Ci abbiamo pensato tutti almeno una volta nella vita, di partire con Merlino per Honolulu senza valigia (già questo ti fa capire che sarebbe possibile solo in un sogno) e aprire un furgoncino pastello sulla spiaggia che serva Mojito, Pina Colada e affitti tavole da surf.
Una sola cosa è meglio di un sogno: la realtà
Questa idea di una vita in vacanza, di un lavoro vista mare: mi rendo conto di come la prospettiva tutta bikini e collanine di fiori al collo spesso sia solo una scusa. In fondo, è più comodo che resti solo un sogno, una realtà dorata in cui fuggire quando si ha voglia perché cambiarla, la realtà che non ci piace, è un altro paio di maniche (o di mojito, che dopo quelli, il coraggio si trova).
Invece Joel Wegener una volta accortosi di quanto duro fosse il mondo lì fuori con i suoi due figli affetti da Sindrome di Down, nella realtà ha deciso di restarci ben piantato. Nessun posto dove scappare o tempo per lamentarsi e dire quanto sarebbe stato bello se…
Resta nella zona di Cincinnati e apre coi suoi ragazzi un furgoncino che dallo scorso Aprile, ha già venduto 5000 gelati e desserts, andando “oltre ogni aspettativa”, racconta Joel ai microfoni di WLWT.
“È un’esperienza per tutti. Dare ai miei figli qualcosa da fare e mostrare agli altri genitori che c’è qualcosa di creativo che possiamo tirare fuori dal cilindro per i nostri figli e le nostre famiglie”
Essere speciali non dovrebbe fare curriculum
Non è facile per ragazzi come Mary Kate, 21 anni e Josh, 18 anni, non dico avere il lavoro dei sogni, ma almeno avere la possibilità di averne uno, di lavoro. Non per dimostrare quanto valgono, perché loro, come tutti, valgono a prescindere. Essere disabile non dovrebbe fare curriculum più che essere normale in un mondo dove davvero non ci sono differenze e ognuno è chiamato a fare secondo le sue capacità. Che sono diverse, per tutti.
Essere “speciali”, per quanto ci piaccia usare questa parola e darle un senso positivo che faccia meno paura di “diverso”, fa ancora curriculum purtroppo. Perché altrimenti le già poche possibilità di assunzione forse sarebbero azzerate. Ma gli obblighi legislativi comunque non bastano. Non solo in Ohio, da cui viene questa storia. Anche in Italia, a venti anni dalla legge sull’inclusione per favorire l’inserimento di persone con disabilità nel mondo del lavoro, “La Stampa” denuncia che solo due aziende su dieci sono in regola con le percentuali di assunzioni previste.
Una realtà dura da digerire in un mondo dove si parla molto di quella fuga a Honolulu, di sogni e realtà bellissime di inclusione con cui, però, le nostre coscienze non sono pronte a fare i conti nella vita reale.