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Spiritualità
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Sapete che i veri monaci praticano la cosiddetta “morte degli angeli”?

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don Marcello Stanzione - pubblicato il 16/11/21

La tradizione benedettina insegna che angeli e monaci si somigliano per la contemplazione che gli uni e gli altri possiedono, anche se a livelli molto diversi. Da qui la cosiddetta "morte"

Evagrio Pontico affermava: “Il monaco arriva ad essere uguale agli angeli in virtù della vera preghiera”. Questo era lo stesso pensiero dell’abate Macario, quando parla di un solitario che scopriva sempre pregando: “Vedo qui un angelo terreno”.

L’abate Besarione

Molti dei celebri padri dell’eremo lasciarono come eredità, a partire da questa vita, una di queste sentenze, che nella loro brevità, solitamente racchiudono abbondanza di altissima sapienza; l’aforisma che pronunciò l’abate Besarione nel suo letto di morte dice così: “Il monaco, alla pari dei cherubini e dei serafini, deve essere tutto occhi

Don Delatte

Questa frase del vecchio solitario d’Egitto concorda con le parole di Don Delatte, uno dei più illustri abati benedettini del ventesimo secolo: “I cherubini osservano, e il loro sguardo è tutto amore. È molto tempo che ho quest’idea e professo grande devozione per i cherubini. Durante tutta la nostra vita non dobbiamo fare altro. Osservare non è altro che temprare l’anima verso ciò che si guarda”. 

Sono trascorsi molti secoli fra i due maestri della vita spirituale, e sarebbe grande la raccolta di consigli, di sentenze, di testi, alle volte molto sviluppati, simili a questi già citati se noi ci applicassimo diligentemente alla loro ricerca. La tradizione monastica abbonda di tali ricchezze. La contemplazione è parte essenziale della vita angelica, che è la vita del monaco. 

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I monaci di Norcia

Pietro da Celle

Il monaco – secondo Pietro da Celle – deve essere libero da tutti gli impegni che non siano quelli di restare alla presenza di Dio, pensare a Lui, contemplarlo, imitando gli spiriti celestiali. Le vergini e i monaci – secondo Santa Ildegarda – meritano di essere annoverati fra i cori angelici perché simili agli spiriti celesti, non desiderano altro che contemplare il volto di Dio. Pascasio Radberto consigliava ai monaci di Santa Maria di Soissons: “A voi che siete concittadini dei santi angeli e familiari di Dio, spetta cercare la contemplazione di Colui di cui siete figli”. 

Guglielmo di Saint Thierry

E Guglielmo di Saint Thierry, nella sua epistola d’oro, esortava i certosini di Mont Dieu: “Non siate negligenti; non vi trascurate. Vi attende un lungo cammino, perché la vostra professione è altissima. Penetra nei cieli. Eguaglia quella degli angeli; E simile alla purezza angelica”. In che cosa consiste esattamente questa professione dei monaci? Dei cristiani che corrono dietro la perfezione angelica? Prosegue la celebre lettera: “Agli altri compete servire Dio, e a voi unirvi a Lui. Agli altri spetta credere in Dio, conoscerlo, amarlo e temerlo, ma a noi godere di Lui, capirlo, possederlo”. 

E’ tale l’insegnamento della tradizione benedettina. Angeli e monaci si somigliano per la contemplazione che gli uni e gli altri possiedono, anche se a livelli molto diversi. Gli angeli sono i modelli dei monaci nella scienza dell’orazione e della contemplazione. La vita contemplativa dell’uomo deve essere il riflesso fedele di quella degli spiriti celesti. E’ da qui che l’uomo deve tener presente a tutte le ore “dove sono [gli angeli], come sono, che fanno, cosa vedono, cosa ascoltano, cosa desiderano, che sperano”, e imitarli in tutto.

SAINT
Guglielmo di Saint-Thierry e Bernardo di Chiaravalle

Monaco cirstercense e mistico del XII secolo, Guglielmo di Saint-Thierry incontrò Bernardo di Chiaravalle per la prima volta verso il 1120. Nacque tra i due uomini una profonda amicizia che sarebbe durata per tutta la vita. Guglielmo avrebbe voluto vivere a Chiaravalle con Bernardo, ma Bernardo ritenne che suo dovere fosse dirigere le anime che la Provvidenza gli aveva affidato. A partire dal 1140, Guglielmo scrisse la prima parte della vita di san Bernardo, completata da Arnaud de Bonneval e da Goffredo di Chiaravalle.

San Bernardo

Questo significa condurre vita angelica sulla terra. San Bernardo chiama “morte di angeli” questa fedele imitazione degli spiriti celesti. “Magari! Che la mia anima morisse come morte di angeli” – esclama il santo – “dimenticarsi del pensiero del presente, di spogliarsi non solo dell’amore, ma anche delle stesse immagini dei beni inferiori e corporali, per non avere più rapporti, se non con quelle la cui purezza desidero imitare! La contemplazione consiste solamente, o almeno principalmente, in questa estasi. Poiché non adoperarsi in questa vita per amore delle cose della vita, è effetto della virtù umana; però non distrarsi nella contemplazione per le immagini dei corpi, è proprio di una purezza angelica”.

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