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Patrick Zaki è in carcere perchè denunciava persecuzioni contro i cristiani

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CC BY-SA 4.0

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 16/09/21

C’è un articolo di Patrick Zaki del 2019 per cui i pubblici ministeri egiziani accusano lo studente di diffusione di notizie false. Parlava della difficile situazione che vivono i cristiani copti in Egitto

Dopo 19 mesi di custodia cautelare preventiva, martedì 14 settembre è cominciato nella città di Mansura, circa 130 chilometri dal Cairo, il processo a Patrick Zaki. 

Zaki è lo studente egiziano dell’università di Bologna detenuto in Egitto con motivazioni politiche. E’ stato accusato di «diffusione di notizie false dentro e fuori il paese». Se condannato, rischia una pena fino a cinque anni di carcere (Il Post, 14 settembre). 

L’arresto e le torture

Patrick Zaki, è detenuto dallo scorso 7 febbraio, giorno del suo arrivo in Egitto, dove era tornato per una breve vacanza nella sua città natale, Mansoura. Ma una volta atterrato al Cairo era stato arrestato senza apparenti motivi.

Secondo quanto riferito dai suoi legali per 17 ore è stato interrogato all’aeroporto sul lavoro e la sua residenza in Italia.

Gli agenti dell’Agenzia di sicurezza nazionale lo hanno bendato e ammanettato. E poi colpito ripetutamente e torturato con scosse elettriche (Avvenire, agosto 2020).

L’articolo “incriminato”

C’è un articolo di Patrick Zaki del 2019 per cui i pubblici ministeri egiziani accusano lo studente di diffusione di notizie false. Parla della persecuzione nei confronti dei cristiani copti. E in particolare, riportava l’episodio della mancata intitolazione di una scuola ad un soldato cristiano ucciso in un attentato. Il suo villaggio di origine Bani Qurra si è ribellato contro questa ipotesi, supportato dalle autorità locali, per il solo fatto che quel martire fosse di religione cristiana e non musulmana.

«Questo articolo – esordiva Zaki – è un semplice tentativo di seguire gli eventi di una settimana della vita quotidiana di cristiani egiziani…». 

«Non passa un mese per i cristiani in Egitto senza 8 o 10 incidenti dolorosi – proseguiva lo studente – dai tentativi di sfollarli nell’alto Egitto, ai rapimenti, alla chiusura di una chiesa o qualcosa che viene fatto saltare in aria, all’uccisione di un cristiano. La conclusione è sempre “disturbo mentale”» (Editoriale Domani, 16 settembre).

Ammanettato in aula

E’ in un clima di tensione, che si è aperto il processo contro lo studente, il 14 settembre. La prima udienza è durata poco più di cinque minuti e che il processo è stato aggiornato al prossimo 28 settembre. Zaki resterà in carcere almeno fino a quella data.

Il giovane era ammanettato nella gabbia degli imputati durante la sua udienza e ha salutato a mani giunte una dozzina di parenti, attivisti e i due diplomatici italiani in aula.

Fino a 5 anni di carcere

In caso di condanna al massimo della pena prevista per il tipo di reato che gli è contestato, Zaki rischia in teoria di rimanere in carcere altri 3 anni e 5 mesi: è quanto emerge da dichiarazioni fatte da una rappresentante dell’ong per cui lo studente egiziano dell’Università di Bologna lavorava e da quanto avevano ricordato a suo tempo fonti della Giustizia egiziana (Ansa, 14 settembre).

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