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Tiziana Manenti: «Canto San Giuseppe, la tenerezza di un padre nell’ombra»

TIZIANA MANENTI

Tiziana Manenti

Annalisa Teggi - pubblicato il 26/11/21

In anteprima per Aleteia la cantante Tiziana Manenti ci presenta il suo brano Patris Corde: Dio viene a pescarci nel buio grazie al cuore tenero e paziente di Giuseppe.

Quanti cuori ha custodito nell’ombra San Giuseppe? Il mio sicuramente, anche se spesso non ci faccio caso e non penso a lui. Giuseppe è il padre e il santo più trasgressivo per questo nostro tempo piantato sulla sabbia della visibilità. A quale roccia si è aggrappato lui, marito di Maria? Fidarsi di Dio. Ed è ciò che ci sussurra nell’ombra.

Questo flusso libero di pensieri è nato ascoltando in anteprima la nuova canzone di Tiziana Manenti, che s’intitola Patris Corde ed è, appunto, dedicata a San Giuseppe. Ringrazio di quest’opportunità, e la ringrazierete anche voi quando ascolterete il brano: Sarà disponibile dall’8 Dicembresui canali social di Tiziana e su tutte le piattaforme musicali online.

È un sussurro pieno di speranza e pace, ci si sente accompagnati dal passo di un padre calmo e sicuro, che non ha bisogno di urlare e mettersi in mostra. Quanta musica gira sulle radio e non è altro che un grido stridulo? Forse è proprio l’ennesima prova che abbiamo bisogno di una musica che sa di Cielo e di una fortezza pacata.

La musica popolare cristiana è una presenza viva, eppure io non la conosco bene quanto vorrei. E sono stata felice di poter fare una chiacchierata con Tiziana Manenti per poter metter a tema l’esperienza di chi canta perché ha una felicità eterna piantata nel cuore. Non mi aspettavo di incontrare una storia di fede emblematica, in cui tanti di noi si riconosceranno: Dio viene a pescarci nel buio, ragiona controcorrente e ha in serbo una sorpresa di bene proprio nel tempo della crisi. Così – lo leggerete – è stato per Tiziana, il cui talento vocale è stato strepitoso fin da piccola, ma è diventato un frutto pieno di gratitudine e gioia solo quando si è resa conto che era un dono ricevuto gratuitamente.

Cara Tiziana, raccontiamo qualcosa della tua storia ai nostri lettori di Aleteia For Her. Quando hai capito che il canto era il tuo mondo?

Ho iniziato a cantare fin da bambina. Mia mamma mi racconta che a un anno e mezzo cantavo, mentre imparavo a parlare. È una cosa che mi accompagna sin dalla tenerissima età. Direi che è stata come una forza inspiegabile che è uscita. Fin da bambina ho iniziato a fare i vari concorsi, prima quelli di paese, poi provinciali, regionali e nazionali. Ero anche la solista del coro giovanile della mia parrocchia, avevo circa 11 anni. Il mio modo di cantare affonda le radici nel canto in chiesa.

Questa ‘forza’ nella voce l’hai anche educata studiando?

Sì, ho studiato privatamente con il maestro Marcello Merlini e ho proseguito con lui anche nello studio del canto classico al conservatorio, anche se poi mi sono specializzata in canto pop perché questo stile mi sembrava più consono alla mia personalità. Nel tempo la mia voce si è formata confrontandosi con tantissimi stili, dalla musica dance, alla lirica e all’operetta. Ho anche scritto un album per bambini. Educare la propria voce è il lavoro di una vita, io l’ho cominciato fin da piccola.

Ho subito una domanda pungente a proposito di quel che hai appena detto. Di fronte alla tua voce è spontaneo dire: ha proprio un grande talento! Ti chiedo: il talento è quella cosa che si sfrutta e spreme andando a un talent show? O è qualcosa da donare? Che rapporto hai maturato col tuo talento?

È stata una presa di coscienza lenta. Da piccola mi facevano tanti complimenti, ma da bambina non mi rendevo conto del dono che era la mia voce. Crescendo, pian piano, la presa di coscienza è stata quella di rendermi conto che il talento era un dono che avevo ricevuto gratuitamente. E gratuitamente dovevo darlo agli altri. È stato un percorso molto lungo che ha attraversato anche anni di lavoro con le case discografiche nella musica pop. Ero arrivata ad avere dei video che giravano nei canali musicali nazionali, ho cantato una hit dance che è stata un successo internazionale. Ma mi sono resa conto, ahimé, che ero solo un numero e tante cose che vedevo dentro il mondo della musica mi rattristavano profondamente.

La vita mi ha dato un’occasione splendida, io mi sono sentita come scelta. Durante un periodo di crisi personale molto forte, alle soglie di un matrimonio che non è decollato, sono stata chiamata dall’allora vescovo di Bergamo, Roberto Amadei, a cantare per i pellegrinaggi diocesani. E io ho accompagnato questa figura che amava la mia voce nei posti più belli della cristianità: nelle chiese di Terra Santa, poi Lourdes, Pompei, Loreto. Ho fatto un percorso di fede di cui avevo innanzitutto bisogno nella mia vita e contestualmente accadeva che salissi a cantare sugli altari e alla fine la gente veniva a ringraziarmi per aver comunicato loro qualcosa di importante. Lì ho preso coscienza che la mia voce era un dono, era il 2006.

Quindi ho smesso di punto in bianco di seguire il sogno che tutti rincorrono nella musica, che può essere – per fare un esempio – arrivare a esibirsi a Sanremo. Oltretutto, durante quei pellegrinaggi ho cominciato anche a scrivere. Avevo già composto qualche testo, ma ero stata prevalentemente un’ interprete, poi mi sono lasciata ispirare e ho iniziato a scrivere i miei testi.

Da questo percorso di fede, unito alla musica, sono nati 3 album. Ho scoperto che esisteva la musica cristiana e che io non ero una cantante che doveva raggiungere un certo fine, ma ero un mezzo, ero uno strumento piccolissimo, per arrivare a toccare il cuore di chi ne aveva bisogno. E sappiamo che la musica arriva a toccare corde profondissime.

TIZIANA MANENTI

Perdona, io sono un po’ fissata su un certo argomento e mi è venuto un paragone spontaneo mentre parlavi. Se ci pensi, anche Dante ha trovato la sua voce nel buio della selva. Ha trovato i ‘canti’ più belli proprio nel momento più critico della sua vita. Qualcosa s’innesca dentro il buio…

Sì, infatti la prima canzone cristiana che ho scritto è nata al ritorno dal pellegrinaggio dalla Terra Santa. S’intitola Sguardo d’amore e per me è la più significativa – ci sono affezionata perché ha segnato un nuovo inizio – ed è stata scritta in un periodo di deserto. Ero a terra per quel matrimonio che non si era fatto, però tornando dalla Terra Santa mi sono sentita carica di ispirazione, di Verità, di Gesù. Quella è stata l’occasione in cui ho fatto l’incontro personale con Dio che cambia la vita. Ero già credente, entrambi i miei genitori erano catechisti e avevano piantato in me i semi della fede, però l’incontro personale con Gesù occorre farlo in prima persona.

Nello scrivere quella canzone ho avuto la sensazione di avere lo sguardo di Gesù su di me, me lo sentivo accanto. E da lì è cambiato tutto il mio punto di vista nell’incontrare gli altri e anche nell’approcciarmi alla musica. Ho lasciato le case discografiche e ho cominciato tutto da capo da sola, o meglio, aiutata solo dalla Provvidenza. Sono riuscita a realizzare 3 album che sono stati molto apprezzati anche dalla stampa, stiamo parlando degli anni 2008-2009-2010. Il primo album s’intitolava Azzurra ed era dedicato a Maria. Poi ho fatto un album dedicato al Natale, La mia stella, e nel 2010 è uscito Gocce, un album dedicato ai Papi e in particolare a Karol Wojtyla che è stato il Papa della mia giovinezza.

Lasciami essere ironicamente provocatoria. Dunque esiste la christian pop music?

Esiste e io ne ho preso coscienza grazie al mio maestro che si chiamava Roberto Bignoli, mi ha travolto con la sua passione per questo genere musicale che non conoscevo. Ci siamo conosciuti a Termoli in occasione di un concerto che è andato in onda su Rai 2 e dedicato proprio a Karol Wojtyla. Bignoli mi ha attirata ed entusiasmata verso questo genere musicale e mi ha accompagnato in giro per l’Italia a portare sui palchi la christian music. È stato il mio secondo maestro, dopo Marcello Merlini che mi ha formata.

Aiutami a dare forma a un’impressione che non so definire bene. Cosa aggiunge il canto alla fede? So cosa accade quando un canto ci accompagna nella liturgia o in certi momenti di raccoglimento, ma non so esprimere bene l’esperienza che è. Come racconteresti quest’intensità di esperienza?

Il canto unito alla fede è il massimo, perché come diceva Sant’Agostino “chi canta prega due volte”. Quando canto testi di fede è come se il mio cuore, che è già aperto, si aprisse ancora di più. È una pace e una liberazione totale, un momento in cui stai bene dentro e fuori. Il beneficio è sia per il corpo e sia per l’anima.

Quello che hai appena detto mi pare l’assist migliore per arrivare alla domanda sulla tua ultima canzone, Patris Corde che è dedicata a San Giuseppe. Come è nata?

È nata dalla lettera apostolica Patris Corde di Papa Francesco. In occasione del 150° anniversario di San Giuseppe come patrono della Chiesa universale il Santo Padre ha scritto questa lettera che mi ha colpito molto. I vari capitoli raccontano Giuseppe come padre amato, Giuseppe nella tenerezza, Giuseppe nell’accoglienza, Giuseppe del coraggio creativo, Giuseppe lavoratore, Giuseppe nell’ombra. Tutte queste immagini mi hanno ispirato, insieme agli approfondimenti che sono stati fatti in molte riviste cristiane. Giuseppe è una figura fondamentale accanto a Maria, ma sta nell’ombra.

Su questo ho lavorato, pensando anche che Maria era sempre stata “il pezzo forte” della mia produzione. Sono stata molto concentrata sulla Madonna e quindi ho pensato di mettermi a capire meglio chi è San Giuseppe.

SAINT JOSEPH

Come è stato questo incontro con Giuseppe? I versi della tua canzone che mi hanno colpito di più sono quelli in cui scrivi “esempio per un mondo che ricerca in te saggezza”. Che tipo di saggezza possiamo chiedere a un uomo che sta in ombra?

Giuseppe è un uomo di poche parole, rispetto a questo è un esempio di saggezza per un mondo che parla troppo, urla molto, e ha invece bisogno di ascoltare proprio come fece lui stando accanto a Maria e Gesù.

Essendo un progetto e una figura così importante, ho coinvolto anche degli amici nella composizione del testo e della musica. Tra questi c’è Fra Emiliano Antenucci che è rettore del Santuario della Madonna del Silenzio di Avezzano, in provincia di L’Aquila. Essendo amici, abbiamo condiviso i passi su quest’idea di canzone che nasceva, mi ha dato degli spunti su cui lavorare e alla fine il testo lo abbiamo firmato assieme.

Per la musica ho chiesto la collaborazione a un altro amico bergamasco con il quale collaboro da anni nell’ambito della musica cristiana, Valerio Baggio. La canzone uscirà sul mio canale Youtube, sulla mia pagina Facebook, su Spotify e su tutte le piattaforme digitali online. Uscirà l’8 dicembre che è il giorno in cui si chiude l’anno dedicato a San Giuseppe.

Ogni verso di quella canzone è soppesato, può sembrare semplice, ma c’è un grande lavoro dietro. I miei testi sono molto semplici perché possano arrivare a tutti. Parto da qualcosa di complicato e poi faccio la fatica enorme di semplificare, ma in un modo che sia di valore.

Questo è un lavoro fondamentale e ribalta un certo pregiudizio: popolare non è svilire ma rendere accessibile un contenuto di grande portata. Hai ragione, è una grande fatica ed è la fatica dell’umiltà.

Da fuori c’è chi può pensare: è facile scrivere queste cose. Arrivare alla semplicità per toccare un cuore di qualsiasi età richiede un grande lavoro. Bisogna mettersi sulla strada di ritornare piccoli e su questo l’esperienza della maternità mi ha molto ispirato. Sono diventata mamma di 3 figli in meno di 4 anni, è un’esperienza straordinaria e totalizzante. Per dedicarmi a loro la musica e il canto si sono messi in pausa, anche se mi sono dedicata a tempo pieno a cantare ninna nanne e ho composto per ciascuno dei miei figli delle canzoni. Per ora sono nel cassetto, chissà se ne verrà fuori un progetto dedicato alla vita.

Paradossalmente proprio il tempo della pandemia è stato fecondo di una nuova ispirazione. La canzone Patris Corde, dedicata a Giuseppe, farà parte di un progetto che ho in cantiere legato alla Sacra Famiglia e pensato nell’orizzonte dell’anno della famiglia che avrà il suo apice nel 2022.

Ne farà parte un brano dedicato a Maria che ho scritto l’anno scorso, quando ho ripreso a scrivere musica cristiana e s’intitola Madre della Consolazione.

Rispetto a questa canzone dici che la pandemia ha portato una nuova occasione di ispirazione?

Sì, ho scritto un brano dedicato a Maria proprio all’inizio della pandemia, che ha colpito durissimo la mia città di Bergamo. Erano anni che non cantavo più, l’ultima esperienza risaliva al 2013 quando ho interpretato l’inno della GMG di Rio de Janeiro. Per me era stata la ciliegina sulla torta del mio percorso artistico e poi mi ero fermata per fare la mamma.

L’impatto della pandemia è stato così forte che ho sentito il bisogno di scrivere, vedendo tutta la sofferenza che avevo attorno. Tante persone a me care e vicine sono venute a mancare, sentivamo le sirene giorno e notte, era dura. E proprio in quel momento mi è arrivata l’ispirazione per un canto mariano che ha segnato la mia ripresa. Madre della consolazione è il primo brano che sarà parte della trilogia sulla famiglia, il secondo sarà Patris Corde dedicato a San Giuseppe e poi ce ne sarà un terzo dedicato a Gesù che è in cantiere per il prossimo anno.

Ritorna di nuovo il buio come occasione da cuinasce il tuo canto

Sì, è nata proprio nel buio quella canzone. A dire il vero è nata quasi come marcia funebre, pensavo alle persone che morivano senza avere il rito funebre ed è nato questo canto che è sia una ninnananna sia una marcia funebre. Chi meglio di Maria poteva capire questa gente che soffriva? Da lì, Madre della Consolazione. Ed è stata una sorpresa anche per me, questa canzone. Mi sono sentita di nuovo graziata, Dio viene a pescarci dall’ombra e ci chiama a collaborare con il suo progetto di Amore.

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