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Ogni coppia va in crisi, ma ci sono le mosse giuste per uscirne

COUPLE, HUG, EMBRACE

fizkes | Shutterstock

Annalisa Teggi - pubblicato il 27/08/21

Il rischio più grande delle crisi è farne un oggetto di teorie, discorsi, astrazioni. Bisogna darsi una mossa, invece: stare nel campo della realtà, del «fare» davvero l'amore.

Ho un’allergia ai manuali quando si parla di coppia e matrimonio, ed è colpa mia. Sono cresciuta in una famiglia che si è sfasciata in modo indecente, tutto l’opposto di un matrimonio finito per incompatibilità caratteriale. Tuttora mia madre e mio padre navigano in un pantano scuro ed è come se avessi visto, fin da bambina, la fine peggiore di qualunque film romantico.

Parlare di crisi di coppia e offrire un manuale potrebbe essere un epic fail. Perché il nostro è un tempo di pratica senza teoria, di fare senza darsi le ragioni. Scrivendo un libro che ha l’aspetto di un manuale come Crisi di coppia. Come uscirne in 10 mosse, MarcoScarmagnani non solo non è caduto in quest’errore, ma lo ha anche disinnescato.

Due persone che si amano sono il trionfo della speranza, del bene, degli opposti che si riconciliano, della capacità di perdonare – Marco Scarmagnani

Su For herospitiamo spesso e volentieri i contributi di Scarmagnani che da anni lavora con le coppie, le aiuta a stare dentro il mare in tempesta dell’affettività proponendo rotte che non approdino al porto esclusivo della separazione.

Datti una mossa, anzi dattene 1o

La mossa che lo ha portato a raccogliere un discorso sulla crisi di coppia è proprio una mossa, un gesto pratico. Anziché indugiare in teorie e ipotesi sul perché, come e quando ogni matrimonio conosca tempi di magra e di pessima raccolta, propone 10 mosse per disinnescare il cortocircuito della logica puramente oppositiva. Un manuale, allora? No, non esattamente. E’ molto godibile come lettura, certo. E’ pratico, sì, ma è la concretezza di Dio non del materialista. Questo fa la differenza sostanziale.

L’opera del Cielo è soltanto materiale: la creazione di un mondo materiale. L’opera dell’Inferno è soltanto spirituale. – G.K. Chesterton (da San Tommaso d’Aquino)

Si fa sempre una gran fatica a spiegare questo paradosso. Il vero pratico, tra Dio e il diavolo, è Dio. Lui ha fatto il mondo, il Diavolo ci ha parlato sopra con una bugia. Dio fa le cose, è un amore che fa e si fece pure carne. Il Diavolo è puro egocentrismo disincarnato.

E la pratica di Dio è diversa dal materialismo perché comincia da una visione ideale di partenza (quel “vide che era cosa buona” della Genesi). Si dà una mossa proprio perché ha una visione.

In ogni ambito di vita si può copiare Dio, seguire le orme di una pratica incarnata che è spinta da un ideale ultimo chiaro. Per questo è così decisiva la pratica nella crisi di coppia, perché certa teoria – cioé una certa tendenza a spostare il discorso sulle parole e sulle spiegazioni – è diabolica. (Quanto ci piace parlare delle nostre crisi?)

Scarmagnani propone 10 mosse per affrontare la crisi di coppia, alla luce di una teoria o visione che è il fondamento del discorso complessivo e ci lancia nella realtà:

La teoria […] è che la coppia sia un ambito in cui si giocano questioni esistenziali importanti, che sia altamente significativa per il benessere dell’individuo e del tessuto sociale, che la sfida della stabilità sia una grande avventura che richiede coraggio, forza, dedizione e che aiuti ad allenare e ad apprendere importanti virtù quali la pazienza, la perseveranza, la benevolenza. Tutte virtù che arricchiscono la persona e la coppia, purché dalle teoria si passi, appunto, alle azioni.

Non c’è bisogno di dialogo ma di intimità

Se leggi questo pezzo molto probabilmente vivi in coppia. E ognuno ha una trama di vita e relazioni unica. Appunto qui di seguito alcune ‘pietre miliari’ che ho segnato come adeguate alla mia realtà matrimoniale immergendomi nel libro di Scarmagnani. E, guarda caso, batto ancora il ferro sul pericolo rovente dell’astrazione, del parlare più che dell’essere. Alzi la mano chi non si riconosce in questo ritratto:

Succede… a volte è lei che ha il mito del «dobbiamo parlare», espressione che atterrisce ogni uomo; ma altre volte la cintura nera del logos è lui, che con la sua mente sequenziale – «adesso ti spiego io» – vuole scandagliare e sezionare ogni pezzo di discorso e di ragionamento, rilevandone le contraddizioni e rimuovendole come un chirurgo, spesso incurante di lasciare le ferite aperte di un “discorso” che può essere giusto ma senza amore.

MAN, WOMAN, QUARREL

Il dialogo è uno dei miti del nostro tempo. C’è l’idolo dello spiegare e dello spiegarsi, proprio perché – vedi sopra – siamo vittime di una religione diabolica e disincarnata. I ricordi peggiori che ho del mio matrimonio sono quelli in cui io e mio marito abbiamo parlato e parlato… per ore, nel tentativo vano di capirci. La mossa che fa la differenza è un’altra.

La coppia è il ‘luogo’ privilegiato dove svelarsi. Non c’è domanda più aperta di “Chi sono io?” e l’unica certezza è che non si risponde da soli. Solo guardando un altro possono svelarmi, pian piano, a me stesso. L’alternativa è quella moltiplicazione di identità neutre e incerte che vediamo attorno a noi e che sono sostanzialemente frutto di un narcisismo egocentrico. Marito e moglie si parlano perché sono alleati in una battaglia più importante dell’avere ragione:

Il bisogno profondo, nella coppia, è di potersi rivelare, di poter parlare apertamente, e al tempo stesso di riuscire a meravigliarsi per quello che l’altro sta rivelando.

Amare i difetti, possibile senza essere falsi?

Gli opposti si attraggono, è vero? Vero. Però le scintille degli innamorati sono diverse dalle saette di una coppia sposata. Quando ci innamoriamo di una persona, spesso sono proprio le sue caratteristiche opposte alle nostre ad attrarci. La scintilla è un fuoco d’artificio, di entusiasmo e curiosità per i territori inesplorati.

Quando la vita di coppia viaggia sul binario di un rapporto consolitato nel tempo, le caratteristiche opposte così scintillanti diventano difetti. E i difetti diventano occasioni che scatenano temporali pieni di fulmini. Quello che era attraente diventa un’obiezione, la terra inesplorata diventa una giungla di serpenti velenosi.

Come disinnescare la trappola del recrimirarsi a vicenda una lista infinita di difetti? Come guardare l’altro senza poterlo di quella unicità che lo rende diverso da me?

Che io posso crescere, attraverso di lui, attraverso di lei, perché posso prendere un pezzettino di quel carisma così estraneo e integrarlo nella mia personalità.

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La mossa giusta in questo caso non è accettare o far finta di non vedere. Più che chiudere gli occhi occorre munirsi di lente d’ingrandimento: andare all’origine di un difetto altrui è confrontarsi con la speranza ultima, il mondo – per fortuna – non è fatto a mia immagine e somiglianza. Chi amo è un tu irriducile, altro (nel senzo latino di un opposto tra due dati).

Allora la lode a chi mi sta accanto non è uno sforzo ipocrita che mi passa tra i denti, ma il riconoscimento di un onore che devo alla persona che ho a fianco.
Non sono chiamato a dire cose false ma a cambiare il mio sguardo, per vedere la tua essenza, quella parte di te che resiste e persiste agli accadimenti della vita, e da lì dirti parole di consolazione e incoraggiamento.

Ora la palla passa in mano a voi. Da quale del mosse proposte da Scarmagnani volete cominciare la ginnastica quotidiana di volersi bene?

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