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Verginità imposta alle donne dell’esercito, l’Indonesia abolirà il test

INDONESIA, GIRL, BLACK

Cak rie | Shutterstock

Annalisa Teggi - pubblicato il 11/08/21

Una pratica in vigore dagli anni '70: per entrare nell'esercito le donne dovevano sottoporsi a una visita medica per attestare che l'imene fosse intatto.

Verginità, è ben raro trovare questa parola a tema della cronaca. Uno dei tanti pregiudizi che persistono su questo tema è che sia una questione essenzialmente femminile. Se in Occidente le ragazze sono state da tempo e ampiamente liberate da quella gabbia mentale che le voleva illibate fino al matrimonio, ad altre latitudini la verginità è ancora usata come strumento di presunto controllo sulle donne.

In un caso e nell’altro siamo proprio agli antipodi del senso cristiano autentico e tutt’altro che repressivo della parola.

Solo donne vergini nei ruoli militari

Dagli anni ’70 è in vigore in Indonesia il “test della verginità” per le donne che vogliono accedere alla carriera militare. Oltre che per l’esercito, la marina e l’aeronautica, il test è in vigore anche per essere parte del corpo di polizia. E’ un requisto chiesto solo alla candidate di sesso femminile (sarebbe difficile applicarlo agli uomini…) e può precludere l’accesso al corpo prescelto, anche a fronte di una idoneità fisica e mentale adeguate.

Le candidate devono essere sottoposte a una visita meditica, evidentemente lesiva dell’intimità personale, per attestare che l’imene sia intatto. Lo stesso test di verginità è richiesto alle donne che vogliano sposare un ufficiale.

Sono anni che le associazioni umanitarie chiedono l’abolizione di questa pratica che ha tutti i connotati di un abuso ed è di questi giorni la notizia che, finalmente il “test della verginità” verrà abolito. Ma qual era il presunto scopo? Quello di misurare la mentalità della persona chiamata a difendere la nazione.

Il test della verginità è stato ampiamente screditato e condannato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità perché non ha validità scientifica ed è una violazione dei diritti umani. “Parlando a una conferenza che è stata caricata su Youtube il mese scorso, il Generale Andika Perkasa, a capo del servizio assunzioni dell’esercito indonesiano, ha lasciato intendere che la procedurà sarà tolta e sostituita da un addestramento orientato alle capacità.

Da CNN
INDONESIA, WOMEN, MILITARY

Ci si augura che questa presa di posizione sia d’ispirazione anche per gli altri dipartimenti militari del paese.

La verginità non è un modo per controllare le donne

Chi è donna e sceglie la carriera militare deve ancora fare i conti con molti pregiudizi. Le si considera uomini mancati, o prive della dolcezza e tenerezza che si attribuiscono superficialmente al femminile. Basterebbe ricordare il caso di Hana, madre yazida che è diventata sminatrice per disinnescare le bombe dove giocano i bimbi del sue paese. C’è tenerezza più grande?

E quanto alla prontezza a dare la vita, la predisposizione al servizio, la fedeltà a una missione non c’è davvero da mettersi a fare il giochetto maschi vs femmine. Resta vero che la vocazione di ciascuno e ciascuna matura dentro un’ipotesi vissuta e non nei recinti dei pregiudizi e neppure nello zuccheroso spot della Barbie “puoi essere tutto quello che vuoi”.

Il caso indonesiano mostra quale sia un fronte aperto delle vere sfide per una parità di genere. Alle nostre latitutidini si parla di altre faccenduole più risibili, mentre c’è chi – persino per diventare poliziotta – subisce la pratica invasiva del test di verginità. Che è una violazione del corpo riservata solo alle donne.

La domanda fin troppo semplice è: perché un uomo non ha bisogno di questo test per verificare la sua fortezza mentale a servire il paese? Solo perché è ben difficile verificare la sua verginità?

Anindi fu sottoposta al test 23 anni fa, quando era una 18enne che sperava di entrare nella marina a Yogyakarta. Ricorda la sua devastazione per essere stata respinta nonostante aver ottenuto un punteggio molto alto negli altri test. “Sarebbe una svolta se fosse abolito questo test. […] Non volli essere toccata senza il mio consenso. Quindi fermai la dottoressa prima del test dicendole che non ero vergine. La fermai non perché temevo che scoprisse che ero sessualmente attiva, ma perché ero a disagio con la preocedura. Le donne che vogliono entrare nel servizio militare devono pagare il prezzo di questo trauma”

Da The Guardian
GIRL, BEACH, INDONESIA

Cos’è davvero la verginità?

C’è da aspettarsi che questa notizia sarà anche usata a sproposito, non tanto per parlare di certe battaglie rosa che sono proprio da combattere, ma per scacciare ancora più lontano dall’umanità la verginità senza fare alcuna distinzione.

E’ vero che è dura avvicinarsi al senso di questa parola, alla vera esperienza che sottende, di questi tempi. C’è ne sono rimaste solo delle brutte tracce moralistiche, e lasciano proprio l’amaro in bocca. Se vergine è essere quelli bravi che non fanno sesso prima del matrimonio, allora possiamo proprio rinunciare a questa specie di verginità. Che non è dissimile dal tagliando richiesto dall’esercito indonesiamo. Il punto cruciale è proprio che non si tratta di un comportamento e neppure di una medaglia di purezza da ostentare.

Vero è che in questo tempo in cui il sesso è la cosa più facile di questo mondo, c’è ancora qualcuno che ama accogliere quella proposta cristiana – radicale dicono alcuni, piena direi io – che ha solo come dettaglio visibile eclatante la scelta di non avere rapporti sessuali prima del sì davanti all’altare. Questo, possiamo dire, è solo il 10% del vero discorso.

Una proposta ancora attuale?

La proposta cristiana parte sempre dal bene intero della persona, non mira mai in prima istanza a indurre un comportamento. Il comportamento è un vestito, ma prima di tutto c’è il corpo e l’anima. Nella mia esperienza personale (quando si parla di cristianesimo non si può ragionare in astratto) è stata la voce di Don Giussani a offrirmi il tesoro della verginità con una proposta umana che mi pareva migliore di tutto il resto:

Gesù Cristo, con la sua verginità, non era un mutilato. Perciò il concetto di rinuncia, se indica il riverbero psicologico che l’esistenza genera in quel caso, dal punto di vista del valore, dal punto di vista ontologico non è rinuncia a qualche cosa, ma è l’addentrarsi in un possesso più profondo e più finale delle cose. La verginità di Cristo era un modo più profondo di possedere la donna, un modo più profondo di possedere le cose. 

Da La vocazione della vita (discorso agli universitari di Bologna, 1971)
COUPLE

Questo è un gran bel paradosso. Molte libertà e disinibizioni che ci vengono servite su vassoio d’oro, più che d’argento, sono trappole per essere posseduti. Offrono l’illusione di un piacere per metterci alla mercé di un potere che ci vuole distratti, insoddisfatti, fondamentalmente soli.

Non sarebbe male, allora, recuperare e testimoniare che verginità è all’origine il desiderio di non essere mutilati, fatti a pezzi da frenesie e istinti che ci buttano un po’ di qua e un po’ di là. Sarebbe bello lanciare questo grosso sasso nello stagno del mondo, sapendo renderne ragione lieta: sono vergine, perché voglio possedere chi amo (senza usarlo).

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