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La sorprendente devozione mariana di Edith Stein

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KNA-Bild/CIRIC

Edith Stein a Bratislava, 1936.

Agnieszka Bugała Agnieszka Bugała - pubblicato il 18/11/21

Edith Stein amava circondarsi di piccoli oggetti legati al culto mariano: immaginette, libri di preghiere, disegni… la cosa è piuttosto sorprendente, per una grande intellettuale. Per lei, quegli oggetti erano dei segni di amore verso Maria.

Per Edith Stein (1891-1942), filosofa tedesca di origine ebraica, divenuta religiosa carmelitana e morta il 9 agosto 1942 nel campo di sterminio nazista di Auschwitz, non bisogna esitare ad abbandonarsi a Maria nella fede profonda. 

Studentessa di Filosofia, Edith Stein fu la prima donna a presentare una tesi in questa disciplina in Germania. Proseguì poi la sua carriera come collaboratrice del filosofo tedesco Edmund Husserl, il fondatore della fenomenologia. Una lunga evoluzione intellettuale e spirituale la condusse al cattolicesimo, e nel 1921 ricevette il battesimo. 

«Cristo è il punto centrale della mia vita», scrisse al filosofo polacco Roman Ingarden poco dopo la sua conversione. Avviò allora l’arduo compito di imparare a pregare nello spirito dell’Evangelo. Amava la preghiera silenziosa, l’adorazione o ancora la contemplazione. Poco a poco, la giovane convertita cominciò a meditare le opere di santa Teresa d’Avila e di san Giovanni della Croce. 

La giovane filosofa venne allora affascinata dall’attitudine di Maria per come emergeva dalle descrizioni dei due mistici. Ai suoi occhi, Ella assecondava il Signore restando con Lui in un’intimità unica al mondo. È così che spiegava in una conferenza intitolata La donna e il suo destino

Al centro della storia dell’umanità, e in particolare al centro della storia della donna, si trova la donna nella persona della quale la maternità ha trovato la sua trasfigurazione e, al contempo, in quanto maternità corporea, il suo oltrepassamento. Se nella persona di Cristo incontriamo, in forma concreta e vivente, il fine di ogni formazione di uomo, in Maria troviamo il fine di ogni formazione di donna. Per incarnarsi, Dio ha scelto di nascere in seno a una madre umana, che egli ci ha presentato come l’immagine compiuta della madre, tutta quanta al servizio della sua missione; fin dal momento in cui Ella sa di dover generare un figlio, da Dio lo riceve e per Dio veglierà su di lui. La sua vita non è che un’attesa raccolta fino all’ora della nascita, poi un devoto servizio, un ascolto attento di tutte le parole e un’osservazione di tutti i segni che possono lasciar presagire il suo cammino futuro. 

Più tardi, entrando al Carmelo, Edith Stein (che avrebbe assunto il nome religioso di suor Teresa Benedetta della Croce) si sarebbe lasciata guidare dalla Vergine Maria: sarebbe stata questa a introdurla a fondo nel Mistero di Cristo. Alla sua vocazione di carmelitana la Filosofa avrebbe risposto col sentimento di vivere ai piedi della Croce insieme con Maria: 

Nel segreto della silenziosa dimora di Nazaret, la potenza dello Spirito santo adombrò la giovane Vergine che pregava nella solitudine e operò l’Incarnazione del Redentore. Raccolta attorno alla Vergine che silenziosamente prega, la Chiesa nascente attendeva ardentemente la nuova effusione dello Spirito che le era stata promessa per vivificarla, per donarle la chiarezza interiore e per fecondarla esteriormente. […] 

La Vergine, che custodiva nel proprio cuore tutte le parole che Dio le rivolgeva, è il modello di quelle anime che ascoltano attentamente. In loro, la preghiera di Gesù Sommo Sacerdote continua sempre a vivere. E le donne che, a sua immagine, si immergono – dimentiche di sé – nella vita e nelle sofferenze di Cristo, sono predilette dal Signore e scelte per diventare suoi strumenti, e così compiere grandi opere nella Chiesa. 

Un’immaginetta della Vergine 

Edith Stein ama le immaginette della Vergine. Anche quelle kitsch non la irritano, al contrario diventano per lei segni d’amore alla madre di Cristo. Poco tempo dopo i suoi voti, il 15 aprile 1934, quando dunque era già carmelitana, suor Teresa Benedetta della Croce mandò delle foto commemorative ai suoi amici. Su di una sta il blasone del Carmelo. Sull’altra l’immagine della santa Vergine Maria del Monte Carmelo. In una lettera al nipote Werner, figlio della sorella maggiore Elza, la religiosa scriveva: 

Vi mando qualche ricordino per segnare questo giorno, per me tanto importante. Un’immagine della Vergine… 

A dicembre, mentre viveva il suo primo Avvento nel Carmelo, scrisse una lettera a Jacques Maritain, filosofo francese, per fargli gli augurî di Natale. E di nuovo allegò una riproduzione di un quadro dell’Annunciazione spiegando: «Forse una foto con la Madonna le darà un po’ di gioia». 

Questa grande figura della Chiesa, insomma, sapeva esprimersi con la semplicità e l’umiltà dei grandi cuori. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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