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A voi la parola, ragazzi. Comincia l’esame di maturità per 540 mila studenti

STUDENTS, HAPPY, OUTSIDE

YanLev | Shutterstock

Annalisa Teggi - pubblicato il 16/06/21

Usciamo dalla retorica della 'notte prima degli esami' e diamo il buongiorno a questi ragazzi: è in pieno giorno, dentro l'impegno di questo esame, che ora vogliamo ascoltare la vostra voce.

Eh sì. Nella redazione di For Her ci siamo fatte sfuggire l’articolo ghiotto e accattivante: la notte prima degli esami. E’ un super classico come quello sui saldi di fine inverno, sulle diete in vista della prova costume estive … e su tutte le uscite di Harry&Meghan.

Forse la prima cosa da dirvi, cari maturandi, è proprio quella di schiodarvi dalla strategia assuefatta degli adulti di stare dentro la realtà seguendo i binari già fissati e consolidati e stantii. Mentre scrivo voi siete già all’opera nel vivo dell’esame. Bene così. Auguriamoci tutti di essere vivi e ben svegli dentro l’opera di ogni giorno.

Il (vecchio) ritornello sulla notte prima degli esami.

Tutti conosciamo la canzone di Venditti, tutti l’abbiamo cantata. Tutti la tirano fuori dal cassetto il giorno prima della maturità. E viene rinfocolato il mito-rito di questa festa notturna prima della prova scolastica. Le testate rincorrono tendenze e statistiche: saranno di più gli studenti che festeggiano in compagnia o quelli che passano le ultime ore prima della maturità a studiare? Il falò sulla spiaggia è ancora in voga? Le feste con gli amici rispetteranno le normative Covid?

L’attesa è un tempo fecondo, prima di qualunque prova. Ma l’attesa è protesa in avanti, verso la sfida, la battaglia, l’impegno. E’ un tempo gregario, vive in simbiosi virtuosa con il momento cruciale. Assolutizzare l’attesa è farla avvizzire. Eppure sembra proprio che la narrazione prevalente abbia molto da dire sulle sale d’attesa e rimanga muta sul treno che parte (cioé: su come stare nel vivo di ogni genere di partenza, esame). E’ un ritratto sconsolante che ci assomiglia molto questo mito-rito della ‘notte prima degli esami’: siamo molto a nostro agio un passo prima degli eventi, nell’agrodolce marinatura di ansia e desideri. Viviamo molto bene le notti, lì dove prevalgono le ombre e i contorni indefiniti. La notte nasconde e assonna, può stordire. Stiamo molto bene in questi corridoi ombrosi che diventano feste d’addio. Ma siamo pronti al giorno?

L’ora più bella

Siamo ancora capaci di rendere i giovani entusiasti del giorno? Cosa abbiamo da dire sulla mattina dell’esame? All’alba, quando il sole invita ad alzarsi in piedi, come per un appello quotidiano che esiste da prima di quello scolastico, c’è una parola da spendere per chi ora diventa protagonista di un piccolo-grande passo che lo chiama in causa come studente, come voce a cui si dà l’occasione di esprimersi?

Io penso sempre a Montale. Che non è il poeta del ‘male di vivere’. E’ il poeta del mezzogiorno.

il sole, in alto, – e un secco greto.
Il mio giorno non è dunque passato:
l’ora piú bella è di là dal muretto

Girl sad- sunset – ar

Il primo verso di questa poesia, spesso usato come titolo del testo, è Gloria del disteso mezzogiorno. ‘Gloria’ è la prima parola che pronuncia Dante in Paradiso. Alla luce del giorno le presenze si manifestano, è un anticipo della chiarezza gloriosa a cui tutti tendiamo: guardare noi e gli altri nel profondo, senza opacità, senza fraintendimenti, senza filtri. La gloria di Montale e Dante farebbe esplodere Instagram. Ed è in questa luce piena che il poeta dice: l’ora più bella è di là dal muretto. La notte sfuma e confonde, alla luce del giorno si vedono i muri, i confini, i limiti. Ed è dall’incontro con queste dure presenze che s’innesca lo slancio di andare a vedere cosa ci aspetta, facendo la fatica di un salto, l’impegno di un esame.

Un esame di maturità riadattato, ma non di serie B

Stamattina alle 8.30 hanno cominciato i primi studenti sorteggiati, sono oltre 540 mila quelli che nei prossimi giorni affronteranno la prova che conclude il loro percorso di studi superiori.

Come lo scorso anno i maturandi affronteranno un esame ‘riadattato’ in funzione delle norme anti-Covid. Non è, comunque “una maturità ridotta, non è sottoesame – ha assicurato nei giorni scorsi il Ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi – E’ un esame dove c’è una prova scritta che è quella di un elaborato, non è una prova scritta tradizionale, abbiamo scelto la via delle attività didattiche avanzate, cioè concordato un tema con i miei docenti, un tema che permetta di esplorare anche tutto ciò che hai appreso ed acquisito nel tuo percorso scolastico”.

Da Adnkronos

L’esame consiste in un colloquio orale di circa un’ora, articolato in più passaggi. Si parte con l’esposizione di un elaborato concordato tra insegnanti e studenti sulla base del percorso svolto da ciascuno. Si passa poi all’interrogazione su un testo proposto dall’insegnante di italiano e poi all’analisi di altro materiale proposto dalla commissione in modo da articolare un discorso che tocchi le principali materie e gli argomenti trattati nel corso dell’anno. E il voto?

Gli studenti hanno a disposizione fino a 40 punti per poter arrivare al massimo dei 100 complessivi. Gli altri sessanta li portano in dote dagli ultimi tre anni di scuola. Anche quest’anno ci potranno essere le lodi, come sempre per coloro che hanno conseguito 60 punti per il triennio e un 40 pieno nell’esame.

Da Corriere
SCHOOL, DESKS,

In presenza

Sulla lettura dei fatti incombe un’interpretazione pericolosa: questa generazione Covid ha vissuto due anni sabbatici di scuola, e ora affronta una passeggiata di esame. Niente di più falso. Ancora una volta cadiamo nel vizio di stare sui binari consolidati dei nostri pregiudizi, quelli per cui un ‘vero esame’ è quello con le famigerate prove scritte.

Un esame orale che arriva dopo due anni di dad ha un valore unico, anche proprio come gesto concreto: lo studente che viene ascoltato da professori, presente lui/lei e presenti loro. E’ anche un momento simbolico per rimettere al centro la voce singolare di ciascuno, senza più l’opzione di mettere in muto il microfono.

Muto è proprio un aggettivo che sia adatta, amaramente, a dire qualcosa del disagio che i ragazzi hanno attraversato. Non ha un volto chiaro, è taciuto e poco spiegabile. Non abbiamo ancora una visione chiara ed esplicita del trauma della pandemia per come ha stravolto anche quel pilastro educativo-emotivo-relazionale che è la scuola.

Non ribelli, ma arrabbiati con sè stessi

Non sono affatto stati anni sabbatici. Ma non è ancora chiaro dove il nemico abbia colpito più a fondo. Ci vorrà tempo per decifrare cosa cova sotto il velo di un’apparente normalità in via di riconquista. Qualche segno inequivocabile di allerta si mostra:

“C’è stata più solitudine, si sono amplificate le problematiche che prima c’erano già – dice Cavallini -. Negli adolescenti sono comparsi rispetto allo scorso anno, al primo lockdown, sentimenti di colpa e inadeguatezza per non aver fatto abbastanza. Il livello di autostima, è molto diminuito negli studenti. 

da Huffington Post

A parlare è la psicologa Maria Clara Cavallini, del Centro Tice che opera offrendo differenti supporti psicologici nelle scuole. Anche documentando fatti tragici di cronaca è emersa questa tendenza all’implosione. L’isolamento e la distanza hanno invertito la direzione della rabbia da fuori a dentro, dagli altri a sé.

Ma saremmo conniventi di un racconto distorto se calcassimo la mano solo sulle ombre nere che gravano sui nostri figli, sui nostri studenti. Come accade nei vulcani, la lava non erutta solo dall’alto, trova anche percorsi e pertugi alternativi per uscire da sottoterra. La pressione spinge e trova alternative all’unico canale di sfogo. E questa pressione a far uscire quella lava calda e luminosa che hanno dentro, i ragazzi ce lo hanno dimostrato e dimostrano. Fossero anche pertugi piccoli.

Ragazzi profondi e sensibili

Mio figlio in quinta elementare ha gioito del ritorno alla didattica a distanza perché così poteva vedere il volto del suo migliore amico senza mascherina. Non era affatto felice di non essere a scuola, ma ha trovato una sua via di fuga al disagio. Sono certa che ci siano esempi molto più grandi e significativi di questo. Anche confusamente, sono reazioni che dimostrano il desiderio di uscire a rivedere le stelle, a non stare rintanati nelle notti (prima degli esami, prima del ‘liberi tutti’ dei vaccini). Questi pertugi dobbiamo scavarli più a fondo noi adulti. Dobbiamo investire energie per disinnescare la tentazione al ripiegamento, lo ha spiegato bene – nello stesso articolo già citato – la psicologa Tania Scodeggio, dell’Istituto Minotauro:

Questa è una generazione di ragazzi che non tende tanto ad opporsi, ad attaccare l’adulto o a trasgredire – continua Scodeggio -, quanto piuttosto a rivolgere rabbia e malessere verso di sé. […] Dobbiamo capire con quali cicatrici usciamo da questo periodo. Mettere molta attenzione su come stanno loro, senza vederli come trasgressivi o superficiali, sono tutt’altro: molto sensibili e profondi. C’è bisogno di un dispiego di energie adulte che se ne faccia carico e che non chieda subito implicitamente o esplicitamente di stare bene perché è tutto superato, tutto finito”.

Ibidem.

L’ora più bella è di là dal muretto – diceva Montale. I muri, le fatiche, le obiezioni non sono solo un ostacolo, ma anche il punto di appoggio per rimettere a fuoco cosa rende bella, vera e buona l’esperienza di ciascuno. Ed è una passeggiata – sudata, spesso – che si fa nella piena luce del giorno. Siamo allodole, non pipistrelli.

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