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Il Papa: sradicare la “cultura di morte” degli abusi, no al silenzio complice

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Antoine Mekary | ALETEIA

Vatican News - pubblicato il 04/11/21

Messaggio di Francesco al Convegno “Promuovere child safeguarding al tempo del Covid-19 e oltre”, in corso oggi a Roma, che vede la partecipazione di rappresentanti del Parlamento Europeo e Italiano e della Polizia Postale. “La tutela dei minori - scrive il Pontefice - sia priorità nell’azione educativa della Chiesa. I giovani chiedono un rinnovamento contro queste ferite"

Conversione, formazione, prevenzione. Papa Francesco indica l’“azione sistematica” che chiunque oggi rivesta responsabilità educative e operi in ambienti con minori – in Chiesa, società e famiglie – deve compiere per “sradicare la cultura di morte di cui è portatrice ogni forma di abuso, sessuale, di coscienza, di potere”. Il Papa usa parole chiare e definitive nel messaggio ai partecipanti al Convegno “Accogliere ed educare in ambienti sicuri. Promuovere child safeguarding al tempo del Covid-19 e oltre”, che si svolge oggi a Roma, nella sede del Dicastero della Comunicazione. “La tutela dei minori sia sempre più concretamente una priorità ordinaria nell’azione educativa della Chiesa; sia promozione di un servizio aperto, affidabile e autorevole, in contrasto fermo ad ogni forma di dominio, di sfregio dell’intimità e di silenzio complice”, dice il Pontefice ai partecipanti all’evento organizzato dalla Comunità Papa Giovanni XXIII con l’Azione Cattolica Italiana e il Centro Sportivo Italiano, in collaborazione con il Centro per la Vittimologia e la Sicurezza dell’Università di Bologna. Ad esso partecipano – in presenza e in remoto – rappresentanti del Parlamento Europeo e Italiano e della Polizia Postale.

Il progetto “Safe” 

Un evento inedito, dunque, che segna un ulteriore passo nel cammino di collaborazione tra associazioni ecclesiali e laicali contro un male ancora oggi esistente e persistente come quello degli abusi sui minorenni. Il convegno è il frutto di due anni di ascolto, ricerca e formazione, all’interno del progetto “Safe”, iniziativa nazionale co-finanziata dall’Unione Europea, con elevato impatto internazionale, elaborata grazie all’esperienza della Comunità Giovanni XXIII nel trattare con bambini vulnerabili e vittime di abusi, in stretta collaborazione con psicologi, pedagogisti, assistenti sociali, avvocati, accademici.

Un lavoro dal basso

È quindi “un lavoro partito ‘dal basso’, come espressione della partecipazione attiva del popolo di Dio al cammino di conversione personale e comunitaria”, come osserva il Papa nel suo messaggio, firmato il 21 ottobre a San Giovanni in Laterano e letto all’inizio dei lavori. “Un cammino – dice il Vescovo di Roma – che come Chiesa siamo chiamati a compiere tutti insieme, sollecitati dal dolore e dalla vergogna per non essere stati sempre buoni custodi proteggendo i minori che ci venivano affidati nelle nostre attività educative e sociali”.

L’abuso, atto di tradimento della fiducia

Francesco invoca un “processo di conversione” che, a sua volta, richiede con urgenza “una rinnovata formazione di tutti coloro che rivestono responsabilità educative e operano in ambienti con minori, nella Chiesa, nella società, nella famiglia”. “Solo così – afferma -, con un’azione sistematica di alleanza preventiva, sarà possibile sradicare la cultura di morte di cui è portatrice ogni forma di abuso, sessuale, di coscienza, di potere”.

E “se l’abuso – sottolinea il Papa – è un atto di tradimento della fiducia, che condanna a morte chi lo subisce e genera crepe profonde nel contesto in cui avviene”, la prevenzione dev’essere “un percorso permanente di promozione di una sempre rinnovata e certa affidabilità verso la vita e il futuro, su cui i minori devono poter contare”. È un compito che tocca agli adulti, i quali sono chiamati a riscoprire “la vocazione di artigiani dell’educare” e a sforzarsi ad “esservi fedeli”. Nel concreto, spiega il Pontefice, significa “favorire l’espressione dei talenti di coloro che accompagniamo; rispettarne i tempi, la libertà e la dignità; contrastare con ogni mezzo le tentazioni del sedurre e dell’indurre, che solo in apparenza possono facilitare le relazioni con le giovani generazioni”.

I giovani chiedono un rinnovamento

Proprio ai giovani guarda il Papa, in particolare quelli formatisi in questo progetto. Li guarda – dice – “con fiducia e speranza”, perché sono proprio loro a chiedere “un passo deciso di rinnovamento di fronte alle ferite degli abusi riscontrate nei loro coetanei”. Sono “giovani apostoli dei giovani”, afferma Francesco citando un’espressione di Paolo VI: “Il contributo dei giovani sarà prezioso nel riconoscere le situazioni a rischio e nel richiamare con coraggio tutta la comunità alla sua responsabilità nella salvaguardia dei minori, a rivedere il modo di relazionarsi con le giovani generazioni, perché si torni ad assicurare loro la bellezza di incontrarsi, dialogare, giocare e sognare”.

Adulti custodi di un’alleanza educativa tra generazioni

Da qui un nuovo appello agli adulti che hanno condiviso questo percorso con i ragazzi, anzi, un augurio: “Continuare a essere credibili, vale a dire responsabili nella cura e coerenti nella testimonianza”. “Possano essere promotori e custodi di una rinnovata alleanza educativa tra le generazioni e tra i diversi contesti di crescita dei minori, capaci di stimolare tra loro una connessione generativa e tutelante, soprattutto in questo tempo complesso di pandemia”, chiosa il Papa, esortando le associazioni laicali a “perseverare in questa azione di formazione alla corresponsabilità, al dialogo e alla trasparenza”.

Il convegno di Roma

Diviso in due sessioni, il convegno vede la partecipazione in rappresentanza dell’Unione Europea di Alexandra Valkenburg, ambasciatrice UE presso Santa Sede, Ordine di Malta, Nazioni Unite a Roma e Repubblica di San Marino. A fare gli onori di casa, il prefetto del Dicastero della Comunicazione Paolo Ruffini. A nome delle associazioni organizzatrici dell’evento, partecipano invece: Giuseppe Notarstefano, presidente dell’Azione Cattolica; Vittorio Bosio, presidente del CSI; e Giovanni Ramonda, presidente della Comunità Giovanni XXIII. Insieme ad esperti, docenti e operatori specializzati, i partecipanti discuteranno di diverse tematiche relative alla “child safeguarding”, quindi come realizzare policy, strategie e approcci multidisciplinari per promuovere ambienti sicuri in cui educare e accogliere minori.

L’originale su Vatican News

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