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Alla scuola di preghiera di Teresa d’Ávila (1/5): non annoiarsi davanti a Dio

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Marzena Wilkanowicz-Devoud - pubblicato il 11/10/21

A pochi giorni dalla festa di santa Teresa d’Ávila, che cade il 15 ottobre, Aleteia propone un percorso per mettersi alla scuola della grande mistica spagnola e imparare con lei a pregare meglio. Oggi tre consigli di santa Teresa per non scivolare nella noia quando si prega.

Chi non ha fatto, pregando, l’esperienza del vuoto? Chi non ha conosciuto la sensazione di starsene stretto nella noia e di attendere un Dio che non arriva? Chi non si è sorpreso a dire, a un certo punto, “ma a che serve? La preghiera non è per me… non sono fatto per pregare”. 

Se si leggono i racconti di certi grandi religiosi, ci si rende conto che nessuno sfugge all’esperienza della noia e del vuoto durante la preghiera. Anzi, peggio ancora, a quella di una “aridità spirituale” che può durare anni! Pure i santi ne dànno testimonianza! 

Teresa d’Ávila, grande mistica spagnola del XVI secolo, che ne ha fatta una lunghissima esperienza, racconta di come talvolta durante l’orazione non riuscisse ad avere «alcun pensiero fisso e stabile, né di Dio né di qualsivoglia bene». Un giorno, in particolare, si annoiava tanto che si è sorpresa a contare i chiodi sulla suola della religiosa che pregava proprio davanti a lei. Niente di grave, evidentemente, ma come si può comprendere questa noia così sfiancante, e soprattutto come si fa a non essere tentati di abbandonare tutto? Ecco tre consigli di santa Teresa d’Ávila. 

1Accettare di annoiarsi davanti a Dio

Per la mistica spagnola la preghiera consiste talvolta… semplicemente nell’annoiarsi davanti a Dio. Stéphanie Sassi, membro del Carmelo Secolare (OCDS) da vent’anni, coach in orientamento scolastico e madre di tre bambini, ha dichiarato ad Aleteia: 

Mi capita di fare molta fatica nel pregare. Per non vagabondare con la testa e piombare nella noia, ho bisogno di fissare lo sguardo su di una icona. È essenziale sapere che mi sto rivolgendo a una persona, per di più a una persona che mi ama: non ci si lancia mai da soli nella preghiera! Non bisogna avere fretta, perché se si accetta di annoiarsi davanti a Lui, se Lo si lascia fare, allora Egli può agire. 

E così, senza attendere nulla, si ripone tutta la propria speranza nella grazia di Dio. L’esperienza dell’impotenza appartiene a Dio, anche quando si traduce in noia, perché tutto ciò che si vive appartiene a Dio. Se la preghiera è talvolta una lotta, lo scopo ultimo è sempre la riconsegna della propria esistenza tra le mani di Dio, il quale è un Padre che ama infinitamente. «Pregare – direbbe santa Teresa d’Ávila – non è pensare molto, ma amare molto». 

2Ripetergli una parola soltanto

La noia nella preghiera può venire da una semplice stanchezza, da una scelta sbagliata del momento, da un lavoro stressante. Quando questa effettiva stanchezza nella preghiera si fa sentire un po’ troppo, la cosa più semplice è ripetere una parola sola, come “Gesù”, o una frase, come “Signore, ti amo e so che anche tu mi ami”, o riflettere sulla frase “Padre nostro che sei nei cieli”. La mistica spagnola spiega che è un modo propizio di fissare i propri pensieri, nonché di «aiutare l’anima a raccogliersi»: infatti non abbiamo «bisogno di ali per andare a cercare Dio»; basta che l’anima si metta a guardare dentro sé stessa, «per trovarvi un tanto buon ospite». Teresa d’Ávila invita a cercarLo nella propria anima, a entrare in relazione di amicizia con Lui. 

La noia può essere un’occasione per apprendere ad ascoltare il silenzio di Dio: bisogna solo permetterGli di raggiungere le profondità dell’anima, lì dove le distrazioni non arrivano, lì dove il vuoto, la noia, il sensibile non hanno accesso. Non saranno le distrazioni a impedire a Dio di trasformare la nostra anima: la relazione di amicizia con Dio viene prima, essendo la preghiera anzitutto un movimento del cuore. 

3Restare fedeli all’appuntamento

Per santa Teresa d’Ávila, l’orazione permette di passare, nei confronti di Dio, da un approccio utilitaristico a uno d’amicizia. Per questo è importante restare amici fedeli fissando un appuntamento quotidiano con Dio. Un appuntamento che Stéphanie Sassi onora ogni mattina tra le 6 e le 7, prima che cominci la maratona domestica: 

Prego davanti al mio piccolo oratorio installato sul caminetto del salone con, al centro, l’icona della Sacra Famiglia. Accendo la candela, prego spesso sui testi della messa, sul Vangelo del giorno, e poi faccio silenzio. 

La signora Sassi confida di non essere mai venuta meno a questo tête-à-tête con Dio, neanche nei momenti disperanti: 

Durante un periodo di grandi prove personali, quando ero “tutta rotta”, ero comunque presente. Era vitale, per me, offrire così a Dio la parte più intima e più miserabile di me. Facendo quest’atto di offerta e di fede, so che Gli permettevo di agire in me. 

Credo profondamente che Dio abbia bisogno di questi momenti di umiltà per manifestarci la sua misericordia. Egli ha bisogno dei “poveri” per estendere il suo amore nel mondo: è un atto che salva il mondo. 

In una vita bella piena, talvolta agitata da crisi o da problemi quotidiani, la fedeltà può essere una vera sfida, ma non è cosa più che vitale, lasciar entrare Dio nella nostra interiorità più intima e più povera? La risposta sembra luminosa: «Il cielo non sarà dentro di noi – si domandava santa Teresa d’Ávila –, dal momento che il Signore è in noi? 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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