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Proteggiamo i bambini, senza sosta: sono certo che anche Arisa (e non solo lei), potrebbe aiutarci.

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Don Fortunato Di Noto - pubblicato il 02/12/21

Le star hanno una responsabilità verso le nuove generazioni che le guardano con ammirazione

Ci saremmo aspettati – pur nel rispetto della storia adolescenziale di Arisa e il racconto delle giuste preoccupazioni dei genitori – una parola ai bambini e preadolescenti: state vigili, gioiosi e protagonisti positivi di vita evitando comportamenti che potrebbero mettere a rischio la vostra vita (non si fuma a 9 anni, non ci si fa fare i succhiotti a 11 anni); ce la aspettavamo e non certo perché siamo dei bacchettoni e moralisti, ma per il fatto che ci interessiamo del benessere e della tutela dei bambini e degli adolescenti.

Frasi e testimonianza come farsi fare i succhiotti e fumare sigarette a 9 e 11 anni non è proprio convenevole.

Non è stata una bella ‘testimonianza’ quella di Arisa; non c’è stato rotocalco mediatico che non abbia amplificato tale intervista. poco interessa sulle scelte personali che da adulti si possono fare, importante è che oggi più di ieri i messaggi che veicoliamo non siano ostentazione normalizzante di comportamenti che dobbiamo ribadire non sono ‘innocenti’, ma pericolosi per la sicurezza psicofisica dei bambini.

In questo contesto rientrano i bollini rossi, verdi e giallo per la protezione dei minori di programmi nocivi alla loro età.

Ecco quanto detto e ripreso a più non posso da quotidiani e tv italiani:

“Arisa: A 11 anni mi feci fare il mio primo succhiotto, mio padre lo vide e rimase scioccato. “Il mio corpo è cresciuto di colpo. Lo sviluppo a nove anni: le forme, il seno, l’altezza. I miei genitori non mi facevano uscire di casa. Erano terrorizzati, mi vedevano come qualcosa di incontrollabile. Anche perché io ero esuberante, molto aperta. Avevano paura che qualcuno potesse farmi del male, che si potesse approfittare di questa mia predisposizione al “vale tutto”, che tra l’altro ancora ho. Mi hanno protetta molto, ma il loro amore mi toglieva le cose che, a quell’età, era normale facessi. Ancora adesso per certi aspetti sono infantile, non sono una navigata“. Eppure non sono mancate esperienze ‘fuori dal controllo’ dei genitori, come il “primo succhiotto” (Rosalba, questo il suo nome di battesimo, aveva 11 anni): “Mio padre mi ha visto il collo, uno shock: ‘Rosalba, cos’hai fatto?’”. La prima sigaretta? Arrivata a 9 anni. Mamma e papà infuriati: “Si litigava tutti i giorni a casa mia”.

(Vanity Fair)

C’era tanta ragione di litigare. Non erano su una strada sbagliata, i genitori che erano preoccupati. La prima sigaretta a 9 anni? Il succhiotto a 11 anni? Dite voi se non c’è da preoccuparsi.

Una precisazione.

Nella terminologia popolare un succhiotto è un livido lasciato sulla pelle baciando e succhiando la pelle stessa con una forza sufficiente a rompere i capillari. Possono apparire violacei come gli altri ematomi o come una serie di puntini rossi; normalmente durano dai quattro ai dodici giorni e vanno trattati come un normale ematoma.

Wikipedia

Spesso non si comprende che il succhiotto è anche un segno di sugellazione (un sigillo che richiama alla proprietà, al possesso):  piccole ecchimosi dovute ad un traumatismo, causati da baci o dal succhiare la pelle.

A 9 e 11 anni, si può e si deve giocare, ma dobbiamo aiutarli a percepire ciò che può essere traumatico e che ha conseguenze per lo sviluppo psico-fisico. Evitare i trauma anche attraverso il gioco o le sfide del non rispettare le ragole che possono salvare la vita.

Gloria abusata a 11 anni. Il suo racconto durante la Giornata sulla violenza alle donne

A 11 anni, si può essere ‘ribelli’, rischiare di farsi del male o subire del male . Oggi più di ieri le influencer e non solo loro, attraverso i media e i social, hanno una enorme responsabilità morale e non solo nei confronti dei più piccoli. Non vi pare?

A 11 anni si può subire anche violenza. Per questa ragione riporto e rendo pubblica la testimonianza, che è stata data in un Liceo siciliano, da parte di Gloria 8oggi 18 anni) che nel 2015 subì una violenza sessuale di gruppo e che solo a 13 anni, dopo indicibili sofferenze, ha parlato, denunciato. Non vuole essere più in silenzio e parla, testimonia, grida per aiutare le altre bambine di difendersi da queste aggressioni e violenze.

Ecco quanto mi ha scritto e che ho ricevuto l’autorizzazione a pubblicare. Una delle tante vittime di abuso sessuale che il Centro ascolto Meter, con tanta umiltà e competenza umana e professionale segue. Una speranza che ci da forza nel continuare.

«Ciao a tutti, sono Gloria, nel 2015, all’etá di 11 anni sono stata vittima di una violenza sessuale di gruppo ed ho avuto il coraggio di denunciare, e parlare, soltanto all’etá di 13 anni. Per la ragazzina che ero allora, appena adolescente, è stata una bella sfida» .

Era il 16 Novembre del 2016, io e mia madre eravamo in macchina, difronte la questura, ricordo ancora  quando mi disse: “Gloria, sei sicura di voler denunciare? Perché non potrai più tornare indietro » .

Ed ha avuto ragione, le cose sono inevitabilmente cambiate da quel momento in poi.
All’epoca, non ho deciso di denunciare solo per ottenere giustizia, ma affinché quegli stessi uomini che mi avevano stuprato, non rimanessero a piede libero, con la crudele e reale possibilità di poter stuprare altre donne e bambine.

Ho denunciato per me stessa e per tutte le altre donne, affinché non ci fosse un’altra Gloria che soffrisse a causa di un abuso. In un piccolino paesino Siciliano, in cui vive ancora la mentalitá dell’omertá, dello stare zitti, del non esporsi perché la colpa é della donna, o della bambina, che ha provocato l’uomo, per me non é stato facile.

Non è stato facile per me e non sarà facile per nessuno, se non agiamo adesso e se non parliamo adesso.

È difficile denunciare, è difficile parlare perché la paura è tanta, é difficile lottare per i propri diritti, per il rispetto del proprio corpo, perché le cause giuste non sono mai quelle facili. É normale avere paura, ed é giusto parlare solo quando si é pronti e con i propri tempi, da bambina stuprata, posso confermare che é tutto fuorché semplice, ma se ho il minimo potere di aiutare anche solo una persona in questo istituto, non chiedo di parlare, ma di urlare all’infinito il diritto che gli spetta

La paura è forte, ma il nostro coraggio lo é ancora di più.

Non si può porre fine a questo dolore, ma gli si può dare un senso se si pensa che la lotta per la propria giustizia, é la lotta per la giustizia di tutte le donne.
Lottiamo oggi insieme, vittime di violenza e non, finché un domani sempre meno donne possano soffrirne.

Siamo la generazione di un domani e non ci rendiamo conto di quanto potere abbiamo, possiamo davvero cambiare le cose, perché le rivoluzioni non si fanno in silenzio, ma insieme e con le voci all’unisono.

La battaglia contro la pedofilia deve essere rovente, infuocata, potente e pregna di un arguto coraggio ed è per questo che, la presenza dell’associazione Meter, é stata tanto importante quanto necessaria.

Un ringraziamento speciale per aver dato una possibilità di riscatto a me ed a tutte le altre vittime, per averci ascoltato e compreso, per aver avuto quella giusta dose di empatia ad oggi estranea a molti».

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