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La scienza non riesce a spiegare i fenomeni sul sangue di San Francesco

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La fiala con il sangue di San Francesco a Castelvecchio Subequeo.

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 08/11/21

La fenomenologia relativa al sangue stigmatizzato di san Francesco, «non è riproducibile, né ripetibile a distanza di tempo secondo le attuali conoscenze del mondo scientifico e lascia pertanto aperto il tema ad altre possibili spiegazioni»

La scienza, ad oggi, non è in grado di fornire spiegazioni convincenti sui fenomeni di liquefazione che accadono sul sangue stigmatizzato di san Francesco d’Assisi. E’ la conclusione a cui è giunto Massimo Santilli, autore del libro “Il sangue di Francesco” (Edizioni Archivio Tradizioni Subequane).

Per dimostrare questa sua tesi, l’autore fa una premessa: «C’è consapevolezza dell’impossibilità di riproduzione e replicazione dell’evento in laboratorio come, all’opposto, il rigore del metodo scientifico impone e come non si è in grado di presentare risolutivamente in più casi sottoposti a indagine».

L’esempio del sangue a Castelvecchio Subequeo

L’esame tecnologico del sangue stigmatizzato di san Francesco, conservato in diversi santuari italiani, «offre valutazioni di natura chimico-fisiche – scrive Santilli -. E riconosce ad alcune sostanze proprietà tissotropiche che però non trovano, a mio avviso, riferimenti e riscontri oggettivi nella casistica dei fenomeni in questione».

L’autore fa l’esempio di Castelvecchio Subequo, in provincia di L’Aquila, «dove la reliquia del sangue delle stigmate di S. Francesco è portata il 17 settembre e il 4 ottobre. E soggetta quindi a cambiamenti del proprio stato di riposo e di equilibrio con vibrazioni continue, senza determinare per questo immediati o conseguenti fenomeni di liquefazione».

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La teca contenente il sangue di san Francesco a Castelvecchio Subequeo.

Le spiegazioni della scienza non sono convincenti 

Alcuni pareri, vogliono che nel sangue stigmatizzato di san Francesco, in qualche caso siano stati conservati all’origine in maniera strumentale dei composti alchemici. O che vi possa essere stata una manomissione delle teche di conservazione con l’aggiunta di miscugli vari, alterando in questo modo la consistenza delle sostanze ematiche. Oppure che vi sia un’involontarietà del “miracolo” dovuto solo a fattori chimici e fisici e dunque legati al mondo degli eventi naturali.

Ma la scienza, sostiene l’autore de “Il sangue di Francesco”, non è al momento capace di fornire sempre spiegazioni in maniera convincente ed esaustiva. Né, di conseguenza, in grado di smentire i fenomeni, che non dipendono, come si è appurato in varie circostanze di ricerca, da brusche sollecitazioni e scuotimenti, da cambiamenti di temperatura, di luce, di umidità o di pressione atmosferica, né dall’ambiente in cui trovasi la reliquia, ecc.

Nè riproducibile, né ripetibile

La fenomenologia relativa al sangue stigmatizzato di san Francesco, «non è riproducibile, né ripetibile a distanza di tempo secondo le attuali conoscenze del mondo scientifico e lascia pertanto aperto il tema ad altre possibili spiegazioni».

«Senza addentrarci in questioni altamente specialistiche, i resti organici potrebbero sottoporsi – afferma Santilli – nei casi in cui si ritenga necessario, a esami tecnici e strumentali mediante, ad esempio, l’uso dello spettroscopio che consente di appurare, o meno, la presenza di emoglobina e quindi di sangue (spettro dell’ossiemoglobina)».

L’esame del Carbonio 14

Per l’autore de “Il sangue di Francesco”, si potrebbe procedere con analisi che prevedono l’utilizzo della tecnica radiometrica del Carbonio 14 (come è avvenuto con la Sindone). Essa contempla un’approssimazione del periodo storico originario della sostanza organica determinato con una percentuale di errore tra il 2 e il 5 %.

O continuare l’approfondimento di ricerca utilizzando altri strumenti e metodologie (microscopio elettronico, cromatografia in strato sottile, ecc.), oppure eseguire l’esame del DNA, anche per eventuali comparazioni.

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