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Jovanotti e la battaglia di Teresa contro il tumore: che forza, mia figlia!

JOVANOTTI, LORENZO, CHERUBINI

D-VISIONS | Shutterstock

Paola Belletti - pubblicato il 08/10/21

Invitato come ospite d'eccezione ma anche come testimone della lotta contro il tumore, Lorenzo Cherubini ha raccontato al Teatro Manzoni di Milano di come sua figlia Teresa abbia trovato e dato forza a tutti in questa strana avventura.

Testimonial d’eccezione a Ieo per le donne

Sul Corriere si trova un rapido resoconto della partecipazione di Lorenzo Cherubini a “Ieo per le donne”, evento di sensibilizzazione sul tema prevenzione tumori, rivolto in particolare alle donne e alle neoplasie che colpiscono il seno.

Anche la sua Teresa, 22 anni, è passata attraverso la malattia oncologia: il suo un linfoma di Hodgkin, tumore del sistema linfatico. Partito come un prurito fastidioso poi divenuto insopportabile, annunciato con segnali più impietosi e chiari da un nodulo comparso sotto il braccio, per Teresa e la sua famiglia è stata un’avventura piena di pericoli, terrore, momenti di sconforto ma anche popolata di fidi compagni, insospettabili eroi, equipaggi ben preparati persino alle tempeste più violente.

E così ne sono usciti; per questo il papà Lorenzo è contento di poter dare il suo contributo all’Istituto Europeo di Oncologia dove Teresa si è curata e da cui è nata l’iniziativa benefica.

Il racconto come condivisione e terapia

Jovanotti, prima di essere un testimonial per questa nobile causa e un cantautore carismatico e longevo, è un padre e un marito. E come papà ha vissuto l’esperienza della malattia di sua figlia insieme alla moglie con le forze che si sono trovati.

Non solo le loro, degli adulti, quelli che accompagnano, si preoccupano e sostengono, ma soprattutto della figlia stessa. Già al momento dell’annuncio della guarigione, che il famoso padre ha lasciato tutto alla libertà della sua Teresa, sia lui che la mamma hanno confessato, in un mare di gratitudine ancora tremante, che il vero punto fermo durante l’infuriare della tempesta lo hanno trovato proprio in loro figlia.

Resi vulnerabili dall’amore, come tutti i genitori, si sono visti spogliati per mano del dolore e della paura: di perderla soprattutto, di non farcela a sopportare un percorso tanto impegnativo, di venire meno alla loro chiamata. Invece ce l’hanno fatta insieme a lei e anche grazie a lei.

Le testimonianze sono il cuore dell’evento

In questa giornata di incontro e riflessione, in cui non è mancato anche un piccolo break musicale, Jovanotti racconta su quale nave picciola, ma nemmeno troppo , gli è toccato compiere una simile traversata. Era loro tre, soprattutto, la famiglia. Ma le più forti, ci assicura, sono state le donne, sua moglie e soprattutto la giovanissima Teresa.

«Mia moglie e Teresa hanno affrontato questo viaggio con una forza che mi ha sorpreso. Pensavo di essere io quello forte del gruppo e invece mi sono accorto che avevo le gambe che cedevano».

CorSera

A parlare di questa storia , ora arrivata ad un epilogo felice, la guarigione, e quindi ad un nuovo inizio per Teresa, come di una vera e propria avventura è proprio Jova. Perché di sicuro sa di essere partito in un certo modo ed essere arrivato all’approdo diverso; non solo stanco e segnato ma cambiato e più vero.

La guarigione nasce dalla vera cura

Del periodo di cura, trascorso tra la casa di Milano e lo Ieo, Jovanotti ricorda: Mesi duri, che ora riesce a riguardare «in maniera un po’ più razionale. Quello che ho imparato da padre è che queste cose si affrontano, con strumenti evoluti e complessi, un giorno alla volta, con un obiettivo davanti e guardando al futuro, con coraggio, speranza e fiducia. Queste sono tre parole fondamentali, insieme all’amore».

Ibidem

Teresa insegna a non lasciarsi sconvolgere da niente

Siamo nel mese di ottobre e fra poco sarà la memoria liturgica di Santa Teresa d’Avila; lui ne è innamorato. Non so se l’amore a cui si riferisce qui è solo quello tra genitori e figli, allargato alla comunità e anche a medici e infermieri che li hanno guidati con perizia. Forse intende anche qualcos’altro, di più profondo e alto.

E forse nemmeno la fiducia che invita ad avere, giustamente, nei mezzi sempre più efficaci che noi uomini ci siamo conquistati per combattere queste malattie, è da riporre soltanto lì.

Più mezzi per contrastare i tumori

Certo è che affrontare una malattia che fino a solo un decennio fa veniva considerata una irrevocabile condanna a morte con una fondata ipotesi di cura se non di guarigione completa è meglio che soccombere subito alla rassegnazione e, non si sa bene perché, ad una strana vergogna.

La malattia va vinta ma anche offerta

Siamo fatti per la vita e ogni malattia è un’offesa alla nostra bellezza; ma siamo fatti soprattutto per la vita eterna e sappiamo, come cristiani, che nella rivoluzione definitiva portata da Cristo, la sofferenza è moneta preziosa, mai soggetta a svalutazione o crisi speculative. Agli occhi di Dio il nostro patire è oro. Anche questo, persino scoprirsi fragili e amati, rende la vita più bella, più degna, più vivibile, in qualsiasi circostanza ci riesca ad infilare.

E’ per te ogni cosa che c’è

Per questo si canta, alla fine. Per gratitudine. Lo fa anche Jovanotti, e sì dice quanto sia bello farlo dopo due anni di stop dovuti al Covid. Ma dovremmo chiederci come mai questa privazione è stata tanto dura da sopportare; che cosa ci insegna di noi come creature umane e come esseri sociali? Cosa ci dice del tempo e dei suoi ritmi, del fatto che abbiamo bisogno di ferialità e di feste?

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(…) C’è chi vive la malattia in una fase avanzata, chi l’ha scoperta presto. Alcune parlano di nuovi inizi e interessi. È un grande risultato anche riuscire a combattere la rassegnazione che prima accompagnava il tumore». Sul palco tante giovani pazienti. «Per questo è importante anticipare la prevenzione — per Veronesi — e fare i primi controlli dai 30 anni se in famiglia ci sono già stati casi».

Il ritardo da recuperare

Un altro effetto negativo del Covid e delle restrizioni che ci ha imposto è la cannibalizzazione della sanità che si è concentrata, pur non volendolo, quasi solo sull’emergenza virale. I malati di tumore e la strategia preventiva che da anni stiamo costruendo ne hanno risentito eccome: meno screening, esami rimandati, sintomi trascurati. Per questo bisogna accelerare e cercare di recuperare.

Il periodo della pandemia ha inciso sulle attività di screening. «Ora è necessario fare ancora più di prima». Ed esplorare altre frontiere, come dice Manuelita Mazza, medico oncologo della Divisione di senologia medica. «I social network possono essere usati per ascoltare i bisogni inespressi dei pazienti — spiega —, per indirizzarli e dare i giusti consigli in caso di problemi “soft”. Oppure possono essere sfruttati per la farmacovigilanza. Sono una risorsa».

Corsera

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