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“The Chosen”, la serie su Gesù che spopola in tutto il mondo

JONATHAN ROUMIE

The Chosen | Vidangel Studio

Lauriane Vofo Kana Lauriane Vofo Kana - pubblicato il 05/11/21

Il Vangelo giunge su tutti gli schermi in forma di serie per la prima volta in assoluto. Finanziata dalle offerte degli spettatori e distribuita al di fuori delle piattaforme tradizionali, la serie accumula milioni di visualizzazioni e di registrazioni. Ma come si spiega il suo fenomenale successo?

Essere visualizzata da un miliardo di persone: ecco l’obiettivo visionario della serie “The Chosen”. Fuori norma essa lo è incontestabilmente per l’ambizione, ma non solo: la produzione spera di portare sugli schermi sette stagioni della vita di Gesù e il percorso dei personaggi biblici incontrati una pagina dietro l’altra. Altra sfida, riuscire nella prodezza contando esclusivamente sugli spettatori: niente Hollywood, dunque, con le sue società di Produzione che presidiano il mercato. Senza dimenticare la scelta di diffondere la serie fuori dai classici circuiti di distribuzione. Non si tratta infatti di una rete televisiva né di giganti della distribuzione come Netflix: gli spettatori possono trovare gli otto episodi di ogni stagione sulla piattaforma VidAngel e sull’app The Chosen, che appartiene alla medesima società di diffusione – Angel Studios

Tutto ciò fa della Produzione un vero UFO nella galassia delle serie. Eppure, dopo quasi due anni dall’uscita del primo episodio, The Chosen ha saputo imporsi. L’applicazione sviluppata da VidAngel ha totalizzato più di 5 milioni di download su Google Play. Su YouTube e su Facebook la prima stagione, diffusa nel 2019, ha accumulato più di 9 milioni di visualizzazioni, e il complesso della piattaforma conta qualcosa come 50 milioni di visioni. La stagione 2 ha incontrato essa pure un immenso successo, quando (nella primavera 2021) è uscita. La terza stagione, attesa per il 2022, è in corso di finanziamento. 

Vieni e vedi 

The Chosen è anzitutto un’esperienza visuale inedita. A quanti si sono già domandati come potesse essere la vita dei fratelli Simone e Andrea prima dell’incontro con Gesù, o quali ornamenti potessero essere stati allestiti per il ricevimento di Cana, la serie propone una ricostruzione capace di convincere. «Dopotutto, un testo non può catturare tutte le emozioni», commenta padre Jim Chern, cappellano cattolico della Montclair State University (New Jersey) e fedele spettatore. Ha sentito parlare della serie poco prima della sua uscita, nel 2019, ma per buttarsi nella visione ha aspettato ancora qualche tempo (e la raccomandazione del suo accompagnatore spirituale). 

Scena dopo scena, il prete viene preso dalla bellezza della rappresentazione: 

Mi unisco a quanti trovano che la serie abbia qualcosa della spiritualità ignaziana. Quando si guarda The Chosen si viene come proiettati nella scena evangelica, perché la serie cerca di ricreare in maniera verosimile l’ambiente, i rumori, insomma ciò a cui la vera scena sarebbe potuta assomigliare. 

L’immaginazione – uno degli strumenti della lectio divina secondo sant’Ignazio di Loyola – permette agli sceneggiatori di proporre una spiegazione al soprannome “figli del tuono” che Gesù dà ai fratelli Giacomo e Giovanni, oppure ancora di arricchire di immagini un versetto laconico quanto alle descrizioni. Ed è questa cura dell’estetica a sedurre: 

Penso in particolare all’incontro di Cristo con la Samaritana – aggiunge il cappellano –: l’episodio mi ha messo le lacrime agli occhi, era così bello e toccante! 

THE CHOSEN

Anche l’occhio esperto di Hubert de Torcy, direttore della Daje Distributions, è stato impressionato: «La qualità della fotografia, dei costumi, delle decorazioni, la recitazione…». Insomma, ci sono molti punti positivi. Scoprendo la produzione americana, il direttore percepisce immediatamente il potenziale della serie: una produzione capace di raccogliere un pubblico di credenti e di non-credenti. Tra i primi piace 

il versante nuovo, che porta alla ribalta una folla di personaggi che talvolta nella Bibbia appaiono furtivamente. 

Per i secondi, De Torcy scommette sulla 

sceneggiatura, che s’intesse di una moltitudine di intrighi e una moltitudine di personaggi a cui succedono tante cose. 

Ci sono insomma tutti gli ingredienti per fare «una serie palpitante, coinvolgente e di grande successo di pubblico». 

Un modello inedito 

Il pubblico: ecco uno dei punti di forza del fenomeno The Chosen. Non semplici spettatori, neppure proprio produttori ma una moltitudine di preziosi collaboratori. È il finanziamento partecipativo, infatti – 10,3 milioni di dollari raccolti – che ha permesso di produrre la prima stagione: dati che rendono la produzione quella a maggior tasso di crowdfunding della storia. 

THE CHOSEN

Ancora oggi padre Jim Chern e altri spettatori continuano a elargire i fondi necessari alla produzione: come per la prima e per la seconda serie, servono 10 milioni di dollari anche per finanziare la terza stagione. Al momento non è stata ancora raccolta l’intera somma, ma le riprese sono già avviate. Per sviluppare il sistema, il regista Dallas Jenkins si è associato ad Angel Studios. L’impresa è specializzata in particolare nel finanziamento partecipativo di produzioni audio-visive. La società, che possiede anche una piattaforma VOD, ha lanciato nell’autunno 2019 un’applicazione inedita dedicata alla serie. Lo scopo? Permettere agli utenti di visionare gli episodi di The Chosen non appena messi online, rendendo così la serie accessibile gratuitamente in tutti i continenti. 

È questo punto di forza che ha sedotto numerosi fan, come Sonja, studentessa sudafricana di marketing che vive a Dubai: dietro consiglio del suo pastore e di un’amica, ha scaricato l’app. In pochi giorni, come accade ogni volta che una serie è buona, ha visualizzato per intero «la prima e la seconda stagione». 

Sull’app posso seguire il progresso della raccolta fondi, delle riprese, e tutto questo grazie alle offerte di altre persone. Se non fosse stato gratis, degli studenti come me – o comunque delle persone che per un motivo o l’altro non dispongono di fondi – non avrebbero cominciato a guardare la serie. 

E la giovane pensa che sarebbe stato un peccato, visto che la produzione le sembra «una benedizione nella sua vita quotidiana». 

Hubert de Torcy si sofferma pure ad analizzare questo inusitato modello economico come un’innovazione a sé stante: 

Costituisce un circolo virtuoso. I produttori hanno recuperato molti mezzi, poi hanno messo a disposizione la serie: questo ha moltiplicato l’audience. Adesso possono far leva sull’audience per finanziare il seguito. Hanno innovato sul piano dei modelli di distribuzione, di finanziamento e di produzione. 

Dopo un appuntamento col pubblico mancato nel 2017 – la produzione dell’ultimo film stava per rovinarlo – Dallas Jenkins ha dunque operato una scelta vincente puntando su un sistema che esce dai sentieri battuti. 

Grandi mezzi per la Missione 

Supporto catechistico, ricostruzione storica o documentario? Le ispirazioni molteplici di una serie che punta a basarsi sulla Bibbia pur preservando una certa licenza artistica segnano anche il “passo di lato” fatto dai creatori. Cosciente di camminare su una cresta, il produttore Dallas Jenkins non ha esitato a circondarsi di consulenti religiosi. Il cristiano evangelico ha preso l’abitudine a consultarsi con un pastore, un prete e un rabbino prima di girare certe scene. Si ricorda, cioè, che la serie è un’opera di fiction, ma per lui si tratta di un contributo alla Missione: 

Dio ha posto nel mio cuore la convinzione profonda che lavorare seriamente su questo progetto era una della chiamate più importanti che Egli mi abbia mai rivolto. 

Uno degli slogan della serie, #BingeJesus [derivato da “binge-watching”, che significa vedere di seguito gli episodi di una serie, N.d.R.], dice bene il desiderio del produttore, il quale vuole che i suoi spettatori «scoprano la Bibbia», o anche «che tornino ad ardere di fede». Quando parla ad Aleteia, Sonja riconosce che in lei c’è stato un tale rinnovamento. 

Guardando l’episodio 1 ho riscoperto il versetto di Isaia “Non temere, perché io ti ho raccolto” (Is 43,5). Mi ricorda che ognuno di noi è plasmato, modellato dal Signore. E cerco di ricordarmene tutti i giorni. Ci sono tante cose che ciascuno può trarne per la propria vita. 

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Lo stesso dice padre Jim Chern. Una volta tanto, lui che è prete da 22 anni ha deciso per un semestre di aiutarsi con la serie per aiutare i suoi studenti a tornare a immergersi nella Parola di Dio. In una delle serate-cineforum una cosa lo ha molto segnato: 

Alla fine della proiezione uno studente mi ha detto: «Quando Gesù prende Nicodemo fra le braccia mi sono detto che anche io vorrei poter fare l’esperienza vera della Sua presenza». Allora gli ho risposto: «Non hai pensato che in fondo l’Eucaristia è proprio questo? Dio che viene vicinissimo a te?». E ho visto un lampo di sorpresa nei suoi occhi. 

Queste rivelazioni, o comunque questi momenti di svolta nella fede, i creatori della serie li condividono volentieri: bisogna dire che simili commenti abbondano sui social network. E il lancio della serie fatto dalla squadra sul set su YouTube e su Facebook – all’inizio della pandemia – non ha che incrementato il trend di queste condivisioni personalissime. 

Alla conquista del mondo 

Nel 2020 Jonathan Roumie – l’attore che interpreta Gesù nella serie – si è distinto nella categoria “migliore interpretazione maschile” del Grace Award. Nel 2021 è stata la serie a vincere il premio della “produzione più ispirata” ai K-Love Awards. Due riconoscimenti che negli ambienti cristiani statunitensi sono popolari quanto gli Oscar. 

The Chosen
Per uno degli episodi della terza stagione, che sarà distribuita nel 2022, alcuni finanziatori avranno il privilegio di partecipare alle riprese

Al contempo, la stampa mainstream scopre poco a poco l’assembramento attorno al fenomeno. Si pone però la questione dell’avvenire, perché restano ancora cinque stagioni da finanziare e da girare. Il che significa anche mantenere il passo per continuare a mobilitare un pubblico vasto nei prossimi anni. Una vera sfida, stando a sentire gli specialisti del settore: 

L’eroe tipo ha necessariamente dei problemi e delle debolezze, conosce delle evoluzioni in cui si trasforma e si realizza. Alla fine di un film insomma non è più lo stesso che all’inizio. 

Come si fa con la figura di Gesù, Dio fatto uomo? Il prisma scelto dai produttori per raccontare The Chosen, ossia seguire la vita e lo sguardo insolito delle persone che hanno conosciuto Gesù e la cui esistenza è stata trasformata a contatto con lui, porterà la serie fino alla conclusione? 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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