Un film coraggioso: se non c'è un padre che educa i suoi figli, il mondo non aspetta altro che dis-educarli per farne degli schiavi mansueti.
Captain Fantastic è un film del 2016, ma me lo ero persa. L’ho visto un paio di giorni fa e ho intuito perché non sia stato accompagnato da una campagna promozionale in pompa magna. Anzi già è tanto che non sia stato censurato: si parla di un padre, di una madre, di una famiglia. L’occasione di cercarlo e poi vederlo insieme ai miei figli me l’ha offerta un post da applausi dell’attrice Arianna Porcelli Safonov che lo introduce con queste parole:
Questo è un film che parla di un padre. Non è straordinario? Questo è l’aspetto che rende il film davvero alternativo, quasi fuori moda. Nonostante il personaggio materno sia comunque gigantesco anche se invisibile, il protagonista è un maschio, eterosessuale e padre. E se ne parla persino bene! Mi pare strano che nessun paese lo abbia censurato eppure è così.
Forse lo hanno chiamato Captain (Kaptn) Fantastic proprio perché parlare bene di un padre oramai è fantascienza.
Il padre, fuori dalla ‘riserva indiana’ dei cristiani
Con la premessa della Savonof nell’orecchio, mi ero già fatta il mio film prima di vederlo. Perché il pregiudizio è una brutta cosa e ultimamente corre sottotraccia – ma neanche troppo sotto – l’idea che a difendere le figure genitoriali di “padre” e “madre” siano solo quegli anacronisti dei cristiani fissati con la famiglia naturale. Non è così. E Captain Fantastic porta finalmente una boccata d’aria fresca in una stanza che non è solo una ‘piccola riserva indiana’ dei cristiani. Diciamolo subito (tanto non è spoiler): i cristiani sono uno dei bersagli diretti del film.
La famiglia protagonista della pellicola non festeggia il Natale, perché ritenuta una festa immaginaria, ma festeggia invece il compleanno del linguista Noam Chomsky, che è un uomo reale e «ha fatto del bene all’umanità» (cit.). Un’idea contestabile, ma chiara: siamo di fronte a una visione umana di cui il padre si prende la responsabilità di essere il primo testimone.
Educare è una missione, niente di meno. E lo è anche per Ben Cash, il padre interpretato da Viggo Mortensen. Missione significa prendersi la responsabilità di crescere i figli offrendo loro un’ipotesi sulla realtà tutt’altro che neutra, anzi assolutamente di parte, vissuta e verificata sulla pelle.
Ben Cash ha deciso insieme a sua moglie di crescere i loro 6 figli lontano dal mondo civilizzato. La prima scena ce li mostra a caccia, con il maggiore che uccide un cervo e dà un morso al cuore dell’animale. Niente di più estremo. E niente di più aberrante per la tiepida ideologia moderna che ci vorrebbe «educati», cioé proni a una serie di comportamenti formali che si adeguano al quieto vivere della massa. Invece, non c’è nulla di più estremo, coraggioso e benedetto della vera educazione.