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AMA-Bilmente: sei atleti amputati verso la vetta del Monte Rosa

MORENO PESCE; SCALATA

Moreno Pesce | Youtube

Annalisa Teggi - pubblicato il 15/06/21

Da oggi e fino al 20 giugno 6 atleti amputati tentano la scalata al Monte Rosa. Li guida Moreno Pesce con questo passo di marcia: "Il vero traguardo è il provarci e vivere una bella avventura in sicurezza con un compagno".

La Monte Rosa SkyMarathon® è la gara più alta d’Europa, si svolge su sentieri di montagna con tratti impegnativi in salita e discesa, tratti innevati, ghiacciai con crepacci, tratti esposti, ripidi pascoli e pietraie per 35 chilometri con 7000 metri di salita e discesa. Il traguardo è la Capanna Margherita a quota 4554 metri.

Mentre scrivo, qualcuno si è già messo in viaggio su questo percorso impegnativo. Da oggi e fino al 20 giugno si svolge AMA-Bilmente, l’impresa di 6 atleti amputati che tentano di fare lo stesso percorso della Monte Rosa SkyMarathon®. Li guida il 46enne Moreno Pesce di Noale. In seguito a un incidente motociclistico ha perso una gamba, ma ha guadagnato uno sguardo sulla vita orientato sull’entusiasmo di avere dei limiti. I limiti ci sono, camminano con noi. Farci i conti, veicola l’energia nel modo giusto, quello di chi sa bene di non essere un supereroe.

Lo scopo è di abbattere l’immensa montagna psicologica della disabilità affrontando la vera montagna. – Moreno Pesce

Scalare il Monte Rosa senza una gamba

La montagna ci offre una risorsa quasi infinita di metafore, attinenti alla fatica e ai premi conquistati un passo dopo l’altro. E’ un peccato, invece, che la parola ‘scalata’ finisca troppo spesso ad essere associata solo all’orizzonte del successo solitario, delle imprese economiche azzardate.

Lo scalatore è molto umile, il che non è in contraddizione con il suo essere coraggioso fino all’azzardo. Sa che la montagna è una forza indomabile. Vede la propria piccolezza rispetto all’imponenza dei massicci rocciosi. Conosce la fatica che rompe il respiro e spezza i muscoli.

Allora forse, proprio per questo, i 6 atleti che oggi cominciano la loro scalata al Monte Rosa hanno tutte le carte in regola per affrontare la sfida, anche se la prima cosa che saremmo tentati di notare in loro è un’assenza ingombrante. Come si fa a scalare senza una gamba?

Potrebbe essere un ossimoro: la scalata degli atleti amputati. E invece eccoli, hanno nome e cognome e ciascuno una storia: Moreno Pesce, Cesare Galli, Lino Cianciotto, Loris Miloni, Massimo Coda e Salvatore Cutaia. Tutti insieme sono il Team3gambe.

Per Moreno Pesce, che è l’anima di questo progetto, è il quinto tentativo. Speriamo sia quello buono, anche se il vero traguardo è la conquista di ogni passo, divertirsi e mandare un messaggio sociale incoraggiante.

“Nel 2018 avevo fatto qualche esperienza in quota, racconta Moreno Pesce, e non avevo incontrato particolari difficoltà. Così ho pensato di dar vita a questo progetto dove, un atleta amputato si mette alla prova su un terreno tanto severo come l’alta montagna affiancato da una guida alpina e un compagno di corda. Niente di estremo o pericoloso, non vogliamo sembrare alla ricerca di sensazionalismo ma solo di far capire che anche coloro che hanno subito amputazioni possono fare moltissimo, basta volerlo e crederci davvero”.

Da La Gazzetta
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Salire più su, ma non da soli

Il gruppo è partito oggi, obiettivo la Capanna Gnifetti … e siamo già a quota 3647metri. Da domani mattina si partirà per l’ascesa verso la Capanna Margherita. L’obiettivo non è il tempo che s’impiegherà e neppure, per forza, il raggiungimento della meta, ma l’unità del gruppo.

In montagna, più che da ogni altra parte, l’uomo si rende conto che non può fare nulla da solo. Ed ecco che fa capolino un’altra parola topica dell’alpinismo: cordata. Anche gli scalatori senza disabilità fisiche e al massimo della forma non sono mai soli nelle loro ascese. Nel caso del Team3gambe la presenza di una squadra di salita è una necessità non solo umana ma anche tecnica:

Ognuno di loro sarà affiancato da due volontari, una guida alpina e un compagno di cordata. La sicurezza è elemento essenziale e necessario sia sotto il profilo fisico sia sotto quello psicologico. E se è vero che in montagna non si dovrebbe mai andare da soli, la regola non scritta diventa ancor più cogente, vista anche l’eventualità di dover gestire possibili rotture delle protesi.

Ibid

Per ogni uomo bisogna essere in 3. Mi sembra un’immagine da ‘rubare’ nella vita quotidiana. Ogni nostra giornata può essere una piccola cordata, anziché una corsa a scatti in solitaria? E non c’è da stravolgere nulla, semplicemente guardarsi attorno e immaginare la corda che ci lega a chi incrociamo. Mi capita di vedere sul volto di chi fa la coda alla cassa del supermercato con me, verso sera, quella stessa stanchezza che ho addosso anche io, e genera pensieri di sconforto difficili da scrollare di dosso anche quando le si ritorna in forze. La salita quotidiana è nei momenti più triviali. Vicino a noi qualcun’altro è nella stessa cordata, forse vicino a un precipizio o forse solo col respiro affannoso. Reggiamo la corda, azzardiamo un incontro, parole che siano una mano tesa.

Uomini in gamba

Alex Zanardi e Bebe Vio hanno una tempra carismatica e come loro altri sportivi che fanno i conti con la disabilità. La visibilità clamorosa di questi carismi ci induce talvolta a parlare di loro in termini di un eroismo che non rispecchia la realtà del loro essere. Mi riferisco a quella facile narrazione per cui la forza dell’atleta disabile è più forte: li raccontiamo come figure così luminose, coraggiose, positive da trascurare la loro debolezza… come se fosse uno sfondo lontano.

A loro invece questa debolezza e limitetezza è inequivocabilmente presente. E’ invalidante. Un atleta amputato è un uomo menomato sul serio. Il valore immenso della loro testimonianza è quello di incoraggiarci a congedarci per sempre il regno dei supereroi. Il vero recinto atletico (parola etimologicamente limitrofa al lottare) di tutti è uno sforzo amputato, monco di eccellenze e perfezioni. La forza del salto oltre le obiezioni e mancanze, si potrebbe dire, nasce proprio dall’attrito. Anche il fiammifero si accende sfregando contro una superficie ruvida.

Moreno Pesce mi ha fatto proprio pensare al fiammifero, a qualcosa che si accende urtando contro il muro della disabilità. C’è. Non la togli. Eppure …

«Le difficoltà sono costanti nella vita quotidiana per i disabili. Bisogna convivere trovando soluzioni adatte a te a partire proprio dalla gestione. Ci vuole pazienza per trovare un equilibrio e spirito di accettazione perché non tutto si può fare. Non siamo supereroi, ma disabili che hanno dei limiti come li hanno tutte le persone»

Da Vanity Fair

Auguriamo a lui e a tutti i suoi compagni di cordata di godersi la fatica della salita, anche quei momenti a un passo dal crollo, dal cedimento. Vorremmo essere lì con voi, e non solo ad applaudirvi sulla vetta. Vorremmo vedere come stanno assieme uomini stremati e senza superpoteri a fare un altro passo, e un altro ancora. Abbiamo bisogno di esempi di forza come la vostra, quella che poggia il suo unico piede sulla debolezza.

I momenti bui servono come esperienza di vita e per dare supporto ad altri – Moreno Pesce

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sport per disabili
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