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Da scarti a figli: Giancarlo, 80 volte papà

PADRE E FIGLIO

Di True Touch Lifestyle|Shutterstock

Giovanna Binci - pubblicato il 29/09/21

Giancarlo, una vita a prendersi cura degli "scarti" insieme a sua moglie, racconta cosa significhi avere un cuore di padre e di come, di quel legame, nemmeno lui possa fare a meno. Anche dopo 80 figli!

Il più piccolo aveva un giorno, la più grande 96 anni. 

Perché dove sta scritto che a un certo punto si smette di essere figli? Arriva per tutti il momento di cavarsela da soli, di crescere, di prendersi delle responsabilità, una macchina familiare col porta bagagli grande e il poggia bibite che comunque non salverà la tappezzeria da sgocciolamenti vari di succo alla pera (perché tra gli optional non fanno anche i sedili idrorepellenti?). 

Un legame che non si recide

Cresciamo e diventiamo noi gli adulti del caso, ma c’è un legame di cui non possiamo restare orfani mai. 

Il motivo lo spiega benissimo Giancarlo Violetto, 57 anni, “casalingo”, come si definisce scherzando sui social che si aspetterebbero nella descrizione una professione più “utile”, sposato con Marina e papà di ottanta (sì, otto-zero come a tombola) figli, in una intervista ad Avvenire:

“ciò che chiedono è sempre accudimento. Questo ti dicono, anche senza parlare: io sto male perché non appartengo a nessuno“.

Che siano bambini abbandonati o con gravi malformazioni dopo aborti non riusciti come Mariangela, che sia una nonnina sola o una mamma col suo bimbo di poche ore, in questa casa famiglia nella campagna veneta della “Comunità Papa Giovanni XXIII” fondata da Don Oreste Benzi le porte e il cuore sono aperte a tutti.

L’unica scelta è aprire la porta del cuore

La cosa bella è che l’affido non è stato una scelta dettata dalla necessità, perché Giancarlo e Marina hanno avuto anche figli “di pancia“. È stata proprio la risposta alla chiamata più alta che può essere fatta a un uomo e una donna, quella a una fecondità vera, che fa spazio e accoglie:

“La paternità comincia nel momento stesso in cui abbiamo scelto di essere marito e moglie. Da credenti, quello che abbiamo chiesto nel giorno in cui ci siamo sposati è di avere la grazia di vivere una paternità, e quindi anche una maternità, aperta alle persone che una famiglia non ce l’hanno”.

(Fonte Avvenire)

Non importa quale sia la nostra età anagrafica, abbiamo bisogno di sapere di chi siamo. Abbiamo bisogno di sapere che qualcuno ci ama con quel “patris corde” a cui Papa Francesco ha dedicato questo anno. 

Paternità da costruire

E un cuore di padre non te lo danno insieme ai pannolini taglia uno o insieme alle due lineette sul ClearBlue. Non arriva. Si costruisce e, magari, si chiede. Anche perché, non c’è una paternità uguale per tutti, bisogna lavorarci giorno per giorno, guardando negli occhi chi hai di fronte.

Chi ti mette alla prova con quel “vuoi farmi da padre?, allora vediamo se sei in grado” o che ti chiede di mostrargli quel qualcosa per cui “nonostante tutto vale la pena” come racconta Giancarlo parlando delle esperienze coi figli che accoglie. 

L’unica cosa standard che è nel cuore di ogni padre deve essere quell’umiltà di cambiare, di mettersi in gioco, al servizio, di allargare il cuore. 

“La paternità responsabile pretende che tu metta prima le persone e poi tutto il resto”.

(Fonte Avvenire)

Quale responsabilità?

Strano come oggi responsabile sia accostato a tutt’altro approccio. Quello di prendere bene le misure con la vita, di avere abbastanza spazio tra carriera e palestra o soldi a sufficienza. Qui è più responsabile abbandonare o chiudere le porte alla vita che non farsi carico di chi è più debole. È responsabile usare dei preservativi, ma non parlare di quella affettivita’ non dico per promuovere la castità, quanto almeno almeno per essere pronti all’eventualità (che si chiama vita) che si buchino. 

Così i social o il mondo non hanno un’etichetta nella descrizione profilo che vada bene per uno che è “solo” un padre e si prende cura anche degli “errori” degli altri. 

“Ogni persona che arriva in famiglia ti richiede un cambiamento, anche quando sono figli tuoi»,

precisa Giancarlo,

«e questo cambiamento sta alla base di qualcosa che si chiama conversione. Non è un moto che parte da noi, altrimenti non riusciremmo a scalzare le sicurezze che ci siamo costruiti attorno, il cambiamento arriva da loro. Per me è stata una grazia essere padre di tante persone, proprio a cominciare da quelle che il mondo ritiene scarti, che sono lì e non ti parlano, ma ti costringono a starci e a meditare sul senso della vita”.

(Fonte Avvenire)

Un legame da coltivare in terra e col cielo

Cresciamo e di quel Patris Corde dove rifugiarci e a cui guardare abbiamo bisogno tutti. Anche Giancarlo, quando tre anni fa ha visto volare in cielo il suo primogenito Flavio per un incidente di parapendio:

“sono i momenti in cui davanti agli altri figli se sei padre devi farti avanti, e allora fai appello a qualcosa che va oltre l’umano, quel qualcosa cui ti sei sempre aggrappato per dire ne vale la pena… Cercare la comunione con l’altro Padre è stato inevitabile”.

(Fonte Avvenire)

La paternità è relazione e legame che non si spezza. Va coltivato e cercato, sulla terra come col padre del Cielo.

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