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E se il Covid stesse rendendo “accidiosa” la nostra società?

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Hans Lucas via AFP

Benoist de Sinety - pubblicato il 30/11/21

Ogni settimana il rev.do de Sinety, parroco a St-Eubert nel centro di Lille, commenta l’attualità della Chiesa e del mondo. Questa settimana si domanda se la pandemia non abbia posto la società in uno stato di accidia generalizzata.

Piove. Nel bel mezzo dell’autunno, la constatazione neppure fa notizia. Piove… e alcuni ci vedranno anche una benedizione del Cielo: non viene forse implorato, il Creatore, perché la terra sia irrigata? 

Quest’uomo però non è d’accordo: ci trova anzi una ragione in più per manifestare la sua impressione che «decisamente non ci sarà risparmiato nulla». Sta seduto di fronte a me, è nella maturità della sua vita. E borbotta: «Non funziona più niente, oggi, il mondo si sgretola sotto i nostri occhi, fa uno strano effetto…». In capo a qualche gemito confessa di non provare più gusto su nulla, che la vita gli sembra tanto assurda. 

Un’accidia generalizzata 

Nessun gusto su nulla? Può effettivamente darsi che l’attuale pandemia stia raggiungendo una nuova tappa, una mutazione sostanziale del virus: quel che era sostanziale diventa una patologia. La perdita del gusto e dell’odorato osservata in numerosi pazienti da due anni a questa parte sarebbe la mera antifona di un’accidia generalizzata? 

In università, negli uffici, nel commercio, dappertutto suona lo stesso disco incantato: non abbiamo più voglia di lavorare come prima. Alcuni lo giustificano con la sensazione di lavorare troppo e di guadagnare meno, altri tessono le lodi di un telelavoro bucolico, mentre alcuni pudicamente confessano essere più gradevole venire pagati per starsene a casa propria invece che sfiancarsi in cose talvolta fisicamente faticose. 

Difficile trovare il senso del lavoro, quando si fatica a rintracciare quello della vita. Difficile vedere il lavoro come altro che un’alienazione da combattere, laddove da quarant’anni ci raccontiamo che l’uomo è fatto per riposarsi e per divertirsi. Abbiamo paura che il disastro maggiore della crisi sanitaria sia la marea dei fallimenti d’impresa e lo sfruttamento della disoccupazione. E se da questo derivasse a mo’ di felice conseguenza un’assunzione di coscienza dell’urgente bisogno che abbiamo di riprendere insieme una vera riflessione su quello che vogliamo vivere, personalmente e come comunità? 

Restituire il gusto per la vita 

L’accidia è una malattia spirituale che generalmente si relega nei chiostri dei monasteri. Questa profonda forma di depressione spirituale, che fa perdere ogni gusto ai religiosi affetti, sembra aver varcato quelle frontiere e contagia ormai secolarizzatissimi uomini e donne. Gli abati e le badesse sanno quali consigli prodigare ai confratelli e alle consorelle vittime di quel virus… e noi, battezzati del nostro tempo, sappiamo fare lo stesso verso quanti attorno a noi si sentono tanto inutili e vuoti? Non si tratta di re-incantare il mondo, ma di restituirgli il gusto. Il gusto della vita, della Speranza e dell’Amore. E chi meglio dei battezzati può fare, visto che Cristo li ha mandati espressamente come «il sale della terra» per restituire agli affamati il gusto per il vero sapore della vita? 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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