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La République, la Révolution e il sangue dei cattolici

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Collection Dagli Orti / CCI / Aurimages

Rivoluzione Francese e movimenti contro-rivoluzionari: massacro del 2-6 settembre 1792 a Parigi.

Christian Venard - pubblicato il 14/07/21

Misteriosamente, i rituali di pubblico “mea culpa” circa tutti gli errori del passato sfuggono alle autorità dello Stato quando ci sono in ballo delle vittime cattoliche, uccise in odium fidei in nome degli ideali rivoluzionari. Eppure l’unità di un popolo si può costruire solo nella verità.

Per tutta l’estate, se ci si fa caso, ogni giorno il martirologio romano faceva memoria della triste e lunga lista degli innumerevoli martiri spagnoli, uccisi in odio alla fede cattolica dai Repubblicani. Non passa poi una settimana, senza che si trovi menzione di uno o più cattolici, preti o laici, martiri del nazismo durante la seconda guerra mondiale (o del comunismo)! Eppure, se si segue il pensiero dominante nei media francesi e in generale occidentali, la Chiesa cattolica è fatta fucina di orrori, di oscurantismo e soprattutto di violenze e di repressione. 

Silenzio sulle vittime 

All’inizio di settembre in Francia si commemorano specialmente i 191 cattolici massacrati dal Terrore e dichiarati beati e martiri della Révolution: furono uccisi dai rivoltosi nel 1792, quasi tutti attorno al convento dei Carmelitani. 

Tali massacri sono apici della violenza rivoluzionaria, almeno nella capitale, e in pochi giorni avrebbero portato all’assassinio di più di 1.300 francesi, a mezzo di esecuzioni tanto sommarie quanto barbare. 

Perché dunque, in un Paese in cui la commemorazione di ogni sorta di vittime è diventata una delle espressioni pubbliche più frequenti da parte di uomini politici, mai una parola e neanche un’allusione sono mai state formulate per tutti quei francesi – a migliaia! – caduti sotto il furore partigiano dei rivoluzionari? 

In un Paese che si gloria di riconoscere ufficialmente il massacro degli Armeni, quello degli Ebrei, quello delle vittime della colonizzazione e della schiavitù… mai una parola ha potuto essere espressa per i compatrioti uccisi in odio alle loro convinzioni religiose o politiche? 

Fintanto che il regime repubblicano che governa la Francia tratterà così come cittadini di serie B quanti, per motivi odiosi, i loro predecessori hanno massacrato, ci sono poche possibilità che esso riesca ad esercitare il potere di unificare un popolo, tanto più laddove esso conosce una forte crisi d’identità a fronte della globalizzazione e dei movimenti migratori. 

Quando vedremo la République riconoscere ufficialmente i suoi errori, i suoi orrori, praticati su larga scala – pensiamo anche al genocidio vandeano! – contro i cattolici? 

Perdonare non significa dimenticare 

Non si tratta di assumere pose vittimistiche e comunitarie – accusa che ci muoverebbero rapidamente per poter repentinamente scostare lo sguardo (giustamente imbarazzato dai crimini contro l’umanità perpetrati in nome degli ideali della République… i famosi “valori repubblicani”… spesso tanto vaghi quanto vuoti di senso, poiché dipendono unicamente dalla morale relativa e provvisoria di chi attualmente raccoglie più consenso nell’Assemblée Nationale). Converrebbe, invece, ricordare con forza, nei nostri rapporti con lo Stato repubblicano, i torti immensi che esso ha nei confronti dei propri cittadini per via della loro fede. Ciò necessiterebbe forse anche un profondo cambiamento di prospettiva storica e diplomatica tra le autorità della Chiesa. In particolare, bisognerebbe uscire da una cattiva interpretazione della famosa “distensione con la Repubblica” [Ralliement à la République], che invocava una legittima indifferenza riguardo al regime, e non il suo cieco sostegno. 

Perdonare non può significare dimenticare. È nella verità – fosse anche brutale – che si costruiscono un popolo e la lealtà nei confronti dell’autorità politica. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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