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Il Purgatorio, la misericordia divina nell’aldilà

PURGATORY

Antonio María Esquivel | Public Domain

Anime del Purgatorio.

Vanderlei de Lima - pubblicato il 05/10/21

Cosa dobbiamo fare di fronte alla realtà del Purgatorio?

La verità di fede riguardo al Purgatorio ci viene esposta con queste parole: “Esiste il Purgatorio, ovvero uno stato di purificazione morale in cui le anime ancora non completamente pure vengono purificate mediante pene, diventando degne del cielo” (Bernardo Bartmann. Teologia dogmática. vol. 3. San Paolo: Paulinas, 1962, p. 448).

La parola “Purgatorio”, se considerata a partire dalla sua radice latina, può prestarsi a confusione, perché sarebbe letteralmente intesa come il “luogo in cui ci si purga”. In realtà, è uno stato in cui la persona morta nell’amore di Dio, e quindi certa della sua salvezza eterna, ma non del tutto ripulita dalle tracce dei peccati lievi commessi, si purifica interamente per poter vedere faccia a faccia (cfr. 1 Cor 13, 12) la Bellezza Infinita (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1030). Sì, nulla di impuro entra nella Gerusalemme celeste (cfr. Sap 7, 25; Is 35, 8), ma Dio, nella Sua misericordia, dà a quell’anima la possibilità della purificazione postuma (cfr. 2 Mc 12, 39-45; 1 Cor 3, 10-16; Mt 5, 25-26). 

Qui si affronta già un punto fondamentale: se il Purgatorio è una concessione della Divina Misericordia, non ha nulla a che vedere con i castighi dell’Inferno (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1031). Detto questo, sorgono tre domande a nostro avviso collegate: qual è l’essenza del Purgatorio? Che pena soffrono le anime in questo stato? Come spiegare il cosiddetto “fuoco del Purgatorio”?

Rispondiamo che l’essenza del Purgatorio consiste in una purificazione totale capace di spegnere “anche la minima imperfezione che si interponga tra l’anima e Dio” (Leo Trese. A fé explicada. 3ª ed. São Paulo: Quadrante, 1981, p. 140). La pena più grande che soffrono le anime in questo stato è quella di vedere rimandato il loro immenso desiderio di incontro con Dio. Trese scrive che “la sofferenza maggiore del Purgatorio sarà la penosissima agonia che l’anima deve soffrire vedendo rimandata, anche se solo per un istante, la propria unione con Dio” (idem). Quanto al cosiddetto fuoco del Purgatorio – che non è dottrina di fede (cfr. Schmaus, Bartmann, Garrigou-Lagrange, Royo Marín; Otto, Bettencourt ecc.) –, può essere inteso come un simbolo o una metafora per indicare la sofferenza derivante dal rimandare l’incontro faccia a faccia con Dio (cfr. Mons. Estêvão Bettencourt, OSB. Curso de Escatologia. Rio de Janeiro: Mater Ecclesiae, 1993, p. 57).

Se il Purgatorio è uno stato in cui l’anima ha la certezza per la quale – non appena si libererà dalle tracce dei peccati lievi – vedrà Dio faccia a faccia in cielo, può provare solo pace e allegria (cfr. Santa Catarina de Genova. O Tratado do purgatório, in F. Aquino. O purgatório: o que a Igreja ensina. Lorena: Cléofas, 2006, p. 74).

Alcuni chiedono quanto “tempo” – usando una categoria di questo mondo – dura il Purgatorio. La Chiesa ci risponde che il Purgatorio in sé durerà fino alla fine dei tempi. Nel frattempo, ogni anima in particolare “deve dirsi che la pena sarà tanto più lunga e intensa quanto è maggiore l’espiazione richiesta” (Reginald Garrigou-Lagrange. O homem e a eternidade. San Paolo: Flamboyant, 1959, p. 206). Alla fine, la purificazione o il distacco dalle tendenze peccaminose è la grande ragion d’essere di questo stato di purificazione nell’aldilà.

Dopo tutto quello che è stato detto, resta la grande domanda: cosa dobbiamo fare di fronte alla realtà del Purgatorio? La risposta sembra comportare due parti. La prima riguarda noi stessi: vivere lontani dal peccato attraverso la vita santa alla luce degli insegnamenti della Madre Chiesa. Madre che, sapendo che siamo peccatori, ci offre il rimedio salutare nel sacramento della Confessione. Oltre a questo, è molto importante che ci dedichiamo all’amore per il prossimo (cfr. 1 Pt 4, 8) e all’ascesi (cfr. 1 Cor 9, 24-27), per realizzare il nostro “purgatorio” in questo mondo. La seconda si riferisce ai fratelli e alle sorelle già defunti. Dobbiamo pregare per tutti loro perché entrino quanto prima nella Città Santa in cui l’architetto e il costruttore è Dio stesso (cfr. Eb 11,9-10). 

È poi improprio pregare “per le anime più abbandonate o dimenticate del Purgatorio”, perché la Chiesa, da madre affettuosa che è, non dimentica, nelle sue preghiere, nessuno dei suoi figli e delle sue figlie.

Lodiamo e ringraziamo, quindi, Dio perché ci offre il Purgatorio come concessione della Divina Misericordia nell’aldilà!

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