornata Cristina!” sono il segno tangibile dell’ondata di affetto incontenibile dimostrato, ancora una volta, dalle amiche di un tempo, le colleghe di lavoro oltre che dalla famiglia, che non si è mai arresa per rendere possibile una vita migliore a Cristina e Caterina, nonostante i deficit subiti durante l’arresto cardiaco dalla giovane mamma e dalla piccola, venuta alla luce con un parto cesareo di emergenza.

Da La Nazione

Il filo rosso sotteso a questo dramma è diventato quello di una maternità desiderata, poi strappata, poi ritrovata: una giovane donna è diventata madre nel momento in cui sembrava a soffio dalla morte. Da quel momento è rimasta separata dalla sua bambina, entrambe impegnate nella sfida di restare vive.

Mamma, la prima parola dopo 10 mesi

A giugno del 2021 abbiamo raccontato il primo grande segno incoraggiante che portò un’ondata di speranza nella storia ferita di questa famiglia

Cristina ha pronunciato la parola “mamma” davanti a Mirella e per lei è stato come “partorirla un’altra volta” dice tra le lacrime accanto al letto della figlia, nella clinica vicina a Innsbruck dove è ricoverata da due mesi. Con lei c’è Gabriele che aggiunge: “Una gioia vera dopo tanta sofferenza. Anche i sanitari in stanza hanno confermato che Cristina ha detto la sua prima parola”.

La Nazione

10 mesi in stato di minima coscienza sono lunghi, più di una gravidanza. La lieta notizia arrivata dopo un lungo tempo sospeso fece pensare proprio a una nuova nascita: una donna adulta che chiama di nuovo per nome la mamma, uscendo dal buio del coma. La situazione di Cristina Rosi, dopo l’arresto cardiaco, ha richiesto cure prolungate e costose, lasciando i familiari sul filo sottile di un dolore protratto che poteva in ogni istante trasformarsi in lutto.

La gioia trepidante di una famiglia aretina che attendeva la nascita della prima figlia è stata sconvolta da un imprevisto che ha portato tutti sulla salita ripida di un calvario lento, lungo, pieno di ombre. A tenere le redini della famiglia è rimasto saldo al comando Gabriele Succi, che ha diviso (e anche moltiplicato) i suoi sforzi per accudire al meglio la moglie e la figlia, entrambe in gravi condizioni per molti mesi.

Quando lo stato semi-vegetativo di Cristina ha dato lievi segni di miglioramento si è concretizzata l’ipotesi di trasferirla in un ospedale austriaco. A marzo del 2021, a bordo di un aereo attrezzato è arrivata a Innsbruck nella clinica dove ha iniziato un programma di riabilitazione.

In quel momento il marito condivise questo messaggio:

Vederla oggi nei suoi progressi e ripensarla solo pochi mesi fa con tutte le prove che ha dovuto superare, mi sembra un miracolo

Madre e figlia separate

 Il tempo trascorso senza ossigeno ha provocato gravi danni neurologici a madre e figlia che non si sono mai incontrate perché per entrambe è iniziato un percorso fatto di ospedali, terapie, macchinari per respirare e nutrirsi. Ciascuna lontana dall’altra, così da 10 mesi.

La Nazione

Sappiamo che la nascita è uno strappo. E abbiamo letto tanto sul legame madre-bambino durante la gravidanza e nei primi mesi di vita. E’ un rapporto simbiotico, fatto di fisicità ed emotività intrecciate e condivise. Cristina Rosi è diventata madre in circostanze che non avrebbe mai immaginato né voluto. Caterina è nata all’improvviso, fatta nascere prematura per darle l’occasione di sopravvivere. Madre e figlia sono rimaste separate dal momento in cui entrambe erano in pericolo di vita. Il loro legame è stato reciso a forza, ma per custodire la loro vita.

Da quasi due anni combattono la stessa battaglia (sopravvivere) da separate. Gli ultimi aggiornamenti ci parlano di questo abbraccio avvenuto tra madre e figlia. Si saranno riconosciute vicinissime nell’aver strappato alla morte la loro vita giorno dopo giorno.

Subito dopo l’arresto cardiaco e il parto prematuro, la piccola Caterina è stata trasferita a Siena dove è rimasta per due mesi, poi a Firenze dove è stato accertato un danno cerebrale per l’assenza di ossigeno che ha patito anche la madre.

A gennaio del 2021 Caterina è tornata a casa, ma con la necessità di assistenza medica continua. Il padre Gabriele si è dato da fare per cercare infermieri e personale per le cure domestiche della bimba. Attorno a questa famiglia è fiorita una catena di solidarietà enorme.

La tenacia di un padre, una raccolta fondi per sostenerlo

E’ vero, c’è una madre al centro di questa storia, ma dietro le quinte c’è anche la colonna portante di un padre che ha retto il peso di un duplice dramma con tenacia e pazienza. Gabriele Succi era marito, poi è diventato padre nel pieno della tempesta.

Osservare la storia dal suo punto di vista fa tremare. Si sarà concesso il tempo del dolore? Com’è trovarsi con l’anima fratturata tra una moglie e una figlia in fin di vita, amarle entrambe e accudirle entrambe senza cedere alla disperazione?

Forse il tempo dell’introspezione speculativa non ce l’ha avuto. C’era da accudire, da tenere l’ancora della nave ben piantata, c’era da dare alla speranza la possibilità di incarnarsi tra scelte mediche, incognite quotidiane, grossi ostacoli da affrontare. Economici soprattutto.

A gennaio del 2021, dopo quasi 6 mesi di ricovero per sua moglie, Gabriele Succi aveva dichiarato:

Per tre mesi nella clinica servono 104mila euro. Finora abbiamo potuto assicurare a Cristina le terapie grazie alle quali è migliorata. Non possiamo fermarci adesso. Mia moglie e mia figlia meritano di tornare a casa nelle migliori condizioni possibili. C’è bisogno dell’aiuto di tutti, ciascuno per quello che può

Ibid.

Erano le parole con cui annunciava l’apertura di una raccolta fondi per Cristina, a cui molti hanno aderito. Tuttora c’è bisogno di sostegno.

E a Cristina dobbiamo la gratitudine di averci fatto pensare al tempo da una prospettiva diversa dal solito. Vorremmo sempre misurarlo in termini di efficienza. Lo chiamiamo tempo perso, se non vediamo subito dei risultati. Per due anni Cristina si è arresa a un tempo solo apparentemente perso. E dovremmo anche noi arrenderci alla lentezza di frutti che matura solo oltre il tempo massimo dei nostri schemi.

Aggiornato il 17 maggio 2022

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