In volo per la gioia di essere atterrati
Quei piedi sorpresi in volo, tutti e due, solo per un attimo, sono lì per aria ad esprimere la gioia, il sollievo e la fine di una paura terribile; nello scatto catturato dall’occhio del fotografo che intuisce forse appena in tempo il gesto che diventerà racconto, sono riusciti a raccontare al mondo quanto Naha, 8 anni appena, fosse felice di poterli posare, di nuovo, su un suolo che non fosse l’Afghanistan.
Il grigio dell’asfalto dell’aeroporto militare di Melsbroek, Bruxelles e loro, ce l’abbiamo in mente tutti quella breve teoria di persone chiuse in un’immagine diventata virale: bimbo piccolo, seguito dal papà, seguito dalla mamma, velata, seguita da un’altra figlia.
E più di tutto il resto ci ha raccontato una storia proprio quel saltello festoso della bimba coi pantaloni gialli. Vola, per un attimo, felice di essere lì e non più là.
Un caso fortuito che poteva che ha sfiorato la tragedia
Prima che si conoscesse la vera storia di questa famiglia, ci eravamo già uniformati ad eleggerla icona di quei disperati, di quegli uomini, donne, bambini carichi di atroce speranza che per giorni si sono accalcati intorno all’aeroporto di Kabul. Tanti non sono riusciti a lasciare il paese e hanno dovuto tenersi quella disperazione; qualcuno, con una disperazione più tenace di altri e muscoli da spendere, si era persino appeso alla fusoliera di quei cupi, erculei C 130 militari, morendo avendoci provato, almeno, si saranno detti in quell’ultimo terrificante volo.
Foto simbolo, storia vera
Ma non esistono storie astratte, rappresentanti di lista di una stessa identica sorte, foto simbolo che possiamo usare come copertina per racconti tutti uguali. Ci sono le persone con le loro vite, piene di particolari, eventi, coincidenze strane, occasioni da nulla che possono trasformarsi in orrore e poi ancora in salvezza e gioia.
E così è la storia di Naha, della sua famiglia e del perché lei saltellasse felice appena scesa da un lungo volo tra continenti.