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Il Papa comunica una donna ebrea: «Anche quello che ti ho dato è ebreo!»

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Marko Vombergar - ALETEIA.ORG-(CC BY-NC-SA 2.0)

Giovanni Marcotullio - pubblicato il 16/09/21

La conferenza stampa sul volo di ritorno dalla Slovacchia si è aperta e conclusa – per puro caso – con due riferimenti ad altrettante “vecchiette ebree”. Una occasionale lezione ecumenica nello Yôm Kippûr.

Ieri pomeriggio, poco prima che nel calendario ebraico cominciasse lo Yôm Kippûr – il giorno della grande purificazione cui si collegano i tradizionali digiuni settembrini del culto giudaico –, papa Francesco raccontava in aereo (mentre tornava da Bratislava a Roma) un gustoso aneddoto occorsogli in una casa di riposo, quando da prete era andato a celebrare messa con gli anziani. 

La “vecchietta ebrea” della casa di riposo

Eravamo nel salotto e ho detto: «Chi vuole fare la Comunione, alzi la mano»: tutti, i vecchietti, le vecchiette, tutti volevano la Comunione, e quando ho dato la Comunione a una signora mi ha preso la mano e mi ha detto: «Grazie, Padre, grazie. Sono ebrea…». Io ho detto: «No… Anche quello che ti ho dato è ebreo… Avanti». Questa è l’unica cosa strana, ma la signora si era comunicata prima, me l’ha detto dopo. 

No. La Comunione non è un premio per i perfetti. Pensiamo a Port Royal, al problema di Angélique Arnaud, al giansenismo: i perfetti possono comunicarsi. La Comunione è un dono, un regalo; la presenza di Gesù nella sua Chiesa e nella comunità. Questa è la teologia. Poi, coloro che non stanno nella comunità non possono fare la Comunione, come questa signora ebrea; ma il Signore ha voluto premiarla a mia insaputa. 

Perché [non possono, N.d.R.]? Perché stanno fuori dalla comunità, ex-comunitate – scomunicati, si chiamano. È un termine duro, ma questo vuol dire che non stanno nella comunità, o perché non appartengono, non sono battezzati, o perché si sono allontanati per alcune cose.

Francesco aveva tirato fuori l’episodio per alleggerire la risposta alla domanda sul da farsi in caso ci si trovi davanti qualcuno che non può comunicarsi per essersi posto fuori dalla comunione ecclesiale (si alludeva ai politici abortisti, specie negli Stati Uniti). Rispondendo a domanda diretta, Francesco aveva detto di non aver mai negato la comunione ad alcuno, e tuttavia aveva precisato: 

Ma mai sono stato cosciente di avere davanti a me una persona come Lei descrive, questo è vero. 

Questo sfuma necessariamente la posizione del Papa: è vero che l’Eucaristia non è un premio dei perfetti ma il pane dei peccatori, e «peccatori lo siamo tutti – ripete spesso Francesco, salvo proseguire: – corrotti no». Il peccatore penitente ha nella Chiesa il suo posto proprio, per grazia ricevuta (e umanamente inalienabile); il corrotto (cioè il peccatore incallito che non chiede l’assoluzione per sé ma la esige per i propri peccati) no. 

L’intercomunione e l’ecumenismo del fare-insieme

Quanto al lento e faticoso cammino verso la mensa comune dei cristiani, Francesco esprime da un lato l’ardente desiderio «che tutti siano una cosa sola» quanto prima, e dall’altro la prudente consapevolezza che non si possono cancellare con un colpo di spugna secolari incomprensioni, rancori e insufficienze teologiche ancora insormontate. È significativo, in tal senso, che proprio nel primo giorno dell’appena concluso viaggio a Budapest e in Slovacchia (viaggio cominciato con la conclusione del Congresso Eucaristico) il Santo Padre abbia voluto incontrare le comunità cristiane non cattoliche e quelle ebraiche, alle quali si è rivolto in questi termini: 

L’unità non si ottiene tanto con i buoni propositi e con l’adesione a qualche valore comune, ma facendo qualcosa insieme per quanti ci avvicinano maggiormente al Signore. Chi sono? Sono i poveri, perché in loro Gesù è presente (cfr Mt 25,40). Condividere la carità apre orizzonti più ampi e aiuta a camminare più spediti, superando pregiudizi e fraintendimenti. Ed è anch’esso un tratto che trova genuina accoglienza in questo Paese, dove a scuola s’impara a memoria una poesia, che contiene, tra gli altri, un passaggio molto bello: «Quando alla nostra porta bussa la mano straniera con sincera fiducia: chiunque sia, se viene da vicino oppure da lontano, di giorno o di notte, sul nostro tavolo ci sarà il dono di Dio ad attenderlo» (Samo Chalupka, Mor ho!, 1864). Il dono di Dio sia presente sulle tavole di ciascuno perché, mentre ancora non siamo in grado di condividere la stessa mensa eucaristica, possiamo ospitare insieme Gesù servendolo nei poveri.

La “vecchietta ebrea” che si firma “Sua sorella Edith”

Il viaggio è stato puntellato da importanti riferimenti al cammino ecumenico e al dialogo cattolico-ebraico (che significativamente la Chiesa non rubrica alla voce “dialogo interreligioso”, perché non di un’altra religione si tratta), ma certamente all’inizio della conferenza stampa sul volo di ritorno, quando ancora probabilmente neanche il Papa aveva idea di star per rievocare la storia della vecchietta ebrea che ha fatto la comunione dalle sue mani, molto meno egli poteva immaginare che in chiusura il vaticanista di Sky Tg24 gli avrebbe parlato di un’altra “vecchietta ebrea”: 

Sapendo che io viaggio in volo con Lei, mi ha chiesto di darglielo, me lo ha inviato ieri sera Edith Bruck, la scrittrice ebrea deportata ad Auschwitz a 13 anni, vincitrice quest’anno del premio Strega giovani e Lei, fatto del tutto insolito, era andato a casa sua nel centro di Roma per incontrarla. È un lungo messaggio firmato “Sua Sorella Edith”, in cui La ringrazia per i Suoi ripetuti appelli e gesti contro l’antisemitismo di questo viaggio. Le prime parole sono: “Amato Papa Francesco, le Sue parole sull’antisemitismo mai sradicato oggi sono più attuali che mai, non solo nei Paesi che sta visitando ma in tutta Europa”.

Francesco ha pudicamente commentato: «È vero questo. L’antisemitismo è alla moda adesso, sta risorgendo. È una cosa brutta, brutta, brutta». Ogni cristiano dovrebbe sentirsi colpito da ogni recrudescenza di antisemitismo, e la ragione è proprio quella che all’epoca padre Bergoglio diede alla vecchietta della casa di riposo: «Anche quello che ti ho dato è ebreo». 

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