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Pellegrinaggio in Terra Santa: Israele discrimina i cristiani?

NAZARETH

Masterjohn1881 | CC BY-SA 3.0

Nazaret

Lucandrea Massaro - pubblicato il 16/12/21

A causa della variante Omicron del Covid, l'ingresso in Israele è molto difficile. I pellegrini cristiani, in vista del Natale hanno chiesto permessi speciali senza successo. A differenza di quelli di religione ebraica.

Dopo la scoperta della variante omicron, il governo israeliano ha ripristinato il divieto per i cittadini stranieri di entrare in Israele, ma delegazioni di gruppi ebraici americani sono state esentate dal divieto e sono state ammesse in Israele. Ad altri gruppi invece, compresi quelli dei cristiani che desiderano visitare la Terra Santa in vista del Natale, è stata negata la loro richiesta di entrare (Haaretz).

Ebrei sì, cristiani no

In particolare i funzionari israeliani hanno deciso di fare una eccezione per “Birthright“, un programma popolare che offre viaggi gratuiti in Israele a giovani ebrei di tutto il mondo. I gruppi dagli Stati Uniti dovrebbero arrivare la prossima settimana, con i partecipanti tutti completamente vaccinati e che rimarranno monitorati strettamente.

Wadie Abunassar, portavoce e consigliere delle chiese in Terra Santa, ha affermato che varie confessioni sono state sconvolte dal trattamento selettivo e ha accusato Israele di discriminare i pellegrini cristiani.

“Nessuna discriminazione razziale può essere accettata!” ha scritto su il portavoce dell’Assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa sul suo profilo di Facebook. “Faccio appello alle autorità israeliane di trattare tutti coloro che vogliono visitare il paese allo stesso modo senza alcuna distinzione tra una religione e l’altra”.

Screenshot Wadie Abunassar

Contattato da Aleteia, Wadie Abunassar, conferma l’incredulità della scelta di Israele e si chiede se una democrazia possa comportarsi in questo modo: “Ai funzionari israeliani ho chiesto che cosa avrebbero detto o fatto se un paese europeo avesse concesso visti per i turisti su basi religiose. Il coronavirus colpisce tutti, non solo i cristiani, non sono giuste questo tipo di scelte discriminatorie”

Il Corriere della Sera riporta che una fonte anonima ha spiegato all’agenzia Associated Press che la Chiesa cattolica sarebbe furiosa con il governo israeliano e che si è già appellata al ministero del Turismo.

La decisione resta per ora sotto il controllo degli Interni, guidati da Shaked che è un’alleata del premier Naftali Bennett. Dal ministero ammettono che alcune eccezioni sono state permesse, dicono che potrebbero essercene altre in futuro, senza specificare. Il bando agli stranieri è stato intanto esteso fino al 29 dicembre e Natale sarà già passato.

Corsera

La risposta di Israele

Dal canto suo il ministero degli esteri israeliano ha da pochi minuti commentato e smentito la ricostruzione secondo cui Israele avrebbe operato su base discriminatoria. Un portavoce del ministero ha infatti dichiarato:

Lo Stato di Israele respinge e condanna le accuse di ogni discriminazione religiosa in merito alla concessione dei permessi di ingresso in Israele […] Ci aspettiamo che i leader religiosi non si impegnino e non promuovano discorsi infondati di odio e incitamento che servono solo ad aggiungere benzina sul fuoco dell’antisemitismo e possono portare alla violenza e causare danni a persone innocenti.

Per Israele la scelta di operare una limitazione dei visti di viaggio è dovuta al dilagare della variante Omicron del virus Covid-19

Alla luce di questa situazione, il governo israeliano ha istituito un comitato per le eccezioni che si occupa di centinaia di richieste ogni giorno. Il Comitato esamina ogni richiesta senza pregiudizi o discriminazioni verso alcuna razza o religione. Nei giorni scorsi il Comitato Eccezioni ha rilasciato numerosi permessi, sia a ebrei che a cristiani. Alcune delle richieste approvate erano quelle che provenivano dalle autorità ecclesiastiche israeliane, compresi i permessi per l’ingresso dei sacerdoti nel Paese per le imminenti festività cristiane.

Nel comunicato Israele ribadisce la sua volontà di rispettare e favorire il pluralismo religioso e invita la chiesa a rivolgersi ai funzionari del governo circa queste questioni e che il Natale sarà al centro delle attività promosse dal Governo.

Rapporti amichevoli ma non facili tra Santa Sede e Israele

Nonostante rapporti diplomatici tra la Santa Sede e lo Stato di Israele siano ininterrotti da oltre 27 anni, non mancano le criticità, come ad esempio lo status dei luoghi religiosi o delle proprietà della Chiesa nel paese, così come il finanziamento delle scuole cattoliche. Questo nuovo “travel ban” su basi religiose sicuramente non sarà motivo di rottura, ma avrà certamente strascichi comporterà sofferenza per i molti pellegrini che pure avrebbero potuto portare sollievo economico – col turismo – nelle aree di Betlemme e Nazareth.

D’altro canto come riporta RomaSette, la condizione dei cristiani in Terra Santa non è affatto facile:

Aggressioni «fisiche e verbali», attacchi alle chiese, con «luoghi santi regolarmente vandalizzati e profanati e continue intimidazioni nei confronti dei cristiani locali che cercano semplicemente di esercitare la propria fede liberamente e di svolgere la loro vita quotidiana». I patriarchi e i capi delle Chiese di Gerusalemme in una dichiarazione diffusa ieri, 15 dicembre, denunciano «l’attuale minaccia alla presenza cristiana in Terra Santa», parlando di «tattiche utilizzate da gruppi radicali nel tentativo sistematico di cacciare la comunità cristiana da Gerusalemme e da altre parti della Terra Santa».

Sebbene, prosegue la nota, si riconosca «l’impegno assunto dal governo israeliano per rendere la Terra Santa una casa sicura e protetta per i cristiani locali e per preservare la comunità cristiana come parte integrante del mosaico della comunità locale». Tuttavia il divieto di ingresso per il secondo anno consecutivo avranno degli effetti

“Le nuove restrizioni”, spiega Patton, “bloccano la possibilità per i fedeli di trascorrere il Natale in Terra Santa, però gli israeliani continuano a viaggiare all’estero e a rientrare nel Paese. Non c’è reciprocità. Si tratta anche di un problema a livello locale, visto che i cristiani di Betlemme che vivono dell’industria del pellegrinaggio sono penalizzati e subiscono un ingente danno economico”.

(Unione Sarda)
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