Il nostro presepe vivo - La grotta
perché non c’era posto per loro nell’albergo (Luca 2,7)
Tra le nostre macerie
A un soffio dal Natale fissiamo le case distrutte di Ravanusa, 8 le vittime accertate. Sembra un attacco mirato per sgretolare il fondamento di questa festa. Sotto le macerie di Ravanusa c’è un bambino che doveva nascere, sua madre e suo padre. Una sacra famiglia uccisa.
O tutto crolla o Qualcuno tiene tutto. Che Dio sia nato in una grotta resta un paradosso. Ma è l’unica cornice che abbraccia anche questa tragica vicenda senza toglierne un frammento di dolore. Non c’era posto per loro nell’albergo. Non siamo al riparo, al sicuro – non ha voluto esserlo neppure Gesù Bambino.
Il cielo sottoterra
Chesterton scrisse ne L’uomo eterno che il Natale è la festa del cielo che finisce sottoterra, proprio perché la grotta (o capanna) è un luogo al di ‘sotto’ della visibilità, nei margini ma anche nascosto.
Venne ad abitare in mezzo a noi, sì, ma un po’più in basso. La grotta o capanna del presepe è segno di un Dio che si fa vulnerabile e vive nelle nostre parti precarie, nei luoghi che vanno in pezzi – nei nostri cuori che vanno in pezzi. La sua culla sono le nostre parti meno solide, dove le fondamenta cedono. Dio nasce accanto a noi quando siamo lontani da ogni albergo, da ogni rifugio, da ogni specie di protezione. Solo Lui, nascendo in un riparo improvvisato, poteva metterci in salvo.
Lontano dall’ipotesi che fu piantata a Betlemme, anche i fatti di Ravanusa sono preda facile della disperazione e delle recriminazioni.
Ravanusa, terzo giorno di scavi e pianti
E’ trascorsa anche la terza notte di lavoro per i Vigili del Fuoco in servizio ininterrotto tra le macerie di Ravanusa, nell’Agrigentino. Quattro palazzine crollate e tre sventrate. Otto vittime. Due donne tratte in salvo. E si cercano ancora due dispersi, Calogero e Giuseppe Carmina, padre e figlio.
Si comincia a indagare sulle cause che hanno generato l’esplosione dello scorso sabato sera.