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La storia dietro la foto della bimba rientrata da Kabul

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NOS Jeugdjournaal

Paola Belletti - pubblicato il 03/09/21

Uno scatto diventato virale prima di conoscere la vera storia della bimba e il motivo della sua gioia. La famiglia viveva in Belgio da alcuni anni e si era recata nel paese d'origine per incontrare i parenti.

In volo per la gioia di essere atterrati

Quei piedi sorpresi in volo, tutti e due, solo per un attimo, sono lì per aria ad esprimere la gioia, il sollievo e la fine di una paura terribile; nello scatto catturato dall’occhio del fotografo che intuisce forse appena in tempo il gesto che diventerà racconto, sono riusciti a raccontare al mondo quanto Naha, 8 anni appena, fosse felice di poterli posare, di nuovo, su un suolo che non fosse l’Afghanistan.

Il grigio dell’asfalto dell’aeroporto militare di Melsbroek, Bruxelles e loro, ce l’abbiamo in mente tutti quella breve teoria di persone chiuse in un’immagine diventata virale: bimbo piccolo, seguito dal papà, seguito dalla mamma, velata, seguita da un’altra figlia.

E più di tutto il resto ci ha raccontato una storia proprio quel saltello festoso della bimba coi pantaloni gialli. Vola, per un attimo, felice di essere lì e non più là.

Un caso fortuito che poteva che ha sfiorato la tragedia

Prima che si conoscesse la vera storia di questa famiglia, ci eravamo già uniformati ad eleggerla icona di quei disperati, di quegli uomini, donne, bambini carichi di atroce speranza che per giorni si sono accalcati intorno all’aeroporto di Kabul. Tanti non sono riusciti a lasciare il paese e hanno dovuto tenersi quella disperazione; qualcuno, con una disperazione più tenace di altri e muscoli da spendere, si era persino appeso alla fusoliera di quei cupi, erculei C 130 militari, morendo avendoci provato, almeno, si saranno detti in quell’ultimo terrificante volo.

Foto simbolo, storia vera

Ma non esistono storie astratte, rappresentanti di lista di una stessa identica sorte, foto simbolo che possiamo usare come copertina per racconti tutti uguali. Ci sono le persone con le loro vite, piene di particolari, eventi, coincidenze strane, occasioni da nulla che possono trasformarsi in orrore e poi ancora in salvezza e gioia.

E così è la storia di Naha, della sua famiglia e del perché lei saltellasse felice appena scesa da un lungo volo tra continenti.

Fuggivano da Kabul, sì, ma per tornare in Belgio dove vivevano già da 7 anni. La famiglia di Naha, che ha altri tre fratelli e sorelle sotto i 12 anni, si era recata in Afghanistan per la prima volta dopo il loro arrivo in Europa.

Cosa li ha spinti? Una cosa così universale e normale da far quasi sorridere: volevano andare a trovare i nonni (i suoceri di lui, racconta il papà nell’intervista rilasciata alla tv olandese VTR). A pensarci non riesco a non immaginare i loro dialoghi, prima di prenotare quel volo, magari qualche discussione, un paio di innocue frecciate ai suoceri, ma soprattutto il desiderio di far incontrare nonni e nipoti lontani da una vita intera o giù di lì.

Proprio in quei terribili giorni

“Siamo partiti il 29 luglio per andare a trovare i miei suoceri”, racconta Sayed Mujeeb, il padre di Neha. “La prima settimana andava tutto bene, ma presto ho capito che i talebani stavano avanzando”, ha detto a VRT Media.

Huffingtonpost

Sayed Mujeeb ha capito quasi subito che qualcosa non andava, ma non credeva che le cose sarebbero precipitate tanto in fretta e col rischio di un epilogo che poteva essere tragico.

“Sapevo che se avessero preso Kabul, non saremmo riusciti a tornare indietro, così ho anticipato la data dei biglietti aerei al 18 agosto”.

Ibidem

I talebani erano già entrati in città; da quel momento Sayed e la sua famiglia si sono presentati diverse volte davanti agli accessi dell’aeroporto ma senza riuscire ad entrare.

“Non avremmo mai pensato che la presa di potere fosse così veloce. C’erano più di quarantamila persone all’aeroporto. Normalmente ci avrebbero lasciato passare, perché noi abbiamo un passaporto belga, ma i talebani ci hanno minacciato lo stesso, puntandoci addosso le armi”.

Ibidem

La sorella maggiore di Naha, Nilab, 12 anni appena, lo racconta ai microfoni dell’emittente belga:

Ho pianto molto perché i talebani ci hanno puntato la pistola all’orecchio.

VRT.be

Neha afferma perentoria che in Afghanistan non ci vuole tornare mai più, che anzi lo detesta a causa dei talebani. Ha avuto paura di non riuscire a tornare a casa sua, in Belgio.

Nella confusione crescente e nell’angoscia che di sicuro accompagnava ogni tentativo fallito dopo diversi giorni la famiglia è riuscita a mettersi in contatto con le autorità belga:

Il ritorno in Europa

“Ci hanno dato un’ora e un luogo dove incontrarci, poi siamo saliti su un autobus che ci ha fatto entrare dentro l’aereoporto di Kabul”, continua Sayed Mujeeb. Da Kabul, la famiglia Sadat è volata a Islamabad, nel vicino Pakistan. Lì hanno dovuto aspettare un volo per il Belgio.

Ib

Ib.

Hanno scoperto poco dopo essere rientrati, grazie ai messaggi di amici e familiari, che erano diventati famosi per quello scatto.

“Quando siamo atterrati all’aeroporto militare di Melsbroek, eravamo molto felici e sollevati”. Il salto di Neha lo dimostra. “Amici e familiari ci hanno inviato la foto. Hanno riconosciuto nostra figlia”, dice Sayed Mujeeb.

Dopo l’atterraggio a Melsbroek, la famiglia fu trasferita a Peutie, da dove ha finalmente fatto ritorno a casa. Durante l’intervista, la famiglia ha espresso la sua gratitudine al Belgio. “Li ringraziamo davvero per averci riportato qui in sicurezza”, ha concluso Sayed Mujeeb.

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