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Cécile e François-Paul, una coppia provata dal cancro

Cécile et François Paul Fardin

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Cécile et François-Paul Fardin

Audrey Lallement - pubblicato il 05/07/21

Il 26 settembre 2016 Cécile Fardin andava alla casa del Padre all’età di 35 anni, dopo essersi battuta contro un cancro a una ghiandola salivaria. Suo marito, François-Paul, ha rilasciato ad Aleteia un racconto che è una magnifica testimonianza di fede e di speranza.

Vedovo da quattro anni e padre di quattro figli dagli 11 ai 5 anni, François-Paul Fardin è stato profondamente segnato dalla forza e dalla fede di cui ha dato prova la moglie Céline quando è stata colpita da un cancro. Oggi rende testimonianza di quel che ha «percepito di quanto accadeva nel suo cuore, di quel che ha dato agli altri e anche dei segni da parte del Signore». Era incinta quando ha appreso della sua malattia, ha vissuto un calvario personale durato quattordici mesi – 14 come il numero delle stazioni! – durante i quali ha associato il suo dolore a quello di Cristo. 

Energica e combattiva, in particolare durante la malattia, la giovane madre di famiglia aveva delle fragilità di cui era pienamente coscienza, «ma aveva deciso di andare avanti con quei pesi e di ripartire dopo ogni caduta». 

Era umana anche lei: anzitutto nelle sue tristezze, quando pensava alla morte. Perché soffriva della sua dipendenza e della sua malattia – è difficile ritrovarsi privi dell’uso di parola quando si è logopedisti! – e perché talvolta veniva esasperata fino alla collera dalle incertezze mediche, dalle imprecisioni del marito o da quello che manda in bestia tutti, come «i ritardi postali». Cécile aveva anche preoccupazioni da madre di famiglia scrupolosa di governare la casa anche per il tempo in cui non ci sarebbe più stata. Pensava spesso al “dopo”, e in particolare consigliava a François-Paul di assumere una ragazza che l’aiutasse coi bambini durante le vacanze. Ha pensato pure a registrare i suoi racconti sui parti dei bambini. 

«La preghiera era la sua arma principale» 

Il pensiero sempre rivolto agli altri – discreto ma efficace – Cécile dava prova di grande carità: si mostrava pronta ad ascoltare le intenzioni e le difficoltà degli amici. Annotava le intenzioni di preghiera che poi portava nella preghiera personale, in quella di coppia o in quella del gruppo delle mamme. Anche quando era sfinita riusciva a trovare l’energia per farsi prossima agli altri, per ascoltare e per confortare. 

Cécile aveva un quaderno su cui prendeva appunti. Nel febbraio 2016 scrisse una frase di san Paolo: «Niente ci separerà mai dall’amore di Cristo» (Rom 8,39). Quando era in buona salute si lamentava di non pregare abbastanza e di non leggere più autori spirituali. «Il tempo che la malattia le ha lasciato le ha permesso di tornare a leggere e a pregare», riporta il marito. «La preghiera era la sua arma principale, nella lotta: abbiamo fatto della preghiera del beato Charles de Foucauld la nostra preghiera coniugale», ha raccontato François-Paul. Poche settimane prima di morire, il dolore divenne incontenibile e il marito volle portarla in ospedale: «Non serve a niente – disse la moglie, che dall’estate pregava il rosario tutti i giorni –: bisogna pregare». 

In quel periodo, Cécile ha largamente attinto ai sacramenti: la Confessione regolare la rese lieve e gioiosa; l’Unzione degli infermi – che ha ricevuto più volte – e l’Eucaristia. 

Gesù-ostia era lo specchio della sua povertà: piangeva durante le adorazioni, alle elevazioni, ma provava la gioia di sentirsi raggiunta nella sua debolezza dal Creatore. 

Che fosse in parrocchia, a casa, in pellegrinaggio o davanti alla televisione, a ogni messa si rinnovava la sua forza: «Era una cosa chiarissima, la trovavo appagata, fiduciosa e risoluta», testimonia François-Paul, a cui lei chiedeva di farle dire delle messe perché «non si trascinasse troppo in purgatorio». 

La coppia alla prova della malattia 

Malgrado la malattia, la coppia continuava a dar prova di grande tenerezza. Quattro giorni prima della morte, si scambiarono un ultimo “arrivederci”: 

Sento ancora le sue ultime parole – “amore mio” –, quando ho messo la testa sul suo cuore, tra le sue braccia magrissime, prima di non poter più parlare. Avverto allora un sentimento di pace e di gioia profonda, di amore compiuto. È un ricordo dolcissimo per me. Quell’anno è stato l’apice della nostra vita coniugale, mi sono sentito ancora più responsabile di lei, e anche lei di me. Quando uno veniva meno, l’altro lo sosteneva. Pregavamo insieme o individualmente l’uno per l’altra, e per i nostri figli. Si dice che nella vita spirituale di coppia sia tutto un testa a testa… noi questo lo abbiamo vissuto, con dei rapidissimi passaggi, e comunque in testa c’era spesso lei! 

«Il fiore che ho visto sbocciare – racconta il giovane vedovo – è una ferma speranza, l’abbandono o la fiducia che l’accompagna». Il detto di Cristo “a ogni giorno basta la sua pena” ha sollevato molto Cécile, ricordandole che siamo fra le mani di Dio. 

I dolori vissuti nella fede l’hanno confermata ancora di più nell’umiltà, nel sentimento che si fosse aperto un cammino sconosciuto a lei ma illuminato dall’occhio misericordioso del Padre. Lei, così organizzata, risoluta, saggia, ha progressivamente imparato a mollare la presa. “Con la grazia di Dio” – ripeteva spesso. Verso la fine, pregavamo perché fosse fatta la volontà di Dio, e non specificamente per la sua guarigione. 

Con la speranza cresce poi anche la comunione dei Santi: la coppia pregava allora i santi patroni della famiglia – santa Thérèse e i suoi genitori, i coniugi Martin, san Giovanni Paolo II, padre Pio, Madre Teresa, Chiara Corbella Petrillo… 

Cécile et François Paul Fardin
Cécile e François-Paul Fardin

Così François-Paul e Cécile hanno appreso «la vita attiva del Cielo». Uno dei momenti che ha più segnato il giovane papà fu la visione di Giovanni Paolo II e di santa Thérèse che Cécile ha avuto una notte. Un evento confermato da quanti l’avevano in cura, i quali l’hanno sentita parlare come se si rivolgesse a qualcuno. La cosa più sconvolgente è stata poi l’ultimo respiro di Cécile: recitando insieme la preghiera di abbandono di Charles de Foucauld, si è spenta dolcemente sull’“amen”. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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