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Il Vaticano torna a bacchettare il ddl Zan. Il Senato lo boccia.

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Lucandrea Massaro - pubblicato il 27/10/21

Mentre oggi è in Aula al Senato il discusso disegno di legge che dovrebbe difendere le persone Lgbt+ da aggressioni e discriminazioni, ma ha profili di grande ambiguità sulla libertà di parola ed educazione

Mentre scriviamo il ddl Zan viene – de facto – affossato definitivamente con il voto della cosiddetta “tagliola” con 154 voti a favore e 131 contro. La procedura, evocata da regolamento dal Senatore leghista Calderoli, prevede il “voto di non passaggio agli articoli”.
Dopo una mattinata all’insegna della discussione tra membri dei vari gruppi politici al Senato, la legge Zan si arena prima ancora di arrivare realmente in Aula e dunque tutto si ferma per i prossimi sei mesi, ma contestualmente l’attività del Parlamento – e delle forze politiche – saranno impegnati su fronti molto delicati come la manovra di Bilancio e, subito dopo la ripresa natalizia, con la cruciale elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Il mandato di Sergio Mattarella infatti scade il 3 febbraio 2022.

Lapidario il commento di Mario Adinolfi, presidente del Popolo della Famiglia, che in tv e sui giornali ha da tempo messo in guardia la maggioranza dall’operare forzature:

Hanno voluto forzare la mano con una legge brutta e scritta per colpire con il carcere gli avversari politici. Ora pagano col fallimento politico. Ho scritto, detto per mesi che il ddl Zan era morto, beccando insulti e incredulità. Oggi il ddl scompare del tutto. Sia di lezione. Se ci si organizza, se si resiste, se si combatte, alla fine si può vincere. Oggi abbiamo vinto. Grazie a tutti coloro che non hanno mai rinunciato. Grazie al Popolo della Famiglia.

La criticità del ddl Zan

Come avevamo avuto modo di spiegare con un precedente articolo, la legge che il PD avrebbe voluto approvare aveva trovato la resistenza tanto del centrodestra, che del mondo cattolico e di una parte minoritaria ma significativa della sinistra stessa e del femminismo. Perfino alcuni omosessuali avevano sposato le ragioni delle femministe circa i rischi di una cancellazione delle differenze tra uomo e donna.

In particolare invece la Santa Sede si era fatta sentire per vie diplomatiche, chiedendo allo Stato italiano di garantire le norme contenute nei Patti Lateranensi. Lo scorso 17 giugno monsignor Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato aveva indicato che «alcuni contenuti attuali della proposta legislativa in esame presso il Senato riducono la libertà garantita alla Chiesa Cattolica dall’articolo 2, commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato».

I rischi che la Santa Sede vedeva erano specialmente rivolti ai temi dell’educazione, nelle scuole e negli oratori

La Chiesa torna a farsi sentire

Ora nuovamente – la Chiesa, questa volta sotto la forma del Vaticano – per bocca della Congregazione per la Dottrina della Fede dietro sollecitazione dell’associazione Pro Vita e Famiglia, ha risposto:

«Davanti a simili progetti di legge, il comportamento dei fedeli e dei politici cattolici deve adeguarsi al Magistero della Chiesa, che sull’ideologia gender ha espresso ‘chiara riprovazione’ tramite numerosi interventi di Papa Francesco». Lo afferma la Congregazione per la Dottrina della Fede della Santa Sede in risposta alla richiesta di chiarimenti dottrinali sul Ddl Zan pervenuta dall’associazione Pro Vita & Famiglia Onlus, schierata contro l’approvazione del disegno di legge che riprende oggi l’esame al Senato.

E prosegue

Ringraziando Pro Vita & Famiglia «per il lavoro e il contributo che svolge in favore e a difesa della vita, dal concepimento al suo termine naturale, e a vantaggio di una vera cultura della famiglia», la Congregazione vaticana conferma l’incompatibilità tra l’identità di genere promossa dal Ddl Zan e la dottrina cattolica richiamando la «chiara riprovazione dell’ideologia gender» espressa da Papa Francesco in numerosi interventi e, in particolare, nel paragrafo 56 dell’Esortazione apostolica postsinodale Amoris Laetitia, in cui si criticano gli «orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina», e si considera «inquietante che alcune ideologie di questo tipo (…) cerchino di imporsi come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei bambini».

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